Lo trovai in tuo campo,
Signore e, a lampo,
vendetti tutto
l'annoso mio frutto,
e l'acquistai felice.
Lo stesso ora dice
il mercante di perla,
che cercò per averla.
La trovò di valore
e conquistò il tuo amore.
Volli emigrare, lontano, tra stelle, e guardare da quelle la terra vitale: la vidi sbocciare, qual rosa a dolore... e compresi l'amore. - Fra Domenico Spatola.
Per obbligare la folla a guardare il mare, che nel Vangelo rappresentava l'apertura ai pagani, Gesù, dalla barca ormai "Comunità in missione", seduto perché Maestro, dettò le dinamiche della Parola che suscita la fede, come si trattasse di un seme gettato nella terra. Il metodo di seminagione palestinese aiuta la comprensione della parabola. L'aratura avveniva dopo la seminagione e la terra successivamente mescolata al seme. Preventivamente si tracciava una strada, condizionando il seme in essa caduto, a rimanere all'affaccio preda degli uccelli. L'altro ostacolo alla fioritura era dato dal terreno pietroso, dove il seme non metteva radici, o dai rovi che ne assorbivano l'umore. Quello infine caduto sul buon terreno, portava frutti in percentuali variabili e progressive del trenta, del sessanta o del cento per uno. I discepoli tuttavia lamentarono che il Maestro parlasse alla gente in parabole. Ma egli rivendicò quello stile che meglio obbligava l'ascoltatore a trarre da se stesso le conclusioni, come fa colui che si guarda allo specchio. D'altronde il profeta Isaia, sette secoli prima, aveva definito un popolo che non vuole né ascoltare né vedere "insensibile di cuore". A incoraggiare i discepoli li dichiarò "beati", per la sorte loro toccata di potere vedere e ascoltare ciò che altri, profeti e giusti, in passato avevano desiderato invano di vedere o di udire. Gesù, per loro, interpretò la parabola, chiarendo la metafora degli impedimenti e delle facilitazioni con cui il seme, che, come la Parola, è destinato ad attecchire e produrre abbondante frutto.
Fra' Domenico Spatola
Gesù si era lamentato con le città della Galilea (Corazin, Betsaida...) che, dominate dalla sinagoga e dalla dottrina degli scribi, non lo avevano accolto, mentre elogiava quanti avevano compreso Dio come Amore, idea sconosciuta dai cultori della Legge. Questi infatti si relazionavano con le persone sulla base di un codice, perciò non potevano comprendere il Dio che, come Padre, ama e difende le proprie creature. Per Gesù il criterio per interpretare Dio e la sua Parola è dunque il bene delle persone. I semplici ("piccoli") sono perciò la ragione del suo ringraziamento al Padre. Essi non hanno difficoltà ad accogliere il suo amore, perché ne hanno bisogno. Il vangelo di Matteo, fin dall'inizio, aveva presentato Dio come "Emmanuele" ("Dio con noi") e perciò non va cercato, ma accolto per andare con lui e come lui, verso l'umanità. Per svelare il Padre, Gesù toglie l'ostacolo che l'impediva e cioè la Legge e, a criterio per accoglierlo e conoscere il Padre, offre il bene dell'uomo. Prende distanza dai dotti e sapienti, che avevano fatto della Legge la propria convenienza per dominare il popolo, e si rivolge agli oppressi, invitandoli teneramente a venire da lui. "Giogo" era detta la Legge, Gesù la sostituisce con il suo modello che dà ristoro e fa riposare dalla fatica. La dottrina degli Scribi era stata fallimentare perché aveva causato nel popolo spaventosi sensi di colpa, impedendo di sperimentare l'amore del Padre. "Prendere dunque il giogo" offerto da Gesù significa mettersi al suo fianco, tra gli ultimi, e orientare la propria vita verso gli altri. Nessuna regola da osservare, che non sia l'amore. Gesù chiede accoglienza per fondersi con l'uomo in identica capacità d'amore.
Fra' Domenico Spatola
L'obbedienza al potere, fondamento di tutti precedenti sistemi autoritari, lasciava rachitici. Non faceva crescere la persona. Gesù era venuto per indicare che basilare è l'amore il quale si fa accoglienza. A tale annuncio, la Società si ritenne minacciata, nelle sue convenienze. Si ribellò, con la persecuzione. Da qui le richieste di Gesù. Ai figli perché si liberassero dai "legami" che bloccavano la loro crescita. Altrettanto invito rivolto ai genitori, perché non fossero oppressivi o troppo protettivi. Gesù voleva favorire la libertà delle persone. La società lo accusò di anarchia, per il sovvertimento di quelli che erano ritenuti i valori tradizionali: Dio, patria e famiglia. Il rifiuto si faceva cruento e, a rimedio, Gesù ripeteva ai suoi di "portare la croce". Accorato appello per la sua novità: l'amore, a proposta di vita senza limiti. Pensando infatti al bene per gli altri, come nella "prima beatitudine", ognuno realizza se stesso. "Portare la croce" equivaleva, in modo originale, a nuova manifestazione di Dio, e non, come era ritenuto dalla Legge, alla sua "maledizione" . L'amore comporta ospitalità, anche con l'offerta di un bicchiere d'acqua, che in Palestina è vitale, a chi era ritenuto "minimo" nella scala sociale. La ricompensa per lui sarebbe stata sorprendente e "spropositata": avrebbe ospitato Gesù stesso e il Padre suo. Veniva liberato il cuore da Dio che non assorbe l'uomo ma lo potenzia e non lo lega, ma lo potenzia per andare, con lui e come lui, verso l'umanità.
Fra' Domenico Spatola