martedì 31 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Trump e i suoi decreti

Troppa fretta mette per attuare quanto promesso in campagna elettorale.
La politica è altra cosa di quel che con fervore giacobino o da esibizionista spudorato tenta di attuare, mostrando muscoli di intemperanza. L'America di Lincoln, degli Eisenhower, dei Kennedy, dei Clinton e degli stessi Bush pensava in grande. Forte eccedenza a farsi alfiere di democrazia da esportare in tutta la Terra, per cui un Chevara, un Fidel Castro con l'annosa crisi di Cuba, il Vietnam e tutti i punti e momenti difficili, come la "guerra fredda" ci vedevano orientativamente schierati con la potenza mondiale che per due volte, nel secolo XX, ha assicurato la libertà all'Europa e la democrazia ai vecchi Stati che uscivano da tremende dittature; basti pensare a quelle nazifasciste e bolsceviche.
Mai tuttavia si sarebbe sospettato che il testimone passasse in maniera violenta - e non solo ideologica - da Obama, premio Nobel per la pace da subito in fiducia a primo mandato, a Trump che pare voglia attirarsi a dispetto le ire di un miliardo e oltre di mussulmani, ingiustamente considerati in toto criminali.
Anch'essi sono le prime vittime dei fanatici, che non hanno un colore, ma sono menti aberranti e incontrollabili che possono stare ovunque, come il folle che a Québec, in Canada, trucidò in pieno delirio dei mussulmani oranti.
Qualcuno deve consigliare il neopresidente e ricondurlo a più miti consigli. La diplomazia richiede moderazione e necessario discernimento, prima che possano risuonare altri tamburi di guerra, e imitando le intemperanze di un presidente che avrebbe bisogno di moderare toni e parole, senza invocare a tutti i costi la guerra totale.
Ormai non siamo in un mondo dove i nazionalismi aiutano la crescita. Una visione globale delle cose aiuterà a non cadere in un nuovo precipizio come quello nazista, ma questa volta potrebbe non avere probabilità di ritorno. Riflettano i Trump della storia che la guerra a tutti i costi non è il futuro dei popoli, ma la nostalgia di un passato che è stato distruzione e morte.
Ormai il mondo sappia che non si può essere felici da soli.
 
Fra' Domenico Spatola

sabato 28 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Compleanno di madre

Oggi, o madre, ricorrono gli anni
di tua nascita a fatica terrena.
Son tanti,
maggiori però sono quanti quelli
di tua assenza. Ricordo presenza
tua ultima in letto
d'estremo dolore:
ti scusasti a pudore
per impellenza
di tua partenza,
lontano da prole
che lasciavi a malincuore.
Avresti voluto ancor con noi
vivere
tuo paradiso,
lo leggevo in tuo viso
ormai nel rigore
che morte sorella
ti affilava più bella
in candore.
Fu l'ultimo bacio
alla vita
che ora sostieni infinita
per noi che a volte guardando le
stelle
le scopriamo più belle
da quando da lassù
ci sorridi anche tu.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Dipinto di Mary Cassat (1900)

venerdì 27 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola riceve una menzione Alto merito per la edizione 2017 al premio internazionale letterario Mario Biondo.


Fra' Domenico Spatola, il "poeta cappuccino" autore della raccolta di poesie "In libertà d'amore..." e del libro di fiabe "Una notte speciale: 13 favole e non solo per raccontare il Natale di Gesù" edite I Buoni Cugini editori, avendo partecipato, ad opera della casa editrice I Buoni Cugini al:
riceve, per la poesia partecipante, la seguente comunicazione:
"Gentile autore, Le comunichiamo che la sua opera poetica iscritta al Premio Mario Biondo, ha ricevuto una menzione Alto merito di questa edizione. Il Premio consiste in una coppa e attestato . I Premi devono essere ritirati personalmente oppure su delegato e non saranno spediti a domicilio.
Le menzioni assegnate sono tre (Alto Merito Culturale; Alto Merito Letterario e Alto Merito Artistico) e gli autori premiati sapranno durante la cerimonia quale loro assegnata
La Premiazione avverrà il giorno 4 Marzo 2017 (sabato  quattro marzo) Alle ore 16.30, presso l’hotel Terminus di Napoli (Piazza Garibaldi Stazione Centrale)
Complimenti al nostro autore!
 
