Fra' Domenico Spatola
Volli emigrare, lontano, tra stelle, e guardare da quelle la terra vitale: la vidi sbocciare, qual rosa a dolore... e compresi l'amore. - Fra Domenico Spatola.
venerdì 5 dicembre 2025
Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Immacolata Concezione della beata Vergine Maria: Luca 1, 26-38
Fra' Domenico Spatola: Il Battista come Elia
dal Battista
per farsi
perdonare
e battezzare.
Del Giordano, alla foce,
si definiva "Voce
che, nel deserto
a cuore aperto,
grida: al Signore
aprite il cuore,
e sue vie preparate
e i sentieri raddrizzate!".
Il vestito austero
ricordava l'Elia il severo,
con ai fianchi i peli del cammello,
ma fiore suo, all'occhiello,
era la cintura,
di pelle dura,
mentre, di cavallette il pasto
sobrio e niun fasto.
Venuti tutti a confessare
i peccati che volean lavare,
furono anche i farisei,
coi sadducei.
Ma il Santo li accusò d'ipocrisia
per la condotta esibita pia.
Vantavano d'Abram la figliolanza,
ma senza la creanza
di compierne le gesta.
Perciò non fece festa,
il Profeta che parlò di
scure
che s'abbatterà su piante impure.
L'albero senza frutto,
verrà tagliato tutto,
e nel fuoco poi gettato
per essere bruciato.
"Il Battesimo mio d'acqua,
soltanto sciacqua.
Mentre non corte
son le credenzialità del forte
che vien dopo di me.
Chiederete a me: perché
non posso io scalzarlo?
Mio compito è annunziarlo
come Colui che l'aia pulirà,
e se il frumento conserverà
in granaio,
nel fuoco la paglia vivrà il suo guaio".
Di Domenico Spatola
Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Avvento (Anno A): Matteo 3,1-12
sabato 29 novembre 2025
Fra' Domenico Spatola: Quando il Figlio tornerà...
Commento fra' Domenico Spatola al Vangelo della Prima domenica di Avvento (anno A): Matteo 24,37-44
Con linguaggio profetico Gesù descriveva i grandi cambiamenti della Storia. Non avrebbe dato più luce il sole che, in quella cultura, rappresentava una divinità pagana. Per il cambiamento, Gesù chiedeva collaborazione ai discepoli. Essi, annunciando il Vangelo, avrebbero causato l'eclisse di tutte le divinità pagane, che, come astri, sarebbero cadute dal firmamento. Allusione ai potenti che su tali divinità basavano il loro potere. Poi aggiungeva: "Vedrete in cielo il segno del Figlio dell'uomo". L'espressione era del profeta Daniele (cap. 7). La usò, quando nelle visioni notturne, vide emergere dal mare quattro bestie, immagini dei poteri politici, noti per la loro ferocia. La prima bestia rappresentava l'impero babilonese. La seconda quello dei Medi. La terza quello dei Persiani. La quarta, la più orrenda, il regno di Alessandro Magno. Ma Dio, col potere dato al "Figlio dell'uomo", avrebbe eliminato ciò che era disumano. Quel personaggio era Gesù: Uomo, che in quanto Figlio, aveva la condizione divina. Stesso "status" egli avrebbe condiviso con chi avesse accolto il suo stesso ideale, ma non senza l'odio del mondo. Insistente fu l'invito alla vigilanza per non cadere nella stessa trappola in cui finirono, perché distratti, i contemporanei di Noè che non si salvarono dal diluvio. Fu catastrofe, ma non segnò la fine del mondo bensì l'inizio di un'umanità rinnovata. Gesù chiedeva perciò ai suoi collaborazione, per offrire alla società l'alternativa del Regno, il cui annuncio non sarebbe stato indolore.
Fra' Domenico Spatola
sabato 22 novembre 2025
Fra' Domenico Spatola: "Oggi sarai con me".
Commento di fra Domenico Spatola al vangelo della domenica di Cristo Re dell'universo (anno C): Luca 23, 35-43
Commento di fra Domenico Spatola al vangelo della domenica di Cristo Re dell'universo (anno C): Luca 23, 35-43
venerdì 14 novembre 2025
Fra' Domenico Spatola: Come finirà?
Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 21, 1-19
Fra' Domenico Spatola
venerdì 7 novembre 2025
Fra' Domenico Spatola: Il tempio casa di preghiera...
da Gesù non tollerato,
il perdono,
paterno dono,
non è commercio,
che rende lercio
il luogo del Signore.
Zelo dunque e ardore
furon l'arma:
sferza che disarma
i mercanti,
ch'eran tanti
venditori
di colombi e tori.
Di loro rovesciò i banchi,
e li percosse ai fianchi,
con la frusta,
il cui dolor disgusta.
"Avete fatto, con peccato,
del tempio un mercato!".
Ai Giudei credenziali,
offrì sue fatali:
"Distruggete -disse- il tempio,
e diverrà esempio
di mia Entità
che in tre giorni risorgerà".
