Fui ad Auschwitz. Vi andai da curioso: vedere e sapere. Pulita si presentava e ordinata, quella che era stata prima una caserma di polizia. Poi luogo dell'inferno. Fotografie di persone e cose calamitarono da subito la mia attenzione. M'attardai a guardare e persi il mio gruppo. Ricordo la guida: anziana signora, dai lineamenti contratti e vestiti dimessi, notai le sue lacrime per tutto il tragitto, ma non le chiesi, a pudore. "Non era mestiere - diceva - il suo, ma passione". Interrogavo le foto a costello dei corridoi adattati a turisti. A occhi sbarrati a paura, chiedevo "perché?" Neanche i cimeli, in mucchi abnormi di scarpe e sandaletti d'ogni misura, e occhiali, e arruffati capelli... e tutto selezionato, mi distrassero dalle foto.
Birchenau, a tre kilometri, era però il luogo dell'orrore, visibile nei forni diroccati a metà, da chi non fece in tempo a cancellarne il totale ricordo. Stetti in silenzio. Evasi nei pensieri. Sentivo sbuffare il treno e gli assordanti portelloni sferragliati a vomitare carne da bruciare oppure prima a marcire nel disonore di chi tolto avea pudore e dignità. Vidi la nube di fumo che dalla canna sputava cenere che mi piovve a umiliazione per l'umanità. Eppure mi parve vederla pulsare, e a risposta gridare sua libertà!
Birchenau, a tre kilometri, era però il luogo dell'orrore, visibile nei forni diroccati a metà, da chi non fece in tempo a cancellarne il totale ricordo. Stetti in silenzio. Evasi nei pensieri. Sentivo sbuffare il treno e gli assordanti portelloni sferragliati a vomitare carne da bruciare oppure prima a marcire nel disonore di chi tolto avea pudore e dignità. Vidi la nube di fumo che dalla canna sputava cenere che mi piovve a umiliazione per l'umanità. Eppure mi parve vederla pulsare, e a risposta gridare sua libertà!
Fra' Domenico Spatola
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