 
 

Fra' Domenico Spatola: Dal monte tuo, o Signore...

Accolsi anche io, stupito,
il tuo messaggio,
mentre, a coraggio,
dal monte annunciavi
che "beati" erano i poveri che tali
si rendevano, per annullare con i
mali
l'altrui miseria.
Lessi però in alcuni cattiveria
per quell'annuncio sconvolgente,
che freddava, irriverente,
sogno d'arricchirsi ancor di più
a spese pure d'ogni pezzente.
Su altri volti però ci fu felice
ardore:
eran già poveri o uomini di cuore.
Compresero l'annuncio che fa
bene
solo a chiunque dell'amore forza
tiene.
Era il messaggio che facea
fratelli,
dando a tutti un Padre,
e soprattutto a quelli
che mai l'aveano avuto
o che altri deciso avean
che non gli era dovuto,
e piangevano sulla loro povertà
che li escludeva da quella
società,
che ricca e opulenta,
era sol contenta,
del proprio "io",
che faceva sol denaro "unico
dio".
"No" tu gridavi, o mio Signore,
"beato è il cuore
sol quando dona amore!"
Compresi allora tua lezione
e ancor intendo
quanto difficile
sia sua attuazione
in una umanità che non
comprendo.

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Carl Heinrich Bloch.

Fra' Domenico Spatola: Commento al Vangelo della quarta domenica del tempo ordinario: Matteo 5, 1-12

1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.


Commento al Vangelo.

Con le "Beatitudini", Matteo espone il programma di Gesù. Alternativo ai Comandamenti di Mosè. Gli immediati destinatari erano ebrei ormai evangelizzati, ma con nel cuore ancora tanto legame con la prima appartenenza. Ciò spiega dell'evangelista il costante confronto tra Gesù e Mosè e le Alleanze da essi rappresentate. Sintomatico di quella più "antica", era l'uso frequente del verbo "obbedire". La relazione con Dio era infatti immaginata come tra padrone e servi. Per la "nuova" Gesù adotta il verbo "somigliare". Dio non va immaginato padrone da temere e da obbedire, ma padre da imitare nel suo amore per l'Umanità.
Il programma di Gesù è offerto in otto proposte. La scelta del numero richiama il giorno della risurrezione, il primo dopo il sabato indicato "settimo". Intenzionale anche la quantità delle parole impiegate: settantadue, quanti, nel primo libro della Bibbia, i contati popoli della terra.
Il messaggio delle "Beatitudini" per l'evangelista è per tutti e non esclusivo di Israele.
Il monte scelto è accessibile ai discepoli, come a tutti quelli che stanno ad ascoltare il Maestro.
"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli". Come a dire: "Per essere beati come Dio, è sufficiente accogliere il suo amore, che non va meritato né mercanteggiato, ma accolto e donato agli afflitti, o a quelli che piangono per le ingiustizie o hanno perduto ogni eredità. "Beati" costoro, perché hanno trovato i misericordiosi, i puri di cuore, i costruttori di pace che, come fa Dio, si prenderanno cura di loro.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Il discorso della montagna di Beato Angelico.

Fra' Domenico Spatola: Quel 27 gennaio 1945...

Grande fu trambusto ad
Auschwitz.
Camionette tedesche che
scappavan via,
e spari...
sempre più rari,
mentre neve copiosa intorno,
rendeva spettrale
il silenzio
in pieno giorno,
qualche fuoco acceso
all'ultim'ora:
il "fuggifuggi" era generale.
In molti si chiedevano
dove fosse il caporale,
quello arrogante e dispettoso,
che, con la conta al mattino,
dava, spocchioso,
il via alla giornata
di tutta quella gente ormai malata
di terrore,
che sa che morte
è la sola sorte
degli sventurati.
Mentre tutti scappati
i pavidi aguzzini,
né si udivano i loro schiamazzi,
quel mattino,
né comandi di esecuzioni
o di punizioni
né sibili di voce
gli stessi che risuonarono sotto
ogni croce:
tutti fuggiti per avere salva la vita,
la stessa che altrui avean finita.
Con suono nuovo di motori,
arrivarono gli ignari liberatori:
erano dell'Armata rossa,
che restò scossa
alla vista di cadaveri ambulanti
che dai sepolcri uscivano in tanti.
Chiesero a ciascuno identità
"Solo un numero" risposero
"senz'altra dignità,
rubati di tutto, perfino
dell'umanità".
Rimane sanguinante
la ferita
di colpa avita
e lacrimante
buon senso implora accortezze
perché mai più si avverino
nefandezze,
alle quali sono avvezzi
quanti non vogliono ricordare
ciò che qualcuno ha detto:
"La Storia è maestra d'umanità
con un sol difetto,
che discepoli non ha".

