venerdì 15 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Novella Era...

 


Il mondo finisce? 
Si capisce
da ciò che si spera 
e in cuore si invera. 
Un mondo migliore
dove il buon cuore
il vecchio corregge
con nuova sua legge, 
quella di Cristo
dal discorso già misto
d'ansia e speranza
che nuova mattanza
fa dei vecchi sistemi
disumani e blasfemi, 
mentre offre novella, 
notizia più bella
che "da primavera" 
appare sua era.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 13, 24-32

 
24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore
25 e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28 Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; 29 così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30 In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.


La "buona notizia" portata da Gesù non causa paure ma solo speranze. Il capitolo 13 del Vangelo di Marco, per la sua complessità, necessita di attenta interpretazione da parte del lettore. Dopo la distruzione del tempio, che storicamente si avvererà ad opera dei Romani di Tito nell'anno 70, inizierà  un nuovo processo storico che sarà di liberazione. I regimi, basati sulla prepotenza e l'orgoglio, portano il germe della corruzione. Immagine resa dalla visione del profeta Daniele: il crollo della statua gigantesca dai piedi d'argilla. La catastrofe investirà soltanto la sfera celeste, la sede di dèi e delle aspiranti "stars". "Il sole si oscurerà, e la luna non darà più la luce". Erano le divinità pagane, adorate in Egitto e in Mesopotamia, che collassavano.   Però quando verrà annunciato
il Vangelo tutto il restante si oscurerà. "Le stelle che cadranno" sono i potenti della terra: faraoni, imperatori e re. Così il profeta Isaia aveva infatti bollato  il re di Babilonia: "Ambivi salire nei cieli e sei stato precipitato negli inferi!". Allora i potenti "vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi", mentre gli Angeli, suoi collaboratori, raduneranno gli eletti del Regno. Inizierà l'era del Figlio dell'uomo e 
la parabola del fico coi suoi germogli, ne preludierà i tempi della maturazione. La caduta di Gerusalemme segnerà l'ingresso dei popoli nel Regno. Necessita però fidarsi del Padre, senza preoccuparsi di sapere, né il giorno né l'ora.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 8 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Ha dato tutto



Scribi vanitosi, 
in vistosi, 
vestimenti 
e vaporosi di commenti. 
Chiedevi, Gesù, d'evitare
e provavi a educare
i tuoi seguaci all'umiltà, 
vera nuova dignità 
che offrivi
a quanti n'eran privi. 
La vedova avea dato, 
e tu, Gesù ammirato
dicevi generoso
perché oneroso
era il dono più totale
dell'offerta sua vitale. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 12, 38-44

38
 Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Nel tempio, sotto il Portico di Salomone, Gesù insegnava i discepoli a diffidare dagli scribi.  Interpreti della Legge, erano talmente autorevoli che, le loro sentenze soppiantavano, in caso di conflitto, anche la Parola scritta. Gesù ne ridicolizzò le smanie narcisistiche per il vestito ampolloso e le riverenze, pretese con profondi inchini. Li raccontò seduti sugli scranni di pietra, in postazione alta per obbligare gli "inferiori" a sedere ai loro piedi. Ne denunciò l'intemperanza nella corsa per accaparrarsi i primi posti, ed essere meglio serviti nei banchetti. Denunciò l'ipocrisia della loro preghiera ostentata ma senz'anima. Per derubare le vedove, che costituivano l'anello più debole della società, si atteggiavano a tutori spirituali.
L' insegnamento continuò dinanzi al Tesoro, già da lui denunciato come "il vero dio" mentre il tempio reso da loro "spelonca di ladri".  Osservava attentamente quanto denaro mettevano, nelle "trombe", i ricchi. Dall'interno il levita  gridava l'importo. Immediato sortiva l'effetto: scattava l'applauso. Ma solo per i ricchi, che avevano modo di pavoneggiarsi. Gesù li svalutava. Il loro "molto" erano briciole al confronto della offerta di una vedova che vi pose un soldo. Erano le ultime due monetine che possedeva, perciò aveva dato più di tutti a quel tempio che  avrebbe dovuto, per Legge (cfr Dt 14, 28)  sostenerla, e non  pretendere da chi non aveva nulla per vivere.

