sabato 30 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Nuova sorte... non più morte.



Accorsi con la Maddalena,
che si dava pena. 
Anch'io, 
col dolor mio, 
lacrimavo a dirotto
quando pianto fu rotto
dallo stupore:
vidi il Risorto Signore. 
Ancora rimbomba
mio grido alla tomba, 
non più di morte
nuova infatti è la sorte:
la vita detiene
l'amor che sostiene. 
Risorto è nell'orto
il seme già morto, 
e ora è vivente
e di luce possente.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: La Resurrezione di Salvador Dalì

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Notte di Pasqua (anno B): Marco 16, 1-7

 

1 Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù. 2 La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. 3 E dicevano tra di loro: «Chi ci rotolerà la pietra dall'apertura del sepolcro?» 4 Ma, alzati gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata; ed era pure molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giovane seduto a destra, vestito di una veste bianca, e furono spaventate. 6 Ma egli disse loro: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui; ecco il luogo dove l'avevano messo. 7 Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto».

Aspettarono la fine del riposo sabbatico, prima di accorrere alla tomba di Gesù, dove tutto, ai loro occhi, si era inesorabilmente concluso. Un fallimento nella loro testa e Gesù che, morendo, le aveva ingannato. Il Messia infatti non doveva morire. Restava in loro tuttavia l'affetto, pur non condividendo di Gesù la morte in croce. Vi avevano assistito infatti da lontano. Ora, per pietà, si recavano a imbalsamare il loro fallimento. Le due donne furono identificate dall'evangelista in Maria di Magdala e nell'altra Maria, la madre di Giacomo e Solome, persone conosciute dai destinatari del Vangelo. Nel primo tempo consentito dalla legge della rituale purità, il giorno dopo il sabbatico riposo, vennero al sepolcro. Inconsapevoli che quella era l'aurora del nuovo giorno della rinnovata Creazione, che, al pari della prima, iniziava con la luce, ma questa, perché di Pasqua, non avrebbe conosciuto tramonto. Esse negavano tuttavia che ci fosse un rimedio alla morte, e la pietra tombale, inesorabile, ne era il segno inamovibile. Ma alzato il loro sguardo ebbero paura che la morte avesse altra sorte. La grossa pietra era infatti definitivamente rotolata, la morte aveva cambiato senso, ma ciò fece paura. Il giovane, seduto alla destra e in bianche vesti, era lo stesso che nudo era sfuggito ai nemici lasciando nelle loro mani il lenzuolo vuoto. Ora seduto alla destra e bianco vestito, manifestava la sua divinità. Illustrò il "nuovo" della morte, che apriva alla nuova Creazione. Le donne, che non avevano avuto paura quando assistettero da lontano alla Crocifissione, dinanzi al Risorto mostrarono paura. Resistevano al nuovo corso. Il Risorto volle tuttavia fidarsi, facendole messaggere per avvisare i discepoli e Pietro perché si recassero nella multietnica Galilea, dove erano risuonate le Beatitudini. Lontani dalla Giudea intransigente con i peccatori. Il messaggio era ormai pronto a valicare i confini della Nazione. E le donne?  Restarano ammutolite... per paura!

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: La Resurrezione di Beato Angelico 

Fra' Domenico Spatola: Madre dolorosa

Con te presso la Croce,
sentii sua voce
che t'affidava il figlio
chiedendoti, a consiglio, 
di essere sua Madre, 
stesso con te avea fatto il Padre:
e divenisti madre di noi.
Ora, che puoi, 
trasforma i figli bellicosi
in fratelli amorosi.
Allontana dalla Terra
questa guerra, 
che tarpa a noi le ali
con pericoli mortali.
Guarda perciò al Pianeta,
che non s'allieta
di questi tempi scuri:
l'amore tuo ci renda più sicuri. 

di Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 30 marzo 2024, Sabato Santo

 