Fra' Domenico Spatola

martedì 24 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Giulio Regeni

Utopia di tua giovane età
ti portò a radici lontane
dove l'Egitto affonda sua storia
che non fu
né è solo gloria:
interessi più strani
infatti resero vani
i tuoi sforzi umani
per rendere matura,
quella cultura.
Morte tua fu atroce,
stessa di Cristo in croce.
Negarono in tanti,
sottomessi al regime,
vomitarono offese
come concime
raccontarono balle
che eran di Stato
riempirono l'intera valle
dell'omicidio negato.
Or a ricordo di tua mattanza
solo tua verità
risplende a speranza
dell'ideale
che ti mosse là
dove sognavi
modello di libertà.

Fra' Domenico Spatola

sabato 21 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola:SOS di speranza


La squadra Rosanero
più a lutto che a festa
vive poco fiero
il timore se non resta in serie A
per il suo presidente,
che, alcuni anni fa,
l'aveva sollevata
da gran difficoltà,
con suo grande fiuto:
egli rese muto
qualunque avversario
che dava del cornuto
all'impresario
che avrebbe messo a
disposizione
suoi soldi e convinzione
che un Palermo così
non poteva restare in serie B.
I tifosi innamorati
del nuovo imprenditore,
lo acclamarono ammirati
come loro salvatore:
eran felici tifosi e bagarini
perché finalmente era cambiata
aria
con la venuta di mister Zamparini:
non c'era strada,
né contrada,
a Palermo,
che non fosse fermo
il solo canto,
di tutti vanto:
dei Siciliani e dei Palermitani,
e degli stessi Tunisini
che qui son tanti
e dei Marocchini
perché tutti conoscevano
mister Zamparini.
Poi ci fu il crollo,
la squadra finì a mollo
e fa tanta acqua,
perché manca la difesa
e l'offesa nemica
si fa insidiosa
e sempre più odiosa
cresce la fama della tircheria
del presidente
cui non interessa niente
dei Palermitani
ardenti per la squadra del cuore,
che già sentono di compiangere
con dolore,
senza attaccanti
e con snervanti motivi
per i non riusciti tentativi
di ripresa.
Ogni domenica è stata
un'illusione
si parla infine che sarà vittoria,
ma constatiamo con ragione,
che non è nostra la vittoria,
perché non è cambiata storia,
e volendo farla corta
i punti non li pigliamo
escono fuori dalla porta.
Corale è il dolore,
mister Zamparini,
se ancora può faccia qualcosa
per evitare a noi tristi destini.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola domani a Tgs studio stadio
Canale 15 del digitale terrestre.

A Tgs Studio Stadio si spera di concretizzare il miracolo calcistico rosanero contro l’Inter sfumato all’andata a San Siro. A invocarlo nel talk show condotto da Salvatore Fazio ci sarà una squadra di super tifosi tra cui il frate cappuccino Padre Spatola.
La trasmissione seguirà la partita Palermo-Inter domenica a partire dalle 14:45 sul canale 15 del digitale terrestre. Per smorzare la tensione e assicurare un pomeriggio effervescente la squadra di Tgs si affiderà alle simpatiche canzoni comiche del duo “I Petrolini”. Mentre il commento tecnico sarà affidato alla campionessa della Nazionale di calcio femminile Pamela Conti.

venerdì 20 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Il lago di Galilea

Alle acque di quel lago,
quel mattino,
accorsi anch'io,
o Signore,
e in esse mi specchiai
a stupore:
qual mago
mi svelò trasparenze sagomate
di segreti,
liquidi e cheti
del tuo trascorso
in cerca di compagni,
quando rincorresti
di Pietro ardore
a uccidere pesci
e trasformarlo
in nuovo pescatore,
e con lui il fratello,
che stesso fardello
con lui porterà.
Vidi più avanti Zebedeo
con la sua barca,
arca
per figliolanza
che nuova marca
di tuo messaggio
per altre reti e ami
a rassettare non vani.
Tua fu l'onda lunga
da vento caldo,
che araldo
amore spirava,
raccolsi anch'io
tuo messaggio,
che s'indora
a tramonto,
ultimo sconto,
per tua chiamata ancora.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto:Vocazione di Pietro e Andrea di Duccio di Buoninsegna