Fra' Domenico Spatola

sabato 2 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Amar, come Gesù amò...



O Gesù, parla a me,
sempre in cerca di "perché?".
Cosa vuoi che io faccia, 
perché ci metta anche la faccia?
Lo dicesti a quel dottore:
"amar con tutto il cuore
il solo Dio, e del fratello
amar sol quello
che gli è vicino". 
Questo piacque al rabbino, 
che non comprese 
che la tua legge
quella di Mosè corregge
perché tuo invito è all'amore, 
il sol che scaturisce dal tuo cuore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 12, 28-34

28
 Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29 Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; 30 amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza31 E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». 32 Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Gesù aveva denunciato la casta sacerdotale al potere di avere trasformato il tempio in "spelonca di ladri", e gli stessi capi" di essere "assassini" perché lo avrebbero ucciso per proprie convenienze. Si sentirono "offesi" e si vendicarono, tendendogli insidie per screditarlo agli occhi della gente, 
con attacchi verbali. Gesù ne uscì più rafforzato. In sequenza si erano avvicendati farisei e sadducei. Toccò anche allo scriba, il quale, da dottore della Legge, domandò: "Quale è il primo di tutti i Comandamenti". La richiesta non era affatto pretestuosa, perché, presso tutte le Scuole rabbìniche, si faticava a indicare, tra le 613 leggi imposte come obblighi e divieti, quella che inglobava le altre. Si soleva generalmente  privilegiare quella che anche Dio osservava: il "riposo sabatico", ove erano vietate 1521 azioni, anche di prima necessità e scrupolosamente indicate. Gesù però attinse altrove, lo "Shemà Israel",  che costituiva anche il "credo" recitato da ogni Israelita mattina e sera: "Amerai il Signore Dio tuo ..." (Deuteronomio 6,4). 
Fece però seguire l'altro comando: "Amerai il prossimo tuo, come te stesso" (Levitico 19). Lo scriba restò soddisfatto. Andava bene per un seguace di Mosè, non per Gesù, il quale commentò: "Non sei lontano dal Regno di Dio", ma con la implicita dichiarazione che non c'era ancora dentro. Il suo comandamento  eredità per i discepoli sarà infatti: "Amatevi come io ho amato voi".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 1 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Novella speme oltre la morte


Svettavano i cipressi. 
Li vidi stessi
a occhieggiare antiche
memorie amiche
dei tanti conosciuti 
e dei messaggi avuti, 
e che conservo. 
Una prece per il protervo
e per l'umile a implorare. 
Compresi che a entrare in cimitero
mi si diceva il vero
della vita, 
che fuori pare infinita
ma qui soltanto spenta. 
Movenza è solo lenta 
nei passi di amici
e di parenti
che sentono lo smacco 
del distacco. 
Anch'io mi aggiro per i viali. 
Leggo epitaffi tali
che voglion perpetuare l'esistenza, 
ma dura resistenza
offre la morte, 
e per aprirne porte
ritengo utile la fede. 
Allor beato chi nel Cristo crede!
Egli Risorto
dichiara orto
il cimitero, ove il seme
si fa premessa di novella speme.