L'allodola non tubava e l'usignolo non cantava. La tomba sigillata nel silenzio della natura. Il guerriero riposava. Lo credevo ch'era per poco. Ma quel sonno prodigioso fu in onirica discesa. Non da eroe, ma da fratello fino agli inferi, Regno dei morti, a risvegliare Adamo e la madre Eva, e i Patriarchi e i tanti, antichi o più recenti che aspettavano quella venuta, da prigionieri del sonno. Adamo vide in Gesù il modello, su cui era stato plasmato. Ma non riuscì ad eguagliarlo, per il peccato. Ora però che i ceppi della morte erano infranti, poté seguire la luce che gli si parava avanti. "Tu mio esemplare, e io tua copia", disse, "ripristina mie fattezze, perché t'assomigli!". 
"Son qua per te e la tua discendenza, senza di voi non potevo stare senza. Ho dato l'antidoto al veleno, con il Sangue sgorgato dal mio seno. 
Ormai l'umanità, che fu da te, se lo vorrà in me troverà modello, e da fratello che vi salva. Ho vinto della morte ostacoli tanti e perciò risorgeremo tutti quanti". 
Il "Grazie" fu corale, ma Adamo, non più rivale, di tutti respirò vitale soffio e non più loffio fu il suo ardire. Parve udire Cristo che diceva ai suoi che il tempo  dell'attesa era già fioco: la risurrezione infatti era tra poco. 

Di Domenico Spatola

venerdì 29 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Udii la tua voce...

Indegno, 
mi sentii sotto il legno
di tua Croce. 
Al dolore tuo atroce
contribuì mio peccato. 
Ora, in cuore mio arato, 
di speme
mettesti tuo seme: 
non di morte
ma d'altra sorte
dettata da Croce
ad alta voce:
mi vidi sanato
dal mio peccato!

Di Domenico Spatola
Nella foto: Crocifissione di Salvador Dalì

Fra' Domenico Spatola: 29 marzo 2024, Venerdì Santo

Giuda uscì nella notte, per consegnare Gesù ai capi. Non persero tempo a inviare una guarnigione per arrestarlo. Giuda in testa, a portare la fiaccola e pronto al segnale. Non si doveva equivocare nel buio, e il bacio fu diretto. 
Gesù si fece avanti. 
Era la notte degli infingardi e dei paurosi. Gesù fu solo a fronteggiare gli sgherri, venuti per non fallire. 
"Chi cercate?". Terribile verbo. Lo cercavano per ucciderlo, e i mandanti, Anna e il genero Caifa, cufarono la sua morte. Approvò il sinedrio, insignificante e pilotato. Poteva sfogare la sua stupidità, applaudendo chi disse: "Muoia uno e si salvi la Nazione!". Divenne ragione, la loro convenienza. Pilato, governatore, inetto e coniglio, fu vinto dalla canea della plebaglia aizzata lì a gridare, supinamente: "crocifiggilo!". 
E seppellì la giustizia. 
La folla ottenne quanto pretese. Barabba, il suo mito liberato. E Gesù flagellato col sussiego al "re da burla", inscenato dai militari. L'Uomo già pronto allo scopo finì sulla croce. Gridò la sua sete, ch'era di noi e solo d'amore. 
Raccolsero il grido la madre, crocifissa nel cuore, e il discepolo amato. Presso la croce. Era l'eredità, sua per noi lo Spirito consegnato. Dono alla Chiesa, che nasceva dal "sangue e dall'acqua", simboli del mistero, sgorgato dal suo seno, ormai squarciato per sempre. E mio rifugio. 
Giuseppe d'Arimatea offrì il sepolcro. Nuovo. Servirà solo per poco: il Guaritore ferito vi entrava a risanarsi... per ricominciare. 

Fra' Domenico Spatola

giovedì 28 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: 28 marzo 2024, Giovedì santo



Fu sorpresa per tutti, e scandalo per Pietro. Non era dignitoso per un maestro lavare i piedi ai discepoli. Protestò perché indisponibile a imitare il gesto. Non comprendeva, né capirà fino al triplice rinnegamento del suo Signore. Per Gesù non c'era alternativa: "Come ho fatto io, Signore e Maestro, dovete anche voi lavare i piedi gli uni agli altri!". 
Era la sua ultima lezione: riassuntiva e a testamento, per essere suoi discepoli. La sua "Kenosis", quale svuotamento della natura divina per condivisione con gli uomini, aveva raggiunto il punto più basso. Da Figlio, si era inabissato fino alla condizione dello schiavo. Scelta, la sua, "dell'amore più grande di Colui che dà la vita per gli amici". La Chiesa lo fa oggi "memoriale" per il suo essere e  proesistere nel mondo. Da tale servizio d'amore infatti scaturiscono i "misteri" della salvezza e, in ogni Eucaristia,  riassapora la dote del Sangue, dono suo nuziale dalla Croce, dello Sposo alla Sposa.