Fra' Domenico Spatola: Commento al Vangelo della Terza Domenica del tempo Ordinario: Matteo 4,12-23

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
16
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta.
17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».I primi quattro discepoli
18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Commento al Vangelo
In questo brano evangelico viene narrato l'inizio della vita pubblica di Gesù, dopo i lunghi anni di silenzio e l'avventura del "battesimo" al fiume Giordano.
Per la data mancano annotazioni cronologiche, ne viene tuttavia indicata una, che ha soprattutto valenza teologica: "Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato". Dal Battista, Gesù rileva il testimone per la nuova proposta di "conversione", e l'urgenza della realizzazione non gli permette di aspettare che vengano da Lui. Sì incammina perciò per le strade della Galilea, attraversando villaggi, e tutti i luoghi affollati come piazze e mercati. Sceglie per dimorarvi la città di frontiera, sulla "Via Maris", la trafficata Cafarnao, prezioso snodo commerciale nei collegamenti internazionali fra Egitto e Siria. Offrire a ogni uomo consapevolezza e potenzialità per accogliere Dio e costruire con lui il "Regno", come manifesto delle "Beatitudini", è il suo "cibo quotidiano". Lo dichiarerà nel Quarto Vangelo ai discepoli che, data l'ora, lo invitavano a mangiare.
Nell'ansia dell'annuncio, è consapevole della fatica e della moltitudine cui arrivare, così provvede ai collaboratori. Quelli della prima ora li incontra sulle rive di un lago, che l'Evangelista, per ragioni teologiche, chiama "mare". Il richiamo è ai pagani, divisi da Israele dal mare, che non sarà più un ostacolo per i seguaci di Gesù, ma opportunità di collegamento e di missione per andare incontro a loro, anch'essi destinatari del Vangelo. L'allusione è anche al Mar Rosso, attraversato da Mosè e dal popolo in cammino di libertà verso la "Terra promessa".
Con Gesù, per l'Evangelista sta iniziando un nuovo esodo. I due pescatori che dalla riva lanciavano il giacchio per colpire i pesci erano Simone e Andrea. Ai due fratelli, Gesù rivolge l'invito a seguirlo, con la motivazione che sarà la loro missione: "Vi farò pescatori di uomini". Equivalente per la nostra cultura: "Vi farò bagnini". Se infatti il pescatore, nel togliere dall'acqua i pesci ne causa la morte, il "bagnino", al contrario, nel soccorrere chi, inesperto, è caduto in acqua, lo salva. In quella cultura l'acqua era simbolo di morte.
Gesù, andando avanti, fa la stessa proposta ai figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Anch'essi, uscendo dal chiuso della barca paterna, come dalle sicurezze offerte dalla loro appartenenza religiosa, lasciano tutto, invitati anch'essi a divenire "pescatori di uomini".
Con loro, cui si aggregheranno successivamente gli altri otto, Gesù costituirà il "nuovo Israele", a servizio dei popoli e non in contrapposizione, come voleva il dettato messianico del "primo" Israele.
 
Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Vocazione degli apostoli - dipinto di Domenico Ghirlandaio (1481)

lunedì 16 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Pellegrino ad Auschwitz


 
Terra... di cenere
raccolsi dal Campo
e lacrimando avvicinai
a mie labbra.
Eco lontana
il vento portava,
rimembranza
impazziva nel cuore,
violenza
e spaventi narrava,
a terrore.
Atterrito, percorsi i cammini...
sotto sguardi angosciosi
per me,
eran lì, infiniti e pietosi,
tutti quanti a gridare:
“Perché?”...
Non risposta trovai,
né ancor trovo,
ad umana fratricida insipienza,
solo prece invocai a riposo
e a spezzare del male sequenza.

Fra' Domenico Spatola


Tratta dalla raccolta di poesie "In libertà d'amore..." edita I Buoni Cugini editori.