Di Domenico Spatola

mercoledì 30 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Le Beatitudini



Gesù, il povero è beato?
Restiamo senza fiato, 
perché la ricchezza
ci è ubriachezza
da non capire tua proposta. 
Chi ti comprende dà risposta, 
e dell'Altro fa ragione
di sua vita a compassione. 
Beato chi, con l'affamato, 
il pane suo ha già spezzato, 
e chi ha puro il cuore, 
suo occhio ti vede, Signore. 
Beati i miti della Terra, 
perché bandito han già la guerra,
e beati pure i perseguitati
perché saranno consolati. 
Beati infine tutti quanti, 
noi oggi li chiamiamo "Santi, 
e li veneriamo da modelli, 
perché in loro vediamo quelli
che han fatto del Vangelo
la loro via per il Cielo.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità di Ognissanti: Matteo 5, 1-12a

1
 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 
2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Gesù propose la sua Legge. Altra da quella di Mosè. Suo principio: "fai agli altri quello che vuoi che sia fatto a te". Otto le sue proposte. Il numero è della Risurrezione. Gesù le dettò dal Monte, il suo Sinai. Da seduto. È il Maestro e, ai suoi piedi, seduti i discepoli. "Beato" è Dio e chiunque condivide lo stesso suo progetto a favore dell'umanità. "Farsi povero" per mettere al centro di ogni attenzione il bene e felicità altrui. Sarà beato chi, avendo fame o è diseredato o nel pianto, incontra un discepolo che si è fatto "povero di spirito", troverà conforto. Chi ha scelto le "Beatitudini", sarà "puro di cuore, misericordioso e costruttore di pace". Ma l'ultima beatitudine è "per i perseguitati per la giustizia". Hanno osservato le prime sette e, con l'ultima  beatitudine, trovano il sigillo di Dio per avere accolto nella vita la "magna Charta" da Gesù offerta a chi lo  segue, e che i discepoli fanno propria.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 25 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Signore, che io riabbia la vista...



Bartimeo era cieco,
ma più bieco
il suo sentire.
Quando infatti poté udire
che Gesù stava a passare, 
lo sentirono gridare
al "davidico Messia".
Per Gesù era cosa ria
ritenerlo Re potente, 
perciò a lui non disse niente. 
Ma il cieco gridò più forte, 
per speranze sue già corte. 
Arresosi al suo grido,
Gesù volle dargli affido, 
e chiese a lui: "che vuoi?" 
Gli rispose: "Signor, tu puoi
ridonare a me la vista". 
"Hai fatto già di me conquista!" 
disse a lui il Signore, 
"con la tua fede in cuore". 
Non da cieco, ma da vedente, 
sua sequela fu conseguente.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 46-52

46 E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47 Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48 Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
49 Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50 Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». 52 E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.


Bartimeo era il nome. Timeo era suo padre, "l'onorato" cioè Davide. Di lui il cieco, sulla strada di Gerico, voleva che Gesù realizzasse il Regno. La stessa cosa avevano chiesto i figli di Zebedeo. Ma quel titolo ("figlio di Davide"), a Gesù non garbava. Il cieco in strada gridava  che si restituisse a Israele il dominio sulle Nazioni pagane. Ma Gesù fu sordo, e l'invocazione, ripetuta in crescendo, più volte. Quando si zittì, il Signore poté invitare il cieco a venirgli vicino. "Cosa vuoi che ti faccia?". Gli chiese di poterlo vedere, ormai era convertito e, con il mantello, aveva gettato via  l'arroganza del potere. Pronto dunque a nuova identità, quella del "Dio che salva". 
"Rabbuni", lo chiamò. L'aveva accettato "maestro", e lo poté seguire.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 18 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Farsi servo per amore

I figli di Zebedeo
chiedevano un trofeo:
i primi posti nel tuo Regno,
e tu, Gesù, a segno
a lor chiedesti
di bere il calice che tu bevesti
e nel battesimo di morte
aver tua stessa sorte.
Pur di aver potere
dissero di voler bere,
e nel battesimo di morte
starti a corte.
Ma quel ruolo dicevi che lo destinava
il Padre a chi accettava
alla tua foce
la stessa tua condanna sulla croce.
All'udire la richiesta
dei compagni lesta
fu la rivolta
per la furbizia che avevan colta.
Ma tu, Gesù, li chiamasti a dir loro
che il tesoro
non sta nel comandare
ma nel farsi servo e imitare
te che, come hai fatto loro udire,
venisti per servire,
e dare la vita in riscatto
dichiarando che presto ciò sarebbe fatto.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXIX del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 35-45

