venerdì 30 aprile 2021

Dona il tuo 5xmille per sostenere il cammino della Missione San Francesco

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La Missione San Francesco è sempre aperta agli indigenti, anche le domeniche e i festivi, per garantire sempre un pasto o un abito pulito o un paio di scarpe, poichè la fame e le necessità non conoscono feste o fine settimana: sostieni con la tua firma chi volontariamente dedica al prossimo le sue energie. 
Un fraterno grazie, 


Fra' Domenico Spatola: "Io sono la vite"

Disse Gesù 
a tu per tu:
"Io sono la vite
e dinamite
ho in mie vene,
per cui conviene
a ognun mio umore.
Fa bene al cuore
e ogni tralcio 
io d'impaccio
solleverò.
A ciò il Padre mi abilitò,
da Agricoltore,
perché non sol fiore
ognuno porti
ma frutto da orti.
In me rimane 
chi stesso pane
con me mangia
e non sarà frangia, 
ma a oltranza 
vera sostanza.
Questo è comando:
"Solo amando,
si manifesta
la vita più desta".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della Quinta Domenica di Pasqua: Giovanni 15, 1-12

La vite e i tralci
1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. 2 Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. 3 Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata. 4 Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli.
9 Come il Padre mi ha amato, così anch'io ho amato voi; dimorate nel mio amore. 10 Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. 11 Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa.

12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. 13 Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici. 14 Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. 15 Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. 16 Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia. 17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

La "vite" e la "vigna" erano tra i simboli rappresentativi d'Israele e della sua Storia. Il profeta Isaia, a lamento, ne aveva cantato il poema. Gesù, denunciandone "la non fedeltà", presentava se stesso "vera" vite,  descrivendone le dinamiche della crescita. Al Padre riserva il ruolo di "agricoltore", a lui perciò spetta curare la pianta e "purificare" i tralci. Nessun altro è legittimato a sostituirlo, perché si corre il rischio di rovinare tutto. Compito della vite è quello esclusivo di portare molto frutto. "Tralci" sono i discepoli, e su loro la sentenza è severa, se non portano frutto. Tagliati, verranno bruciati, perché senz'altra alternativa d'impiego se non quello di fare uva. La Parola di Gesù è in grado di "purificare" dalle imperfezioni che possono ostacolare la produzione, e perciò Gesù invita i suoi a  "rimanere" in lui. Il tralcio infatti fa frutto se organico alla vite. Medesime condizioni delle membra del corpo umano dove scorrono stesso sangue e stessa linfa vitale. Il testo offre l'idea della "consanguineità" tra i discepoli e Gesù, infatti, mediante il dono dello Spirito Santo, condividono la vita divina. Ciò rende possibile la identificazione in lui, così che qualunque cosa si voglia chiedere al Padre viene accordata come al Figlio. L'Eucaristia è l'ambito dove Cristo e i suoi condividono stessa vita, che è quella del Padre.

Fra' Domenico Spatola 

Dipinto di Luca Signorelli


sabato 24 aprile 2021

Fra' Domenico Spatola: "Io do la vita"

Disse Gesù: "Io sono
il Pastore buono".
Spiegò cosa ei fà.
La vita dà
alle pecorelle
e sue azioni quelle
non dell'avversario,
che da mercenario 
si comporta.
A lui non importa
del gregge 
e non regge
quando il lupo
viene cupo,
ed egli impaurito fugge
e quello lo distrugge.
Le pecore conosco
anche nel fitto bosco
ed esse seguono me
che sono il loro re.
Il Padre mi conosce
e non mosce
mie attenzioni a riguardo.
Altro traguardo
ho per il novel recinto
ove in procinto
ho altre ad essere guidate
e aggregate
saranno nell'ovile
ove, in nuovo stile,
la voce a tutte l'ore
sarà del Pastore,
che dà vita per la creatura
che sol amor rende sicura

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra'Domenico Spatola al vangelo della IV domenica di Pasqua: Giovanni 10, 11-18

11 Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. 12 Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), 13 perché è mercenario e non si cura delle pecore. 14 Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, 15 come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. 18 Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest'ordine ho ricevuto dal Padre mio».