 

Fra' Domenico Spatola: Olocausto

Giorno della memoria
storia di boria e di demenza
inutile sofferenza
per i tanti emarginati
e allarmati d'essere Ebrei,
altra razza su cui impazza la furia
caina di chi impero suo
ha costruito sul terrore
orrore
avendo perduto il senso della
civiltà,
che con bontà affratella
perché nati a rinnovare quella
fatidica realtà
di ogni età
morte:
comune sorte,
che può essere amica
che abbatte la diga dell'inciviltà
in ogni età
e basterà l'amore
a congiunzione
a lenire dolore
e in concomitanza
offrire speranza.

Fra' Domenico Spatola

domenica 15 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Madre, rimembro...

Quando ritorno, o madre,
a rimembrare quella sera,
estrema,
di tua terrena vita,
ripenso all'attenzione
che a me donasti
che ti vedevo amica
spegnere ancora prematura sol
per età,
mentre duratura
e fatica era stata tua esistenza
a lottare con speranza
per vincere marosi
per figli numerosi
e in affanno.
Furono ultimi bagliori
non inganno
di tua potente luce,
che ora sola idea conduce
a tratti opaca per la tua
diuturna assenza
che non lenisce dolore
anzi, accresce ansia al cuore.

Fra' Domenico Spatola
Per il ventiquattresimo anniversario dalla morte di mia madre.

sabato 14 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: San Bernardo Cappuccino

(N. Corleone 1602 - m. Palermo 1667)
A 350 anni dalla morte.

A Palermo nel Seicento,
visse un Frate sol contento
d'assomigliare al Crocifisso
ch'era suo ideale fisso.
Suo nome era Bernardo
e la sua prece: "Solo ardo
- diceva - o mio Signore,
di dare a te tutto il mio cuore
e stesso amore darò a tutti quelli
che mi hai donato qual fratelli!".
Divenne Frate cappuccino,
dopo esser stato spadaccino:
a Corleone, paese suo natale,
maturò quel nuovo ideale,
farsi Frate cappuccino,
dopo aver fiaccato
il palermitano Vito Canino
che a scherma l'avea sfidato.
Fu la sua devozione
frutto di intensa conversione,
maturata faticosa
essendo eccessiva e boriosa
l'indole sua umana
e l'ira, il suo difetto,
era prediletto
dal nostro Francescano
che volentieri si lasciava
prendere la mano.
Ma la pazienza,
a seguito di sforzi e sacrifici,
divenne sua quintessenza
da sbalordire i nemici,
che mutarono loro
atteggiamento,
a confronto col nuovo
sentimento.
Volò in estasi, prossimo al
Signore
per proporre al Crocifisso il suo
amore.
Aiutò i poveri con paterno
affetto,
e fu per gli indigenti come un
tetto,
a rifugio dal male che, con
passione,
combattè con la forza di un
leone.
Continui fra' Bernardo, nostro
vanto,
ad essere di tutti il grande Santo
al quale, con profonda
commozione,
continueremo a chiedere paterna
sua protezione.



Fra' Domenico Spatola.
Nella foto in basso: Altare di San Bernardo da Corleone presso la Parrocchia Santa Maria della Pace - Palermo

venerdì 13 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Questi è il Figlio mio


Fu il Battista, folgorato
da uno spettacolo inusitato:
mentre era su Gesù
lo Spirito di Dio,
il Padre dava voce:
"Questi è il Figlio mio,
il prediletto
che sulla croce
sarà immolato
quale Agnello,
quello bello
e tanto amato:
condannato
a espiare
altrui peccato".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Battesimo di Cristo del Perugino (1481 - Vaticano)

Fra' Domenico Spatola: Commento al Vangelo della Seconda Domenica del Tempo Ordinario: Giovanni 1, 29-34

Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me». 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: «Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo». 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
 