 
35 E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: 37 «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41 All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. 43 Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. 45 Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Più del peccatore, l'arrogante e l'ambizioso impediscono a Dio l'esercizio della sua misericordia. L'occasione fu offerta dai discepoli, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, altrove detti anche "figli del tuono"
("Boanèrghes") . Avidi di potere, pretendevano da Gesù i posti accanto a lui nel conquistato governo di Israele. Avevano rimosso anche il terzo e definitivo annuncio da lui dato sulla sua imminente morte. Refrattari, si fidavano esclusivamente del Messia, quello atteso da Israele, "il figlio di David". Così rendevano impenetrabile in loro l'insegnamento del Maestro. Si avvicinarono a chiedere i due posti, a destra e sinistra, alla conquista del suo nuovo trono. Li interrogò. Dessero da se stessi la risposta: "Potete bere il calice... ed essere battezzati nella stessa mia acqua?". Alludeva alla sua imminente morte in croce. Presuntuosi, dissero: "Lo possiamo!", ma quando sarà il momento fuggiranno. Sottile fu l'ironia del Signore: quei posti toccheranno agli eletti dal Padre. Saranno i due accanto a lui, i malfattori crocifissi. I dieci compagni indignati, per la furbata, erano infatti accomunati dalla stessa ambizione. Gesù li radunò tutti e Dodici, per metterli in guardia dalle ipocrisie dei potenti della terra, e proponendo loro se stessi quale esempio da seguire, perché venuto per servire e dare la vita per tutti.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 11 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Nulla è impossibile a Dio!

 


Offristi con tuo sguardo la carezza
al giovane posseduto dalla ricchezza,
chiedesti a lui il cuore generoso, 
perché, libero e gioioso, 
ti seguisse
ma egli a te disse
il suo rifiuto:
non ebbe fiuto
e triste andò via,
e tu, Gesù, dicesti quanto sia
difficile al ricco entrare
lá, dove il cammello suol passare. 
Agli attoniti discepoli aggiungevi
che, per Dio, sono lievi
anche cose più pesanti:
non avessero perciò i cuori affranti!

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 17-30

17 Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21 Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». 24 I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». 27 Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».
28 Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, 30 che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.

Un giovane per strada corse incontro a Gesù. Gli urgevano certezze per l'aldilà. Del presente era soddisfatto. "Cosa devo fare?" chiese in ginocchio. Di Mosè, Gesù gli recitò i comandamenti che riguardavano i rapporti con il prossimo. Esultò. "Da sempre tutte quelle cose ("tauta panta") le ho osservate". Ma fu vera gioia? Quando Gesù gli propose di liberararsi dalle ricchezze, e darne il ricavato ai poveri e seguirlo, si fece scuro in volto e andò per la sua strada. "Possedeva molti beni". Era l'addebito  dell'evangelista.
Deluso fu Gesù. Aveva investito emotivamente invano: "lo fissò e lo amò". 
Commentò con amarezza: "Difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio!". 
Al cammello sarebbe venuto più facile passare per la cruna di un ago. Denunciava la ricchezza come ostacolo alla salvezza. 
I discepoli tuttavia si rattristarono ritenendo eccessiva intransigenza quella che li privava del benessere che poteva venire da un ricco tra loro. Interlocutoria perciò quanto piccata fu la loro reazione: 
"Chi si può salvare?"
"Tutto è possibile a Dio", fu la risposta del Maestro. Pietro venne avanti e, a nome anche dei compagni, gli presentò il conto: 
"Noi abbiamo lasciato tutto, e ti abbiamo seguito: che ce ne viene?". 
"Cento volte tanto in case, fratelli, sorelle, madri e figli e campi - rispose - ma non senza persecuzioni". E inoltre quanto aveva chiesto il giovane ricco: "la vita eterna".

Fra' Domenico Spatola