venerdì 26 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il ricco disattento

 
Il ricco non vede l'orme
del povero che dorme, 
davanti alla sua porta
perché ha vista  corta. 
Neppur briciole di pane
ma solo un cane
lecca sue ferite
di piaghe ormai avite.
Morì Lazzaro e d'Abramo in seno
trovò il riposo pieno, 
mentre nell'orto
fu sepolto il ricco morto.
Dal fondo dei tormenti
l'epulone i suoi lamenti
fece giungere ad Abramo:
"Acqua io bramo
gli disse - e Lazzaro disseti
senza che alcun gli vieti
di portarmi in bocca
l'acqua dalla brocca". 
Abramo a lui rispose:
"Tu molte cose
avesti in vita, 
vedi come ti è finita? 
Lazzaro è consolato
e tu resti sempre l'assetato. 
Non nutrire perciò speranza
per l'impossibile distanza, 
tra i felici che siam noi
e gli infelici che siete voi". 
"Mandalo dai miei fratelli
perché non finiscano tra i fornelli". 
"Han Mosè e i profeti
osservino le leggi e i divieti". 
"No" rispose il ricco desolato, 
"Ma se gli appare Lazzaro risuscitato, 
senza più danno 
essi crederanno" 
"Se non credono a Mosè e ai profeti
neanche se risorti farànno lieti!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (Anno C): Luca 16, 19-31

19 C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

"Non si possono servire due padroni: o Dio o il denaro!". Aveva detto Gesù. Sulla radicale polarizzazione  della scelta, i farisei lo deridevano. Il denaro era infatti il loro dio. La parabola del "ricco che non si accorse del povero" servì a Gesù per raccontare il dopo morte. Il ricco egoista non si accorse mai di Lazzaro, il povero coperto di piaghe, che giaceva alla sua porta. Da epulone aveva mangiato e bevuto indossando le migliori marche di vestiti, mentre Lazzaro aspirava invano alle briciole di pane che potessero cadere dalla sua mensa, ma nessuno gliene dava. Solo i cani, gli davano sollievo leccandogli le ferite. Morì Lazzaro e salì in cielo, accolto da Abramo. Anche il ricco morì e fu sepolto. Dal fondo dello "sheòl" (la caverna sotto terra, abitata dai morti) vide Lazzaro che era felice con Abramo. A questi chiese di mandarlo da lui con il dito, intinto nell'acqua, per rinfrescargli la lingua, arsa di sete. Il patriarca gli ricordò che i due mondi erano incomunicabili, ed era ormai tempo di alternanza: Lazzaro in vita aveva avuto i suoi mali e ora, da morto, era felice, mentre il ricco, disattento ai bisogni del povero, pativa per quanto aveva meritato.  Rassegnato, tornò a supplicarlo di inviarlo almeno ai suoi cinque fratelli per convincerli a cambiare vita, e non rischiare la stessa sua condanna. "Hanno le Scritture!", gli rispose Abramo. Ma quello insistette perché lo mandasse lo stesso ad ammonirli. 
"Se non si convertono per le Scritture, neppure  se risuscitano i morti". Fu sentenza di Abramo, definitiva e senz'appello.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 19 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Migliore investimento



L'amministratore fu arguto, 
quando seppe che risaputo
era il suo imbroglio. 
Per superar lo scoglio
se licenziato
senza un futuro assicurato, 
fece ai debitori del padrone
ampi sconti sulla provvigione. 
Il Signore lodò  l'impiegato,
lamentando di non aver trovato, 
stessa arguzia nei figli della luce. 
La ricchezza se
si vuol, conduce
alla dimora eterna
quando è paterna
la cura ai bisognosi
che per la salvezza saranno operosi.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXV del tempo ordinario (anno C): Luca 16, 1-13

1 Diceva anche ai discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3 L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8 Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
11 Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13 Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».

