venerdì 3 novembre 2023

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario (anno A). Matteo 23, 1-12

1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2 «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. 4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7 e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11 Il più grande tra voi sia vostro servo; 12 chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

La diatriba si fece dura, fino alla polemica accesa. Gesù chiedeva ai discepoli di non lasciarsi impressionare dalla dottrina ("lievito") di scribi e farisei. I loro insegnamenti non facevano il bene del popolo. Erano "pesanti fardelli" imposti inutilmente da chi quei pesi non si preoccupava di sfiorarli con un dito. "Precetti di uomini",  li definì e perciò nocivi ai più. Il Dio presentato dagli "pseudo teologi" era costruito a loro immagine, come proiezione della loro bulimia di potere. Sottomettevano in tal modo la gente con spaventosi sensi di colpa, per peccati verso un dio che era l'opposto del Padre di cui parlava Gesù. Puntò il dito contro di loro, per essersi  seduti sulla cattedra di Mosè, millantando di parlare in suo nome. Contrabbandavano infatti le loro ideologie, come volute da Dio, e spesso tutte contro l'uomo e la sua felicità. Negavano soddisfazione ai suoi bisogni più legittimi ed elementari. L'ambizione e l'orgoglio, come la convenienza, erano all'origine di ogni loro scelta. Occupavano i primi posti, appannaggio nei banchetti per essere meglio serviti e, nelle sinagoghe, per distanziarsi dalla gente, pretendevano con spocchiosa esibizione, i seggi più alti, obbligando la gente a sistemarsi ai loro piedi. Ma i discepoli di Gesù non dovevano cadere in queste trappole, per cui andavano evitati i titoli all'origine della disuguaglianza tra fratelli. Il titolo "Padre" andava riservato esclusivamente a Dio e quello di "Maestro", al Cristo, perché guida nella "diakonia", ossia nel "servizio per amore".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Rembrandt

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