Pagina intensa e drammatica. È l'autodifesa di Gesù contro i veri colpevoli, cioè i capi che lo perseguitano. Sono i falsi pastori, che non alimentano le pecore, ma si nutrono delle stesse. Ezechiele, profeta del VI secolo, aveva maledetto i capi di Israele, accusati di essere ladri e mercenari, costringendo Dio a strappare dalla loro bocca le pecore che avevano addentato per divorarle. Stessa passione in Gesù per il gregge che il Padre gli ha affidato, e che egli difende dai falsi profeti, fino a dare la vita, "per questo - afferma con vanto - il Padre mi ama". "Io sono il Pastore bello!" L'aggettivo "Kalòs" significa "unico" più che "buono". È la qualità che lo legittima  "vero" pastore. E ne declina le prerogative: egli dà la vita per le proprie pecore e le conosce perché le ama. In stessa modalità dell'amore del Padre per lui. Nel confronto acceso, accusa gli avversari di essere "mercenari", e di agire per la convenienza, abbandonando il gregge alla vista del lupo, per mettersi in salvo.  Denuncia i capi, che lo osteggiano perché non lo conoscono e non lo accettano come rifiutano il Padre, giustificando così il loro egoismo perché incapaci di amare come lui. Anche altro gregge Gesù rivendica. È oltre i confini di Israele. Quelle pecore ascolteranno la sua voce e formeranno l'unico gregge, quello del vero pastore. La dichiara "conquista", quando dalla Croce darà la vita, dimostrando di possederla in pienezza.

Fra' Domenico Spatola

sabato 17 aprile 2021

Fra' Domenico Spatola: Testimoni senza timore

Da Emmaus tornati,
i discepoli ascoltati
su ciò che capitò
e come si svelò    
Gesù "pane a spezzare", 
in stile suo abituale.
Nella discussione,
fresco di Risurrezione 
Gesù si fè presente
e prontamente 
comunicò la pace.
Non parve audace 
la sua truppa 
che di paura inzuppa
suoi ricordi
di fantasmi ancor balordi.
Faticò il Maestro a liberarli
da dubbi come tarli,
e offrì a loro vista,
nuova pista
nei piedi e mani,
e a non star lontani
l'invitava e a toccarlo
ma non dicea d'amarlo.
Con sommo lor stupore,
chiese a candore,
qualcosa da mangiare.
L'offerta dal mare    
di ciò che fu pescato,                                
ad esser consumato.
Mangiò davanti a tutti: 
"I doverosi lutti
- disse - su di me
scritti da Profeti, Salmi e da Mosè,
contemplarono anche il terzo giorno,
nel qual d'intorno 
tolto avrei la morte
offrendo nuova sorte
nel perdono
per tutti reso dono.
Ora però dico a voi:
testimoniate da eroi
senza timore
che risorto è il Signore!"

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Caravaggio (Milano)

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della terza domenica di Pasqua: Luca 24, 35-48

35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44 Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46 «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.


Reduci da Emmaus, i due discepoli raccontarono l'accaduto. Legittimo immaginare che abbiano chiesto conferme gli "Undici apostoli" che erano a Gerusalemme. 
Frastornati dagli avvenimenti degli ultimi giorni, lo erano ancora di più dalle notizie sorprendenti, delle "apparizioni" di quel giorno a coloro che si dichiaravano "testimoni". Questi non erano stati tuttavia capaci di fugare l'ossessione del "fantasma", quale fu interpretato quella sera, Gesù quando si presentò e stette in mezzo a loro. Erano terrorizzati, e Gesù, non senza fatica, provò a rasserenarli invitandoli ad avvicinarsi per toccarlo nelle mani e nei piedi. Solo così avrebbero potuto sperimentare in lui ciò che un fantasma non può offrire: la resistenza corporea ora gloriosa. L'apostolo Paolo ne parlerà come di inedito per le leggi della fisica. Gesù improvvisò la catechesi spiegando le Scritture a cominciare da Mosè e, attraverso i profeti e i Salmi, descrisse il "progetto divino", che sarebbe sfociato nella "risurrezione al terzo giorno", come conseguenza della offerta del suo amore alla umanità. Concludeva con l'invito ai seguaci di testimoniare a tutti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme, la "città santa e assassina".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Caravaggio (Londra)

venerdì 9 aprile 2021

Fra' Domenico Spatola: "Signore mio e mio Dio!"

Chiuse eran le porte 
per la sorte
toccata al lor Maestro,
ma a togliere il capestro
di timore,
col suo amore,
Gesù si fa presente
e prontamente 
dona la sua pace
Parve loro audace
l'invito ad andare,
in vece sua, ad amare.
Stesso, del Padre e di Colui
ch'è lo Spirito per lui,
soffiò il perdono
nel nome di "Io sono".
Solo Tommaso
era l'evaso
e, a chi gli disse il fatto,
rispose ch'era da matto
credere al fantasma.
Suscitò il marasma.
Al giorno otto, Gesù si fa presente
e stavolta Tommaso non è assente.
Dopo il saluto suo, usuale
che per ognuno era il più normale,
volle Tommaso da se non lontano
così poteva mettere il dito
della mano
nella piaga del suo cuore,
e ciò senza timore.
"Signore mio,
e Dio mio!"
Disse convinto.
E a lui, che non intinto
ebbe il dito
perché già convertito,
disse: "Beato chi ha creduto
senza aver prima veduto!"