Il denaro quando diventa "idolo", fa da padrone e si oppone come "mammona" a Dio. 
Sul come impiegarlo utilmente, senza restarne schiavi, Gesù dà consigli. Per lui dichiaratamente la ricchezza è sempre disonesta. Il Vangelo, con una parabola, offre opportunità di riscatto. Un ricco proprietario seppe della disonestà del suo amministratore. Lo intendeva licenziare, ma il reo si fece scaltro abbuonando ai debitori del padrone parte di quanto essi gli dovevano. A chi "cento barili d'olio", fece scrivere "cinquanta", e a chi "cento staia di grano", "ottanta". Le cifre sono  considerevoli, talmente che gli abbuonati se ne dovranno ricordare quando egli verrà licenziato. Si dichiarava infatti "inetto a zappare", o "si vergognava a mendicare". La sua speranza era di avere un futuro nelle loro aziende. I soldi provenivano dalla sua provvigione, facendo così un investimento. Per questo il Signore ("Kyrios"), lo elogiò: "I figli delle tenebre sono più lungimiranti di quelli della luce". 
Favorire i poveri, per Gesù, è dunque l'investimento più sicuro per la vita eterna.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 12 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Ha mandato il figlio per salvare



Gesù, giunto a foce, 
parlasti della croce
a Nicodemo, 
apparso scemo
da non capire. 
A lui facesti udire
che Mosè l'avea innalzata nel deserto, 
qual dono offerto
a chi dal serpente morso, 
e stesso occorso
sarebbe a chi al Figlio, in Croce alzato, 
avesse fede dato
e, con certezza, 
guadagnato 
avrebbe la salvezza. 
Perché al mondo amato
suo figlio, Dio ha mandato
non già per condannarlo
ma solo per salvarlo. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Esaltazione della Croce (domenica XXIV del tempo ordinario, anno C): Giovanni 3, 13-17

13
 Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. 14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Nicodemo davanti a Gesù per interrogarlo. Visitatore notturno e capo fariseo riformista. Lo aveva ammirato nel tempio, mentre cacciava i venditori. Pensò a lui come all'uomo che cercava, o magari al "Messia figlio di David", dal momento che "nessuno avrebbe potuto fare le cose che faceva, se Dio non fosse stato con lui". Venuto dunque per sedurlo, ma Gesù non si lasciò incantare. Il ruolo, che gli prospettava il fariseo, era da "riformatore della Legge di Mosè". Non lo riguardava, perciò Gesù raffreddò gli entusiasmi dell'interlocutore, con la controproposta: "devi rinascere, se vuoi vedere il Regno di Dio". Non era rinascita biologica, ma "in acqua e Spirito Santo". Nicodemo ammutolì e Gesù gli parlò di "cielo". La sua sfera, che né Nicodemo né Mosè avevano considerato. Da quella era disceso e vi sarebbe risalito, non da solo  ma con gli uomini per  la salvezza dei quali da Figlio unigenito, "per amore Dio lo aveva mandato". Ragionò della sua crocifissione, e per spiegarne il valore salvifico, la confrontò con l'innalzamento del "serpente di bronzo"  ad opera di Mosè, a beneficio dei morsicati dalle aspidi nel deserto. Il tema, familiare a Nicodemo, servì a Gesù per parlargli di se stesso che, innalzato sulla croce, avrebbe dato la vita eterna a coloro che, con fede, l'avessero guardato. Era la proposta di Dio: "il Figlio unigenito, mandato per salvare e non per giudicare il mondo".

Fra' Domenico Spatola 


sabato 6 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Amore previggente



Amare te, Signore,
è scelta dell'amore
dove l'altro
non da scaltro
va usato, ma amato.
Questa misura hai dato
con la scelta di servire
per non finire
la vita in fallimento.
Tuo sentimento
è come seguirti
e, nel servirti
nei fratelli, 
togliere altrui fardelli.
La previggenza
fa di tua previdenza
ciò che sapienza detta
al cuore
fonte dell'amore.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXIII del tempo ordinario (anno C): Luca 14, 25-33

25 Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: 26 «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: 30 Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. 33 Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Sulla via per Gerusalemme, la  folla numerosa continuava a seguire Gesù, illusa che, da Messia, egli avrebbe ribaltato le sorti del potere e, divenuto re, avrebbe diviso con i seguaci il bottino. Gesù la disilluse, dettando tre condizioni per seguirlo. Il ripudio dei legami di parentela, il rifiuto della società nei loro confronti, come con il condannato nel momento di sollevare la croce e infine la rinuncia dei beni.
Clausole severe,  su cui Gesù invitò a riflettere con due mini-parabole. Un costruttore, prima di innalzare una torre, deve esaminare se ha mezzi sufficienti per completarla, altrimenti si coprirebbe di ridicolo. Stessa logica nel caso del re che affrontasse con diecimila soldati, chi gli viene contro con ventimila. Si premurerebbe a trovare l'accordo, per non lasciarsi annientare. 
In conclusione, per seguire Gesù necessitano dunque consapevolezza e coerenza.

Fra' Domenico Spatola