Di Domenico Spatola

lunedì 25 marzo 2024

Sostieni la Missione San Francesco: dona il tuo 5 x 1000

Sull'esempio di Gesù che indossa il grembiule per mettersi al servizio del prossimo, il Centro San Francesco, la mensa dei poveri creata da Fra' Domenico Spatola, grazie ai volontari si mette al servizio dei bisognosi, offrendo loro ogni giorno un pasto completo.
Sostieni anche tu il Centro San Francesco dando il tuo 5x1000: firma, e inserisci nell'apposito spazio il codice fiscale: 97319880825. A te non costa nulla: dai una mano e un grande aiuto per portare avanti la Missione fondata sull'amore e sul servizio al prossimo.
Grazie.

venerdì 22 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Un asinello



Un asinello, 
mite e non bello, 
doveva portare
Gesù, che a salvare
era venuto. 
Ora un tributo
gli rendeva la folla, 
che, come colla, 
a lui legata:
si sapeva amata. 
Del Messia, 
fu Zaccaria, 
che non parlò del cavallo, 
destriero da sballo, 
ma dell'asinello
mite e non bello.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica delle Palme (anno B): Marco 11, 1-10

 
1 Quando si avvicinarono a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2 e disse loro: «Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo. 3 E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo?, rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito». 4 Andarono e trovarono un asinello legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero. 5 E alcuni dei presenti però dissero loro: «Che cosa fate, sciogliendo questo asinello?». 6 Ed essi risposero come aveva detto loro il Signore. E li lasciarono fare. 7 Essi condussero l'asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. 8 E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde, che avevano tagliate dai campi. 9 Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano:
Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
10 Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!

Betfage e Betania, considerati unico villaggio satellitare di Gerusalemme, perché la tradizione irremovibile li accomunava. Gesù provò l'incursione per cambiarla. Chiese la collaborazione a due discepoli. Voleva mostrare a tutti la vera natura del suo messianismo, cavalcando l'asinello. L'episodio era stato anticipato profeticamente, quattro secoli prima, da Zaccaria. Fu tuttavia sgradita ai contemporanei, quella profezia per la ferialità del modello prospettato: "Il Messia cavalcherà un asino". Il simbolo era modesto per chi nutriva ambizioni di grandezza! Così dai coevi di Zaccaria, la figura venne rimossa e la profezia "legata". Ma con Gesù era l'ora di "scioglierla". I discepoli inviati a prelevare il puledro, avrebbero dovuto rispondere: "Serve al Signore!". Convinsero e Gesù cavalcò il puledro. Le reazioni? Coerenti al proprio "credo". Chi aderiva al progetto di Gesù, aveva posto sulla cavalcatura il proprio mantello, come a consegnare l'esistenza. Chi sognava il Messia trionfatore, gli professava sottomissione, col mantello in terra, perché Gesù lo calpestasse. Con prepotenza si posero alla guida del corteo coloro che volevano imporre l'itinerario, mentre, da dietro, altri controllavano il percorso. Gesù fu prigioniero della loro paranoia di potere e al grido di osanna al Regno di Davide.
Era l'ambiguità del brano!

Fra' Domenico Spatola

sabato 16 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Tutti attirerò a me

Quell'ora della storia 
fu di gloria
quando, a festa, 
fu richiesta
dai Greci quella
vista, 
che il Signor chiamò "conquista".
Era seme caduto in terra, 
e da serra
aperto a vita, 
più ambita 
perché non sola, 
frutto della Parola. 
L'egoismo nella vita,
è rovinosa fatica, 
mentre colui che generosa 
la dona è già fruttuosa.
Chi il Figlio segue, 
nel Padre vivrà tregue. 
Quell'ora allor disturba? 
È col Padre e non si turba.
Il Padre gli dá gloria, 
per tutta la sua storia, 
e di paterna Voce il suono, 
per la folla fu un tuono. 
Per altri, l'angelo avea parlato.
Ma per Gesù il mondo è giudicato. 
Poi parlò di sé:  
"Dalla croce, tutti attirerò a me!"

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica di Quaresima (anno B): Giovanni 12, 20-33

 
20 Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22 Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23 Gesù rispose: «È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. 24 In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25 Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. 26 Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. 27 Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! 28 Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!».
29 La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30 Rispose Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31 Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32 Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». 33 Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.