Fra' Domenico Spatola
Dipinto Caravaggio

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Pasqua, detta "in albis (anno B): Giovanni 20, 19-31

19
 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

La "prima settimana" tra le due apparizioni del Risorto, quella della sera di Pasqua e l'altra all'ottavo giorno, fu assunta dai primi Cristiani a misura del tempo liturgico. Ogni domenica la Comunità celebra, alla "mensa" della Parola e dell'Eucaristia, la comunione e il perdono dei peccati. L'evangelista inizia narrando "la sera del primo giorno", quando era tutto ancora incerto per i discepoli, asserragliati nella paura. I testimoni del mattino non li avevano persuasi. E la sera, alla vista del Risorto venuto a comunicare "la sua" pace, rimasero impauriti. A motivare la sua offerta, Gesù mostrò i segni dell'amore nelle mani e nel costato. Quindi, soffiando, comunicò loro lo Spirito Santo. Era la "Pentecoste", da Giovanni anticipata anche dalla croce. Coinvolgeva la Comunità perché elargisce lo stesso perdono del Padre.
Mancava Tommaso. Impavido, aveva sempre mostrato quel coraggio che gli meritò l'appellativo di "Gemello" (di Gesù), quando aveva proposto ai compagni di "andare a morire con lui". 
Provava tuttavia difficoltà a credere nella "vita, oltre la morte". Concedeva al massimo una parvenza larvale da "fantasma", perciò, per credere pretendeva prove dirette e tangibili, constatando i segni dei chiodi nelle mani e il costato ferito.
Dopo otto giorni, Gesù tornò e propose a Tommaso la verifica da lui richiesta. Non la fece, ma il "Didimo" si espresse con la formula, ritenuta esemplare perché compendio dell'intero Vangelo: "Mio Signore e mio Dio!" Aveva creduto, riconoscendo che "Dio è Gesù". A monito per noi, il Risorto gli disse: "Hai creduto perché hai veduto. Beati coloro che crederanno senza vedere!".

domenica 4 aprile 2021

Fra' Domenico Spatola: Resurrexit

È risorto
in stesso orto
dove il chicco fu gettato
e in terra macerato.
Ora è spiga ubertosa
e di luce fa radiosa
la speranza di chi crede.
Maddalena dà sua fede
a colui che da maestro
con suo estro
vuol esser lo Sposo 
di lei, ché burrascoso
fu il vissuto.
Risoluto
quel mattino
il suo cammino
per l'Amato,
ora non più carcerato
nella morte
e stessa sorte
assicura a pegno
ai discepoli del Regno.

Fra' Domenico Spatola

sabato 3 aprile 2021

Fra' Domenico Spatola: Rimasero mute

Finito il dì di festa,
quel che di Gesù resta
le donne affrante
andarono, non in tante,
perché eran solo in tre
a imbalsamare il Re.
Comprarono gli unguenti
e, nel buio, ancor dolenti
si chiedevan come fare
per il masso da levare
da dimora sepolcrale.
Parve loro spettacolare
quella strana apertura
della tombale imboccatura.
Vi entrarono curiose
ma, da subito timorose,
videro biancovestito 
il giovane ardito,
alla destra ormai seduto
e di gloria compiaciuto.
"Voi cercate il Nazareno
- le invitò perciò al sereno -
il Crocifisso è Risorto
e non più è seme nell'orto!
Dite a Pietro e ai seguaci
d'essere forti e audaci
e di andare in Galilea
più lontano dalla Giudea, 
e là essi mi vedranno
e con me essi saranno!"
Andaron via impaurite
per le doglie non finite
e rimasero ancor mute
e di silenzio risolute.

Fra' Domenico Spatola 
Dipinto di Peter Von Cornelius

Commento di fra'Domenico Spatola al vangelo della Veglia di Pasqua (anno B): Marco 16, 1-7

1 Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù. 2 La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. 3 E dicevano tra di loro: «Chi ci rotolerà la pietra dall'apertura del sepolcro?» 4 Ma, alzati gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata; ed era pure molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giovane seduto a destra, vestito di una veste bianca, e furono spaventate. 6 Ma egli disse loro: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui; ecco il luogo dove l'avevano messo. 7 Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto».

