venerdì 30 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: "Tutto è puro".



Dei farisei, la purità
era sol formalità,
per il cuore inquinato, 
da Gesù, lor denunciato. 
"Perché lavare il fuori, 
se è dai cuori
l'idea malvagia?
Tu la volevi saggia
alla tua scuola, 
ove verità detta tua Parola.
Venuti da lontano, 
puntarono della mano
l'avverso dito contro te, 
i farisei, che da sé, 
arrogavano il giudizio
a loro sfizio. 
Ma tu loro dicesti: che "ciò che entra è puro", 
e per lor fu siluro
l'idea che non inquina 
ciò che va in latrina,
ma quel che, dal cuore, 
esce senza pudore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXII del tempo ordinario (anno "B) Mc 7,1-8.14-15.21-23

1
 Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. 2 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate - 3 i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, 4 e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». 6 Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
7 Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 
Marco 7:14-15
14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: 15 non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».
Marco 7:21-23
21 Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, 22 adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».

Aveva parlato di vita, e spuntarono i nemici della vita. Scomodatisi direttamente da Gerusalemme, la santa Sede di Israele, perché Gesù aveva condiviso i pani (figura della Eucaristia) e la gente li aveva presi "con mani impure", cioè non lavate. La libertà offerta da Gesù scandalizzava infatti gli scribi e i farisei e tutto il gotha religioso. Accusavano inoltre i discepoli di Gesù di non osservare la "tradizione degli antichi", ossia i precetti "sul puro e sull' impuro", trasmessi dal Talmud, la Legge non scritta e lasciata oralmente da Mosè per essere  interpretata dai dottori. Con l'accusa di "ipocriti", Gesù li denunciava  "commedianti", perché pretendevano di apparire quali non erano, mistificando anche il "sacro" per il proprio tornaconto. Gesù applicò loro un testo inesorabile di Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me" (Is 29,13). Il cuore (equivalente a ciò che per noi è il cervello) era all'origine dei pensieri e Gesù prese di mira quelli che escono e inquinano l'uomo: come gli omicidi e tutte le altre nefandezze e intemperanze. Duro inoltre il suo rimprovero per il loro culto che gli avversari esercitavano senza fede e solo di facciata. L'affondo più grave fu tuttavia per le loro dottrine, da essi millantate come "divine" mentre per Gesù erano soltanto "precetti umani". Il suo severo giudizio squalificava in tal modo il Levitico, il libro di Mosè da loro preferito perché, per la maggior parte, argomentava sul tema del "puro e impuro", che serviva a loro per discriminare e condannare persone e cose. "Non c'è nulla al di fuori dell'uomo che, entrando in lui, lo possa rendere impuro". Fu la sua sentenza. Dopo avere criticato la legge orale (Talmud) fatta di "precetti di uomini", si rendeva ai loro occhi colpevole di criticare anche quella scritta (la Toràh). Dichiarò infatti "puri tutti gli alimenti".  La condanna prevista per uno "spergiuro" come Gesù era la morte, ed egli perciò  fuggì in terra pagana, per non venire ucciso anzitempo.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 23 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: Signore, dove andremo?


Per la fede non matura, 
ai discepoli fu dura
tua parola, 
allettati da altra scuola.
Tu, sorpreso perché ottusi, 
li vedesti più confusi
e non credenti, 
e annoverasti tra i perdenti
chi t'avrebbe anche tradito. 
Riproponesti ancora a rito, 
quel che per tutti era l'invito:
"Se del Padre accettate amore, 
venite a me senza timore!". 
Molti seguaci, 
non audaci, 
preferirono sfuggirti 
per non seguirti
ma a quelli stretti tra i tuoi:
"Volete - dicesti - andar via anche voi?". 
Per i Dodici parlò Pietro:
"Non vogliamo tornare indietro. 
Le tue parole son di vita, 
e nostra scelta è già acquisita".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo di domenica XXI del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 60-69