Era Pasqua, accorsero a Gerusalemme anche gli Ellenisti. Greci della Diaspora. Si dirottarono però per altra meta. Non il tempio, ma Gesù. Volevano "vederlo". Il verbo equivaleva a "credere". Cercarono la mediazione di Filippo e di Andrea, che riferirono. Gesù parlò della svolta attesa. Il suo messaggio aveva superato i confini di Israele. I pagani chiedevano di  entrare nel suo Regno. In definitiva: "È giunta l'ora della gloria" disse. A Cana, durante le nozze, quella "ora" era stata promessa, finalmente si realizzava, e sulla  Croce avrebbe manifestato il massimo splendore. Commentò la sua morte, con un simbolo di vita: il "chicco di grano" che, caduto in terra, muore per fare esplodere l'energia che possiede. Era la parabola in favore di chi si spende per gli altri. La sua vita raggiungerà la pienezza. Chi, al contrario, predilige i propri interessi e  convenienza, disinteressandosi degli altri, si autodestina al fallimento. A quanti si proponevano per servirlo, chiese di seguirlo, cioè di imitarlo nell'amore per l''umanità. Non sfuggiva tuttavia anche egli all'angoscia della solitudine. Chiese conforto. Il Padre, gli rispose, che avrebbe fino in fondo "glorificato il suo Nome". Chi udì diede le differenti interpretazioni. Secondo le proprie convinzioni.  Alcuni infatti parlarono di "tuono", con linguaggio che evocava Mosè nel suo relazionarsi con Dio. Chi disse: "un angelo gli ha parlato", alludeva alla vecchia Alleanza che tratteneva Dio lontano dagli uomini, e per comunicare necessitava di intermediari. Nessuno però interpretò la filiazione unica di Gesù con il Padre. Tale consapevolezza la matureranno, quando egli "innalzato da terra, avrebbe attirato tutti a sé".

Fra' Domenico Spatola

sabato 9 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Fare la verità

A Nicodemo di notte, 
venuto a raccontar sue lotte, 
Gesù disse del serpente 
da Mosè innalzato per la gente, 
che, da serpi morsicata, 
venía sanata. 
Stesso appiglio
trova nel Figlio 
chi gli crede 
e a lui dà fede. 
Avrà eterna
la vita paterna
che Dio ha dato
al Mondo, da lui amato, 
mandando  l'Unigenito
col dolce fremito
di sua passione, 
perché non a perdizione
sia la  vita confinata, 
ma quella eterna destinata. 
Dal Figlio il mondo, non sarà condannato, 
ma salvato.
E il giudizio
starà nel vizio 
di chi dell'oscurità 
farà sua proprietà. 
Perché a chi fa il male,
non congeniale 
è la luce, 
che produce
opere tenebrose, 
mentre luminose 
son di chi fa il vero, 
per il cuore suo  sincero.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Quaresima (anno B): Giovanni 3,14-21

14
 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. 

Nicodemo, visitatore notturno, resisteva alla "rinascita" propostagli da Gesù. Si dichiarava soddisfatto del grembo di Israele, e perciò indisponibile ad abbandonarlo. Per Gesù era la condizione senza alternativa per l'ingresso nel suo Regno. Accattivante, si premurò di descriverlo nelle dinamiche. Rilesse per lui l'episodio di quando Mosè aveva innalzato il serpente di bronzo nel deserto per liberare da morte certa chiunque, morsicato dalle aspidi, lo avesse guardato in qualunque luogo dell'accampamento si fosse trovato. Gesù, da Crocifisso innalzato da terra, avrebbe dato la vita eterna a chi, con fede, l'avesse guardato. Si spinse a dichiarare l'inaudito:
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". Descrisse le ragioni dell'invio: "Non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui". La fede in lui avrebbe perciò dato la vita eterna, che la morte non può scalfire. Quale tuttavia il giudizio? La scelta della luce. "C'è tuttavia, aggiungeva con rammarico, chi preferisce le tenebre, per operare il male e odiare la verità". Questa traduce l'impegno per il bene degli altri, manifestando l'opera di Dio.

Fra' Domenico Spatola 

lunedì 4 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Lucio Dalla, 4 marzo 1943.

