La "circoncisione" era, fin dalla notte dei tempi, il segno igienico-sanitario dei Semiti, divenuto segno religioso di appartenenza alla discendenza d'Abramo. Questi ne conobbe la pratica solo quando giunse in Palestina, e lo interpretò a rito della Alleanza con "El-Eloim" ("Dio degli dèi"), da cui era stato chiamato a uscire da Ur dei Caldei, la "terra tra i Fiumi" ("Mesopotamia").
Quel rito marcò la "terza Alleanza", dopo le precedenti stipulate da Dio con Adamo e Noè. La "Quarta" sarebbe stata quella con Mosè, cui Iahvè consegnerà la Legge. Gesù è israelita e, secondo i genitori, deve portare inciso nella carne quel segno. Pacificamente il primissimo Cristianesimo, dove i membri provenivano dell'ebraismo o già convertiti a quella religione ("proseliti"), accettò la convivenza della circoncisione ebraica con il battesimo cristiano. Quando però il Vangelo spiccò il volo tra i pagani, e ciò soprattutto per merito dell'apostolo Paolo, il quesito increscioso era se la circoncisione andava imposta ai nuovi adepti, tutti provenienti dal paganesimo. "Quelli di Gerusalemme" contestarono inizialmente Paolo che la riteneva superata, ma si arresero successivamente (Concilio di Gerusalemme). I Giudeo-cristiani, folto gruppo di tradizionalisti ancora legati a Mosè e alla Toràh (Legge), preferirono lo scisma né mai perdoneranno a Paolo il disprezzo di aver chiamato "mutilazione" ("kekatomè"), il simbolo per loro qualificante: la "circoncisione"
("peritomé"). Radicale infatti fu Paolo nel distacco dal Vecchio, forte dell'idea che nel Nuovo Patto, "in Cristo non c'è né Ebreo né Greco, né schiavo né libero, ma in lui tutti siamo creature nuove".
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Rubens
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