Commento al Vangelo
 
Maestro del messaggio evangelico odierno è Giovanni Battista. La sua lezione su Gesù, scaturita dall'esperienza, lo accredita quale "testimone". Aveva visto un "uomo" venire da lui. Dichiara di non averlo conosciuto in precedenza, e ora lo poteva confessare "Figlio di Dio", dopo avere "visto" - come affermava - "scendere su di lui lo Spirito di Dio". A conferma della sua intuizione adduceva il conforto della "voce" di chi lo aveva inviato.
La consapevolezza acquisita, gli consentiva di esercitare il ministero per cui era stato inviato, presentarlo al mondo come: "Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". Il simbolo evocava il cibo necessario per il popolo ebreo quando, lasciata alle spalle la schiavitù egiziana, iniziò l'esodo verso la "Terra promessa". Ora, per Giovanni, era Gesù il vero cibo che in ogni Eucaristia avrebbe offerto, il viatico per la libertà, mentre il suo sangue avrebbe preservato dalla morte, come quello dell'agnello che, al tempo di Mosè, aveva fatto scudo alla furia de "l'Angelo sterminatore".
Il "peccato del mondo" che Gesù estirpa è quello causato da chi aveva allontanato Dio dagli uomini, sulla base di concezioni di purità rituale fatta di leggi esigenti e contraddittorie. Gli uomini venivano così oberati di colpe e di peccati, e perciò rifiutati da Dio.
A tramite, la casta religiosa si autoreferenziava come interprete di un Dio "implacabile" che chiedeva estenuanti e costosi quanto inutili sacrifici. A questa logica Gesù si contrappose, prospettando di Dio la bontà verso tutti, a prescindere dai meriti; "Egli - diceva - è misericordioso verso buoni e cattivi". Questa idea non faceva gli interessi della "casta" che volle "sacrificare l'agnello", che dalla Croce saprà dare solo risposte d'amore e di pienezza di vita, comunicando il suo Spirito.
 
Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Battesimo di Cristo di Francesco Albani
 
 

mercoledì 11 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Rosa ingannata

Rosa ingannata da calore fuori
tempo
offri bocciolo di primavera
anzitempo
la neve a tradimento raggela tuo
contento
di offerta di primavera tua
prematura.
Ora stai a raggelare
con tuo dono
in un mondo a te ostile
cui offri a perdono
a dolcezza
sol risposta di tua bellezza.

Fra' Domenico Spatola

sabato 7 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Uguaglianza d'umanità

Penso ai tanti
di gelo avvolti
compianti perché morti, senza
una casa,
senza un amore,
figli del vento
e del tormento
di lor solitudine.
Tante le commozioni
se penso ai barboni
così chiamati
con qualche disprezzo senza
chiedersi che dietro lor vezzo
c'è sempre l'uomo
che ci appartiene
e dietro sguardo
che pietà spira
c'è umanità
che morte uguaglia
diversa sorte
aprendo porte
all'umiltà
sol vera dote di buona creanza
che chiede a ciascuno solo
uguaglianza
perché nel dolore
e nell'amore
ciascun riscopra il vero cuore.

Fra' Domenico Spatola

Nella foto: dipinto a olio di John Gilbert

Fra' Domenico Spatola: Battesimo di Gesù

Anomala fu quell'onda lunga
del fiume portentoso ch'è il
Giordano,
quando quel mattino non Ti
immergesti invano
per lavarvi umana colpa. Tutti
aspettavano il proprio turno a
sorta
di rendere pura propria vita: Tu
no, o Signore, perché gravame
umano
eri pronto a riscattare.
Quell'onda immensa Ti travolse
e risorse
infinite da Te sciolse
tutte per noi
che, in quel giorno, puro
sperimentammo nostro cuore
che, a incanto e nostro vanto,
cominciò a balbettare solo
d'amore.

Fra' Domenico Spatola

Nella foto: Battesimo di Gesù (particolare) di Jacopo Tintoretto.