60
 Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». 61 Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63 È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. 64 Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65 E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
66 Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
67 Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». 68 Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; 69 noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Il discorso di Cafàrnao si concluse in modo fallimentare. L'uditorio restò deluso e mormorava. I capi dei Giudei videro il pericolo, perché Gesù rivoluzionava il rapporto con Dio. Gli stessi discepoli lo abbandoneranno.
"Parola dura"  ("scleròs") definirono il discorso. Gesù fu ritenuto insolente e offensivo, perché aveva criticato il libro dell'Esodo per il fallimento: "I fuoriusciti dall'Egitto, al tempo di Mosè, erano tutti morti nel deserto!".  Inaccettabile inoltre l'invito a "farsi pane di vita per gli altri". Israele non era fatto per sottostare ma per comandare. Il suo discorso era dunque inascoltabile! 
Anche i discepoli tuttavia restarono perplessi, come i Giudei. Gesù si rivolse a loro, per convincerli in extremis: "Questo vi scandalizza?". Tale verbo verrà usato dall'evangelista (cfr Gv cap. XVI) per descrivere la loro reazione all'annuncio della sua passione e morte. Era la morte del Messia che avrebbe scandalizzato, perché interpretata come la fine di tutto e discesa irreversibile nello "Sheòl", il regno dei morti. Ma Gesù aveva aperto già nuovi orizzonti con esiti di vita piena: "il Figlio dell'uomo sarebbe salito dov'era prima". Il suo "pane" era stato identificato come "carne", ma ora Gesù precisava che "lo Spirito dà la vita, e la carne senza di esso, non giova a nulla".  Non bastava perciò "mangiare il pane (Eucaristia), era conseguente farsi pane per gli altri". 
Venivano sprigionate le energie vitali con l'eucaristia in dinamismo d'amore". Alcuni discepoli si rattristarono intenzionati a lasciarlo, non avevano infatti ancora dato a lui adesione radicale, e lo seguivano solo per convenienza. Ma Gesù conosceva loro e il traditore che lo avrebbe consegnato. Confidava tuttavia nell'iniziativa  del Padre, il solo che può accendere il desiderio della vita piena. La tristezza accorò per l'abbandono di molti discepoli. Ma Gesù, per recuperarli, non volle cambiare il progetto che era dell'amore del Padre. Sollecitò anche i Dodici rimasti, ad andarsene. Ma Pietro, per tutti, rispose che non sapeva dove andare lontano da lui: Gesù è il Santo di Dio e il solo con parole di vita eterna.

Fra' Domenico Spatola

sabato 17 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: Il pane vivo, sceso dal cielo...



Gesù, eri tu il pane vivo, 
mentre retrivo
fu il cuor degli uditori. 
Mormoratori, 
non vollero il tuo pane, 
preferendo cose vane, 
opposte e alterne
a quelle eterne
di tua salvezza. 
Con amarezza
udisti il lor lamento
per l'altro nutrimento. 
Ma insistevi ch'è la tua carne da mangiare
e il tuo sangue per inebriare. 
Sol così la vita 
sarà infinita
e data a profusione
nel giorno di risurrezione 
La manna, come poi si seppe, 
non vietò ai padri la morte nelle steppe. 
Mentre, squarciato il velo, 
il pane scese dal
cielo 
per dar vita paterna,
piena ed eterna.

Fra' Domenico Spatola 

Commento al Vangelo della XX domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 51-58

 
51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52 Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Delusa rimase la folla, perché Gesù aveva rinunciato ad essere il suo re. Preoccupate furono le autorità religiose perché Gesù instaurava una nuova relazione con Dio: diversa e destabilizzante da quella da loro imposta al popolo. Anche i discepoli alla fine lo abbandoneranno. Gesù aveva rivendicato la propria identità divina. "Io sono" era il nome di Iahvè. Aveva esplicitato la sua missione di "Pane vivo" che fa superare la morte. Ne indicava l'origine divina e non spaziale, dichiarandolo "disceso dal Cielo". Per comunicare lo Spirito Santo, che è la vita eterna, la condizione unica era mangiare la sua "Carne, data per la vita del mondo".  Rivoluzionato era il concetto di Dio. Non più colui cui si devono offrire sacrifici, perché egli si offre attraverso la sua Umanità. Tale copovolgimento
allarmò i Giudei: "Come può Costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù insistette invitando a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue.  Aveva anticipato il Battista, quando presentando ai discepoli Gesù, nell'incipit del Quarto Vangelo, lo dichiarò "Agnello di Dio". Evocava con quella immagine l'esodo per la libertà d'Israele del tempo di Mosè. Ora lo superava perché la carne mangiata oltre che aiutare nel cammino, e il sangue oltre che liberare dalla morte eterna, produrrano con Gesù intimità osmotica, fondendosi con lui per dilatare la propria capacità di amare. L'affondo finale lo riservò a chi confidava ancora nella manna. Quella non fu cibo dal cielo, perché i padri che la mangiarono, morirono tutti nel deserto.

Fra' Domenico Spatola

martedì 13 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: Maria entrò nel Gaudio...