Compirebbe 81 anni, Lucio Dalla. Ogni anno mi ritorna, a termentone, quel ritornello del suo primo ricordo. Narrata come favola la sua nascita. Col racconto che ti prende da fanciullo e te lo porti latente, ma lo senti vigile in cuore. Era la sua storia, ma poteva essere di tanti o di tutti. Cantata da menestrello birichino, o da visionario.
Tale respiro da sognatore regalava in libertà di canto da ininterrotta rapsodia che confermava passione: il mare. "Com'è profondo il mare!". Ne alludeva spazi infiniti di libertà all'anima sognante. Della sua Genova, il mare portava dentro. Pressoché in ogni canzone, costringendo a inseguire i suoi sogni, come pesci volteggianti gioiosi in acque limpide o tormentati nella sua fantasia. 
Mai tuttavia dettò paranoia, ma solo lucidità a volte troppo arguta da essere incompresa. Musica e canto, sua passione con versificazione in fraseggi duttili in metriche note o avveneristiche e moderne da laboratorio incessante come la vita. 
Preziosi gorgheggi e cinguettanti suoni che ad arte sortiscono balbettanti come incipienti linguaggi inediti fino a lui. Il clarinetto fu suo piffero magico da eterna favola, tra le le dita danzanti dello gnomo buono. Lo ripenso, in data resa memorabile, con nostalgia di sua canzona ancor non intonata, per questa età, nostra, di paura e di egoismo. 
Ci manca infatti la sua arguzia, che aveva anticipato guardinga attenzione, in tempi non sospetti: "Attenti al lupo!", fu la ultima profezia, per noi! 

di Domenico Spatola

sabato 2 marzo 2024

Fra' Domenico Spatola: Leggevi il cuore...

Gesù entrasti in scena, 
quando oscena
vedesti la parata 
di mercanzia esposta e ammonticchiata
e di animali d'ogni sorta, 
come offerta da moneta estorta. 
Dei cambiavalute rovesciasti i banchi, 
perché da quel denaro ognun s'affranchi. 
Era profano ed empio
quel mercato nel tuo tempio.
Li cacciasti con la frusta, 
dichiarando ingiusta
quella devozione
che avea il denaro per padrone. 
I giudei pretesero tue credenziali, 
volendo sapere quanto vali. 
Ma tua risposta stornò
lor quesito, 
e di essa ognun restò basito. 
Il tempio in tre giorni risorto
era il tuo corpo, martoriato e morto. 
Ma quando i fatti furono attuati, 
lasciarono i discepoli ammirati. 
Ricordarono infatti quel tuo detto, 
e per loro, quella volta, fu verdetto. 
Molti altri segni, da te compiuti, 
portarono alla fede gli irrisoluti.
Ma tu leggevi di ciascuno il cuore
e, non in tutti, albergava amore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Quaresima (anno B): Giovanni 2, 13-25

 
Gesù nel tempio
13 La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. 15 Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, 16 e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato». 17 E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto:
«Lo zelo per la tua casa mi consuma».
18 I Giudei allora presero a dirgli: «Quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?» 19 Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» 20 Allora i Giudei dissero: «Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?» 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta.
23 Mentre egli era in Gerusalemme, alla festa di Pasqua, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni miracolosi che egli faceva. 24 Ma Gesù non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e perché non aveva bisogno della testimonianza di nessuno sull'uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell'uomo.

Era nota "la sferza con cordicelle intrecciate". Ne avevano parlato i Profeti di Israele e il Talmud, come arma che avrebbe usato il venturo Messia, "restauratore" del tempio, del culto e della Legge. Gesù con turgore entrò nel tempio, ormai "mercato", dove si vendeva il perdono di Dio. La cacciata dei mercanti fu dunque, per lui, atto dovuto per iniziare. A interpretare il gesto, si improvvisarono i discepoli che vi lessero erroneamente "lo zelo della casa di Dio". L'equivoco li accomunava ai farisei che, per bocca di Nicodemo loro capo, interpreteranno il gesto "da Dio", per la "riforma" immaginata e attesa. Ma Gesù non era venuto per purificare o riformare, ma da "innovatore" per distruggere quanto ostacolava l'incontro degli uomini col Padre suo. Il tempio, allo scopo, era diventato emblematico, perché non fruibile da tutti, non era funzionale per tutti. Escludeva infatti dalla comunione con Dio, come faceva anche la Legge, peccatori e pagani. La sferza, nel loro immaginario, doveva perciò servire al Messia per distruggere i nemici di Israele e del suo tempio che lo rappresentava.  Altra era la proposta di Gesù, per incontrare Dio: la mediazione della sua Umanità. Ai capi religiosi, che chiedevano credenziali di legittimità per quanto aveva compiuto, Gesù rispondeva che "nuovo tempio era il suo corpo. Essi lo avrebbero distrutto e in tre giorni sarebbe stato riedificato". Anche i discepoli tuttavia dovranno attendere la risurrezione di Gesù per comprendere la "novità" di Dio, che in lui cercava "nuovi adoratori in spirito e verità".

Fra' Domenico Spatola