Fra' Domenico Spatola: Vangelo del Battesimo di Gesù 3, 13-17

Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
 
Commento al Vangelo
 
L'evangelista Matteo apre il Vangelo narrando il battesimo di Gesù e lo chiude con il mandato agli apostoli di "andare per il mondo e battezzare ogni creatura, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". In tal modo, il battesimo di Gesù manifesta al mondo che la pienezza dell'amore che il Padre ha riversato nel Figlio, viene da questi fatto sperimentare ad ogni persona.
L'episodio inizia con l'incipit adottato dall'autore per la presentazione di Giovanni Battista, a indicare in Gesù colui che prolunga e porta a compimento l'attività del "Precursore": "Allora Gesù dalla Galilea venne...".
Subito si accese una drammatica tensione, appena esplicitata dalla ragione: "venne al Giordano per farsi battezzare da lui". Lo "scandalo" del Battista a quella richiesta è comprensibile, in quanto il suo battesimo d'acqua sarebbe stato sostituito da quello "in Spirito Santo e fuoco" dal Messia "giusto" e "immortale". Il suo battesimo era il segno di morte a una vita passata di peccatore, che il Messia non poteva avere, allora la richiesta significava l'accettazione della morte futura, quella che avrebbe sperimentato sulla croce. In un passaggio successivo, Gesù stesso equiparerà il suo battesimo alla morte in croce, quando rivolto ai figli di Zebedeo, chiederà a provocazione se "erano disposti ad accettare il battesimo che egli stava per ricevere".
All'irremovibilità di Gesù, l'Evangelista annota la contrapposizione dell'altrettanta indisponibilità di Giovanni disposto a ricredersi su di Lui (lo lasciò), atteggiamento ribadito successivamente dalla delegazione di discepoli, inviati dalla prigione dove è detenuto, per chiedergli "se sia Lui il Messia, o dovevano cercare un altro".
All'azione energica di Gesù la risposta si carica di simboli marcatamente "teofanici".
L'acqua, in quel contesto simbolo di morte, lo respinge "immediatamente", anticipazione profetica del Cristo che non resterà "preda" della morte. Con l'espressione de "il cielo si squarciò", l'Evangelista dichiara finite le interruzioni della comunicazione tra Dio e gli uomini. Con Gesù, Dio si fonde con gli uomini, e non va cercato se non in Gesù e nell'umanità da lui accolta e manifestata. Il tema dello Spirito, che, a cieli aperti, si fionda su Gesù nella sembianza della colomba, rivela agli occhi di Matteo la nuova creazione, sul modello della prima, sulle cui acque si libra a lo Spirito di Dio. Il richiamo alla colomba è dunque l'azione materna divina, che nelle sembianze di uccello "cova" l'universo immaginato come "l'uovo cosmico". Ma è per la fedeltà al suo nido, oltre che per il richiamo ai temi nuziali del "Cantico dei Cantici", che la colomba è qui evocata. Il messaggio dell'autore si fa più chiaro in Gesù che, dalla croce, consegnerà all'Umanità lo Spirito. Il commento è ne "la voce che si udì dal Cielo: Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento".
Con prodigiosa sintesi, l'Evangelista collega tre testimonianze messianiche dell'Antico Testamento, dichiarando Gesù "figlio mio" come nel Salmo 2 per la presentazione del Messia. Lo dichiara "l'amato", come fu indicato Isacco per il sacrificio di Abramo.
E infine "mio compiacimento" a imitazione del "Servo sofferente", di cui parla Isaia nel capitolo 42: egli si sarebbe addossato i peccati del mondo.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Battesimo del Cristo di Leonardo da Vinci

mercoledì 4 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: La Befana


La Befana, dolce e strana,
è vestita sol di lana,
perché viene sol d'inverno
e quando arriva è materno
il suo modo di pensare
ai bambini che sa amare,
dando a tutti caramelle
e poi altre cose belle.
C'è chi dice che è brutta
così la dipingono tutta
vecchia e malandata
da sembrare abbandonata
con il mento a spuntone
con sul naso un brufolone
con gli zigomi sporgenti
e sugli occhi spesse lenti.
Ha la pelle raggrinzita
tutta rughe da lunga vita
e le scarpe tutte rotte
che si vedon anche di notte.
Sulla scopa a cavallo
guarda il mondo dal suo stallo
per vedere dove i bambini
hanno messo i bigliettini
delle cose a lei richieste
ed evitare le proteste.
Ruolo suo per l'anno intero
è portare il dono vero
che fa bene ai bambini
e non solo i cioccolatini
né le calze con il carbone
per le cose poco buone.
Essa vede ogni bisogno
ma arriva solo in sogno
per portare i suoi regali
soprattutto quelli uguali
che fanno gli uomini nel cuore:
essa vuol portare amore.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: I Magi e il loro sogno

Una stella brillò più forte,
quella notte.
Qualcuno si interrogò su sua
sorte.
In silenzio d'attesa
e di suo splendore compresa,
attirò lo stupore dei Magi,
che non agli agi
votato avean passione
ma a scrutare,
con somma attenzione,
i cieli,
ormai senza veli.
Essi, in fretta,
cercaron retta
via
che a meta portava.
Sopra carri, cammelli e cavalli,
attraversarono fiumi e convalli,
e montagne
né atterriti da lagne
di quanti ostili
in cerca non vanno.
Vili!
Un padrone già l'hanno:
lor certezza
in denaro e potere in pienezza.
Entusiasti partirono i Magi,
per gli omaggi
da offrire al Bambino,
conosciuto a fine cammino
a Betlemme, che fu suolo natìo,
quello stesso che diede il buon
Dio
al pastore di tutto Israele,
il re Davide che fu il capo di
schiere.
Ora c'è un Bimbo, in braccio alla
madre,
cui portano doni in intenso
segno d'offerta
immolata all'Immenso:
l'oro fu riconoscimento regale;
l'incenso sacrificio ideale
celebrato a divina Maestà
che mirra consacra sposo
d'umanità.

