Nel capitolo 20 del suo
Vangelo, Luca presenta Gesù al centro di una serie di attacchi concentrici da
parte dei suoi avversari di sempre che, per timore di perdere i vantaggi e i
privilegi che si erano ricavati strumentalizzando la religione, con la convenienza
di chi faceva apparire la gente sempre impura e bisognosa di costanti e gravosi
sacrifici di purificazione nel Tempio, da cui essi soli traevano benefici,
volevano eliminare Gesù ritenuto pericoloso, perché insegnava l’amore del Padre
preoccupato solo della felicità degli uomini e della loro crescita in pienezza
di vita.
Quindi non un Dio giudice,
implacabile e severo, ma un papà che accompagna i propri figli nella crescita,
senza considerare le loro colpe. Questo per la Istituzione costituiva un
attentato alla sopravvivenza; pertanto fate
fuori Gesù divenne la loro prima preoccupazione.
Dopo i sommi sacerdoti,
gli scribi e gli anziani, ora è la volta dei Sadducei che nel Sinedrio, il massimo organo legislativo
giudiziario, costituivano l’elemento conservatore. Erano ricchi proprietari terrieri
e traevano il nome dal sacerdote Sadoc, che consacrò re, al posto del defunto
re David, il figlio Salomone.
L’accettazione dei libri
scritti dai Profeti era per loro problematica, perché parlavano di ricchezza
ingiusta e di conseguente povertà. Bastavano quindi i cinque libri di Mosè,
ossia la Legge (Torah). Loro distintivo era di non credere nella risurrezione finale
dei giusti, come descritto dal profeta Daniele.
Presentavano a Gesù un caso
macabro, ispirato probabilmente dal libro di Tobia, di una certa Sara che
sposata ben sette volte, rimaneva vedova la prima notte di nozze.
La domanda a Gesù era: “una
donna che aveva, per questa ragione, sposato in successione tutti e sette i
fratelli, nella risurrezione finale di chi sarebbe stata moglie?”
Nella Legge di Mosè era
contemplato il “levirato” (levir significa cognato). Per dare una discendenza
al defunto rimasto senza prole, il cognato doveva sposare la vedova e l’eventuale
nascituro andava considerato a tutti gli effetti suo figlio.
C’è un pregiudizio di
fondo, che Gesù dissipa. La risurrezione finale era immaginata come se si
ritornasse a rivivere sulla terra la stessa esperienza di prima.
- No! – dice Gesù – con la
morte la vita continua, ma trasformata. I morti saranno come gli angeli che,
generati da Dio, ne condividono una vita che non muore.
A quel punto aggiunse un’ulteriore
lezione ai Sadducei, che non credevano nella vita eterna: la morte non può
scalfire, anzi consente il raggiungimento in pienezza.
Si rifà alla risposta
con cui Dio, rivelandosi a Mosè, definisce il “Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe”, personaggi che la tradizione riteneva vissuti secoli prima; allora
la conclusione è positiva e tutta in favore della vita:
“Dio è Dio dei vivi, non
dei morti”.
Fra' Domenico Spatola
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