Le donne al sepolcro. 

Per la fretta di seppellire, non avevano potuto ungere il cadavere di Gesù. Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e Salome, con tanto magone in petto per il fallimento del loro Maestro, comprarono unguenti per profumarlo. Un dubbio le frenava: "Come spostare la pietra tombale?" Erano andate senza coinvolgere i discepoli, nascosti chissà dove, per paura e delusione. Qualcuno di loro confesserà più tardi allo stesso interessato (Gesù), in cammino verso Emmaus: "Noi speravamo che fosse lui!"
Le discepole andarono all'alba del nuovo giorno quando era ancora buio, a indice della loro fede ancora nebulosa, e si interrogavano: "Come rimuovere l'enorme pietra?" Fu, per loro, sorpresa il sepolcro aperto e la pietra rotolata lontano, e definitivamente inservibile. A loro gli interrogativi si infittirono, varcando l'imboccatura del sepolcro, videro un "giovane", vestito di bianco a simbolo di luce, seduto alla destra (di Dio), e perciò già "glorioso". La loro paura registrata dall'evangelista indicava la visione teofanica, cui erano ammesse.  Gesù raccomandò: "Del Padre non si dovrà più avere paura!" A correggere la ricerca del "Nazareno crocifisso", disse che "è Risorto  e non è qui!". Lasciò indizi per Pietro e i fratelli dove incontrarlo: nella Galilea. Era luogo simbolo delle "Beatitudini". Indizio anche  per noi. Ogni evangelista infatti se non potè raccontare il "come" Gesù sia risorto, seppe indicare "dove" poterlo incontrare.

Fra' Domenico Spatola 
Dipinto di Nicola da Siena 

venerdì 2 aprile 2021

Fra' Domenico Spatola: Suo cuore, dono d'amore

Del calvario
l'anniversario 
il venerdì santo
dice quanto
mi ha amato
il Padre che mandato
ha il Figlio suo diletto,
da dolor reso perfetto
sulla croce,
onde a voce
perdono implora
ognora 
e, a me errante,
da pellegrino amante
offre a pudore
suo cuore
a convivenza
ché di me non sa star senza.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: 2 aprile 2021, Venerdì santo

È il giorno che con sua luce riduce a tenebre altre luminarie. Dalla  croce il Signore, elevato, attira a sé. "Presenza" è la sua gloria resa accessibile, senza ostacoli, ad ognuno. La Croce è trono dove assiso è Colui che sa comprendere la nostra sofferenza, avendola condivisa. Scopo suo ultimo è comunicare lo Spirito  "spirandolo", con lo stesso "soffio" del Creatore, ora, da Redentore, dalla Croce a rianimare Umanità prossima a vittoria sulla morte. Se il nostro sepolcro suggellava fallimenti, a sorpresa, il "nuovo" ispirerà speranza. Le "mirofore" porterenno inutili unguenti perché Cristo non avrà bisogno, e la vita esploderà potente. Quel venerdì fu anche viziato da tenebre in nomi inquietanti: Giuda, Pietro, Anna, Caifa, Pilato... Co-protagonisti nel dramma. Ma a ciascuno Gesù aveva fatto l'offerta di amicizia e lealtà: "chi è dalla verità accoglie la mia voce". La "tunica senza cuciture" è, a testamento inequivoco, la stessa sua Chiesa "indivisibile". Il suo lascito. Ebbe sete della nostra sete di lui, mentre fedeltà additava nel reciproco affido della Madre, "iuxta Crucem", e del "discepolo che amava". Il "tutto è compiuto" ("Tetelestai") assimila le identità: Figlio col Padre, per l'incondizionato amore per noi.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Mater dolorosa

Mater dolorosa, 
anima pietosa,
del tuo cuore i battiti 
sono d'amore palpiti,
per il Figlio in croce,
in dolore atroce
che cuor te affligge 
e in noi sconfigge
a compassione,
perversione
di triste sorte
che diede morte 
al tuo Figlio,
che ad appiglio
cerca ristoro
nel suo tesoro
ch'è tuo petto 
onde affetto 
a lui donavi
quando allattavi.
Or in dolore 
suo è l'amore
che ci alimenta,
e da tormenta 
di peccato 
ci ha liberato.
A traguardo,
suo sguardo 
ei posa su te
chiedendo a me
l'amore 
a felicitarmi il cuore.

Fra' Domenico Spatola