Marco 7:14-15
14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: 15 non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».
Marco 7:21-23
21 Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, 22 adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».
La "Torah" e il "Talmud" erano due forme diverse e complementari della Legge di Mosè. La prima fu scritta e la seconda tramandata oralmente. Concordavano, con criteri severi, nella distinzione tra il "puro" e l' "impuro". Il Deuteronomio l'estendeva anche alle persone e "impuri", come scomunicati, venivano ritenuti i pagani e i peccatori. Gesù contestava tale ideologia, perché non voluta da Dio, ma dal sistema che contrabbandava "come volere divino, la tradizione degli uomini". Gli scribi e i farisei si erano scomodati da Gerusalemme per condannare i discepoli di Gesù, che accusavano di prendere cibo senza "l'abluzione delle mani". Rappresentavano l'alta corte di giustizia. Era pervenuta ai loro orecchi la notizia che i discepoli avevano distribuito pane e pesci a cinquemila uomini senza le necessarie "abluzioni". Gesù prese la palla al balzo, e chiarì definitivamente alla folla i criteri "del puro e dell'impuro". Non esiste cibo, fuori dall'uomo, che possa renderlo impuro, dicendo che vera fonte d'impurità è il cuore da dove provengono i cattivi pensieri, gli omicidi, le maldicenze e tutte le cattiverie. Avere dichiarato che "nessun cibo è impuro" cancellava parte dei libri di Mosè. Temerario e colpevole fu perciò ritenuto il suo attacco e passibile di morte. Ma Gesù riparò all'estero, e scansò la morte, almeno quella volta.
Fra' Domenico Spatola
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