Il mistero, ch'era fitto,
si squadernerà a profitto
ai seguaci, quando morto,
lo rivedràn risorto.
Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della "Dedicazione della basilica lateranense": Giovanni 2, 13-22
Era la Pasqua dei Giudei. Gesù salì a Gerusalemme e, nell'area del tempio, trovò gente numerosa, venuta da ogni parte della Nazione, per i riti annuali di purificazione. Si consumava il sacrificio degli animali. Durante le tre settimane di festività, si calcolava il sacrificio di oltre diciottomila capi di bestiame. Venivano venduti nel tempio ma provenivano dagli ovili del Monte degli Ulivi, che erano proprietà del sommo sacerdote Anania e dei suoi figli. Non era ammesso, per sacrificarlo, bestiame da altre provenienze. Contro la legge di mercato, non era ammessa la concorrenza. Erano buoi, pecore e colombe. I cambiamonete essenziali, perché non poteva circolare la moneta romana con l'effigie di Tiberio. Considerata infatti sacrilega anche per la scritta: "divino imperatore". Gesù con una frusta, di cordicelle, cacciò i mercanti e rovesciò i banchi dei cambiamonete. Il gesto, che aveva valenza messianica, era atteso, perché preannunciato dai profeti, che avevano tratteggiato il Messia, come "riformatore del tempio e del clero". Cacciando i mercanti, Gesù motivava il suo gesto: "non trasformate in mercato, la casa del Padre mio!". Le reazioni dei presenti furono diverse. I discepoli inizialmente vi lessero lo "zelo per la Casa del Padre", mentre i capi giudei chiesero legittimazione con un segno, contro i pagani, come quello di Mosè contro i primogeniti degli Egiziani. Ma la risposta di Gesù sarà compresa dai discepoli solo dopo la sua risurrezione: "Distruggete questo tempio, e io in tre giorni lo farò risorgere!". Non si capacitavano, perché quarantasei erano stati gli anni per costruirlo. Ma Gesù parlava del suo Corpo.
Fra' Domenico Spatola
venerdì 31 ottobre 2025
Fra' Domenico Spatola: 2 novembre
con sentimenti sinceri
per i ricordi spezzati
da dolor suscitati.
Il viale indicato,
dai cipressi vegliato,
portava alla tomba che m'ero prefisso,
ma fu il Crocifisso
dal loculo sporgente,
che immantinente
richiamò mia attenzione.
Con gran devozione,
gli volli parlare,
provando a dettare
a lui miei pensieri.
Eran sinceri,
almen quella volta.
Coinvolta
fu tutta mia vita,
che, per l'età, è quasi finita:
"Tu Gesù -pensai
o parlando esclamai-,
come vedi questa gente?
Non dico la giacente,
ma chi vien con dolore
a deporre il fiore
al fratello o all'amico,
che dico,
o anche al padre
o alla tenera madre?".
Mi parve proposta, la sua risposta:
"Falli venire, almeno ogni anno.
Riduce il danno
a chi non pensa che la morte,
del Ciel apre le porte
a chi vuole entrare,
mentre le chiude
a chi vuole scordare.
Non fa dunque paura
la morte che cura
chi si sente ammalato
e ad altra vita votato".
Accolsi il messaggio,
e ripresi coraggio.
Baciai la croce,
ma con un filo di voce.
Di Domenico Spatola
2 novembre 2025: Commemorazione dei fedeli defunti
L'esistenza come film a due tempi. Il primo si conclude con la morte del protagonista, e la conseguente reazione degli spettatori di alzarsi e andare via, perché "tutto è finito!". Ma il regista fa tornare tutti indietro, per godersi il secondo tempo: "la vita che continua nella gloria". Giobbe aveva scritto: "senza la mia pelle vedrò Dio". Aveva fiducia nel "redentore" che lo avrebbe riscattato dalla morte. Gesù all'apostolo Tommaso, incredulo nella vita eterna, si dichiarò "Via, Verità e Vita". Nel battesimo, siamo stati rivestiti della stessa veste della Risurrezione. L'apostolo Paolo a chi domandava dell'aldilà, rispondeva: "saremo con il Signore". Quante volte lo abbiamo sperato! Allora, con Francesco d'Assisi, potremo anche oggi dire: "Ben venga sorella Morte!".
Fra' Domenico Spatola: Tutti i Santi
comprende quanti:
papi o re,
e i semplici come me,
che, in umiltà e senza gloria,
non fanno Storia.
Ci son pure i derelitti,
e quanti afflitti
hanno chiuso con premura
sotto bombe e la paura.
Oggi è stuolo di beati,
che da Dio son consolati,
perché hanno amato tanto,
col segreto d'ogni Santo.
Guardo il cielo
e stesso velo
tolgo dalla Terra,
senza pace e sempre in guerra.
È d'affronto
il mio racconto.
perché in Cristo trovo il vanto,
di vedere confortati
quel gran stuolo di beati.
Di Domenico Spatola














