venerdì 15 settembre 2023

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXIV domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 18, 21-35

 
21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

Nel diciottesimo capitolo, Matteo impernia il Vangelo sul perdono. Necessario per ricomporre i dissidi tra i membri della Comunità. Dopo il triplice confronto con il fratello che sbaglia, ma senza riuscire a convincerlo, bisogna amarlo unilateralmente , come faceva Gesù con i pubblicani e i peccatori. Pietro non fu d'accordo. Esibì il tariffario degli scribi, per chiedere a Gesù regole certe e limiti al perdono. "Sette volte?" fu la sua proposta. Convinto di avere esagerato, avendo raddoppiato la cifra dei rabbini, i quali non andavano oltre "tre volte". Ma Gesù preferì il proprio tariffario: perdonare "settanta volte sette". 
La formula era nota agli antichi, come odio senza misura di Lamek, il discendente di Caino, che pretendeva per la sua morte eterna vendetta. Con la parabola, Gesù distingue tra giustizia e compassione. Il re (Dio) condona al funzionario  ("servo") lo spaventoso debito di diecimila talenti, pari a trenta tonnellate d'oro. Mentre la giustizia dell'epoca gli avrebbe consentito di farlo schiavo fino ad estinzione del debito. Ma ci sarebbero voluti 164 mila anni. Prevalse in lui la compassione e gli condonò tutto. Altrettanto tuttavia non farà il servo "graziato" con il compagno che gli doveva cento denari, pari a tre mesi di stipendio. Si avvalse dei diritti che gli consentiva la Legge e lo fece carcerare senza pietà. "Servo maligno" lo apostrofò il re, perché non era stato capace di dare una minima parte di quanto aveva ricevuto. Il "liberaci dal maligno", nella preghiera del Signore, vuole liberarci da chi non conosce il perdono, perché quello di Dio si visibilizza solo nel perdono fraterno.

Fra' Domenico Spatola 
(Nella foto: dipinto di Rembrandt)

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