Fra' Domenico Spatola

Nella foto: Adorazione dei Magi (Giotto)

Fra' Domenico Spatola: Commento al Vangelo di Matteo 2, 1-12 per l'Epifania del Signore

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo
che sarà il pastore del mio popolo, Israele
».
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
 
Commento al Vangelo
 
Con la parola "Epifania" si richiama la "manifestazione" di Gesù a tutti i popoli, nel superamento dell'esclusivismo di Israele che si riteneva il solo privilegiato dalle attenzioni divine. I destinatari sono dei "maghi", diffidati come ciarlatani e impostori anche dalle prime Comunità, le quali, per la esecrata loro professione, li annoveravano tra i più incalliti peccatori. Per superare lo scandalo di trovarli nel Vangelo tra i primi ad aderire alla fede, venne adottato un aggiustamento terminologico e furono individuati come "Magi".
Il racconto di Matteo si snoda con la disinvoltura di una fiaba, ma il messaggio sottinteso è drammatico, perché, oltre a evocare episodi e personaggi di un "passato" biblico, anticipa il destino di Israele che si consumerà nel rifiuto del Messia. I Magi videro una stella: quella di Gesù, che non andava cercata negli spazi siderali, ma nelle Scritture. Il profeta di Balam ne avva preconizzato il sorgere, tanti secoli prima.
Confusa fu la ricerca. Arrivarono a Gerusalemme, la capitale del regno, per domandare a Erode, che fu il rivale fino all'assassinio di chiunque avesse potuto attentare al suo trono. Si turbò comprensibilmente, e con lui la città.
Il primo infatti temeva di perdere il trono, la seconda il tempio, diventato luogo di traffici e affari che l'istituzione religiosa garantiva. Gli esperti delle Sacre Scritture, interrogati da Erode, sentenziarono con il profeta Michea, che Betlemme era il luogo della nascita del "capo" che avrebbe guidato il popolo a salvezza. Erode segretamente informò i Magi, e chiese a sua volta di venire informato da loro, appena lo avessero trovato, per potere anch'egli andare ad adorarlo. Le intenzioni non confessate evocano quelle del faraone che in Egitto aveva decretato degli Ebrei la morte, cui potè scampare Mosè.
Protesi verso il nuovo indirizzo, i nostri protagonisti rividero la stella. La loro gioia fu pari a quella che proveranno le donne, quando andando al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù, lo incontreranno Risorto.
Giunti alla meta, i Magi videro il Bambino e sua madre e si prostrarono per adorarlo, gesto per indicare che Lo riconoscevano loro sovrano e gli offrirono i doni dalla forte valenza simbolica.
Con l'offerta dell'oro ne indicavano al mondo la regalità universale, e non più esclusivo appannaggio d'Israele.
Con l'offerta dell'incenso, rivendicarono per tutti i popoli il diritto al servizio sacerdotale del tempio di Gerusalemme.
Con la mirra, il profumo prescelto dalla sposa del "Cantico dei Cantici", annunciavano le "nozze" di Dio con l'umanità.
Per il ritorno al loro paese, provvidenziale fu per i Magi l'indicazione divina di non passare da Erode e da Gerusalemme, ed essi "per un'altra strada fecero ritorno alle loro regioni".
Il richiamo implicito dell'Evangelista è alla conversione, avendo infatti evocato il divieto che veniva dato ai pellegrini di Israele perché non passassero dal santuario di Betel, ormai votato alla idolatria, come nel suo tempo verificava Matteo denunciando la stessa ipocrisia consumata nel tempio di Gerusalemme da una casta di potere avida fino a tradire l'ideale della "casa di preghiera, trasformata in spelonca di ladri" come, da adulto, denuncerà lo stesso Gesù.
 
Fra' Domenico Spatola
 
Nella foto: Adorazione dei Magi, di Gentile da Fabriano.