Gesù, accogliesti tra tue braccia
Colei di cui la faccia
per prima conoscesti, 
perché da lei avesti
latte e amore
e, materno suo dolore
ti accompagnò fino alla croce. 
Or che tua voce
invito a lei rivolge,
essa ci coinvolge:
"Vieni, eletta dal Padre, 
per essere la madre
di me suo Figlio. 
Il mortal ciglio, 
ormai hai valicato, 
entra nel gaudio meritato!". 
Essa, col cuore adorno di gigli e rose, 
a te pronta rispose:
"Non entrerò da sola, 
perché la tua Parola
mi fece madre dell'umanità".  
Entrò  in rinnovata maternità. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Solennità della Assunzione di Maria in corpo e anima in cielo: Luca 1,39-56

 
39 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
46 Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48 perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
50 di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono
si stende su quelli che lo temono
si stende su quelli che lo temono.
51 Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri
ha disperso i superbi nei pensieri
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52 ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53 ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
54 Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia
ricordandosi della sua misericordia
ricordandosi della sua misericordia,
55 come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla
ad Abramo e alla
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre».
56 Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Sapeva Maria di Elisabetta, la parente lontana che, da sei mesi, aspettava un bimbo. L'angelo gliene aveva parlato come di un caso irrisolvibile, e portato a prova che "Nulla è impossibile a Dio". Si alzò in tutta fretta per recarsi in Giudea. La via  doveva essere la più veloce, anche se più pericolosa, attraverso la Samaria. Intrepida e premurosa, a emulare le grandi donne dell'antico Testamento. Entrata nella casa di Zaccarìa, il suo saluto fu esclusivo per Elisabetta. Trasmetteva lo Spirito Santo a chi aveva creduto come lei.  Zaccaria era sordo per la sua incredulità. Il saluto di Maria fece invece sussultare il bambino nel grembo  di Elisabetta, che, colmata di Spirito Santo, la esaltò "corifea di tutte le donne da lei riscattate". Geniale Luca fa rivivere l'incontro delle madri, attraverso il racconto del re Davide "danzante davanti all'Arca", il luogo più santo, perché accogliente la presenza di Dio.  Maria dunque  "nuova Arca" al cui cospetto danza Giovanni, il profeta che ha riconosciuto Gesù, dal grembo della madre. L'elogio di Elisabetta per Maria fu il più vero: "Beata te che hai creduto!" e il "Magnificat" della Vergine fu la risposta al Signore che "aveva fatto in lei grandi cose". L'intero inno porta i verbi di vittoria degli umili e dei prostrati ("anawim") che verranno innalzati, mentre i ricchi e gli oppressori ribaltati dai troni. Il cantico della Vergine anticipava il Vangelo del Figlio che restituirà, all'uomo umiliato, la dignità divina sulla Croce e  sarà il giudizio sulla Storia.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 10 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: "Il Pane... è la mia Carne! "

Ricusarono il tuo pane, 
altre cose dichiararon sane.
Criticavan tue radici
e, di tuoi avi, si  riteneano amici. 
Agli occhi aveano il velo, 
né vedean te, sceso dal cielo.
L'invitasti a non mormorare, 
ma a credere e accettare
che il Padre t'avea mandato. 
Così avrebbe meritato
ognun la vita eterna, 
quella paterna. 
"Il Pane sono io", 
dicesti a chi in oblio
ti volea relegato, 
avendoti confrontato
con i loro antichi padri,
come con vecchi quadri. 
Ma tu di lor narrasti fine:
morti tutti nel confine 
del deserto, 
mentre di Pane, da te offerto, 
ch'è la tua Carne, 
il mondo non può farne
a meno, nel cammino,
guidato dallo Spirito divino.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XIX domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 41-51

41
 Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».
43 Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Tutti mormoravano contro Gesù. Era il verbo della idolatria. A rifiutare le sue parole saranno un po' tutti, folla e discepoli, ma soprattutto i capi. Li scontentava per la sua dichiarata "condizione divina". Aveva infatti detto: "Io sono il pane disceso dal cielo", dove "Io sono" lo identificava con "Iahvè", tetragramma divino. Per le autorità religiose assimilare  l'uomo a Dio, era bestemmia, malcelava tuttavia la furbata di mediare essi stessi la distanza. Provarono a delegittimarlo, riconducendo la  dichiarazione di "Figlio di Dio", alla più familiare condizione del "figlio di Giuseppe e di Maria". Gesù, tagliando corto, dettò il  criterio unico funzionale per riconoscerlo e accoglierlo. Necessario era identificare "Dio come Padre". Avrebbero compreso il Figlio che compiva le stesse opere a favore dell'umanità. Ma i capi giudei, che agivano come tanti politici nel mondo, miravano ai propri interessi. L'amore che invece comunicava Gesù era "eterno", perché veniva dal Padre, assicurando vita eterna, che la morte non può distruggere. Obiettarono  evocando i padri che avevano mangiato la manna nel deserto. Non perfezionarono tuttavia la frase, che Gesù si premurò, in dissenso, a completare: " e morirono!". Fu infatti il grande fallimento del l'esodo, e l'evocazione risultava scottante.  Gesù perciò ripropose l'offerta: "Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno". Fu anche un avvertimento, e aggiunse  che "quel Pane è la sua Carne".  In lui tutti i doni  divini infatti si manifestano nella debolezza della nostra umanità.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 2 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: Tu, pane di vita...

La folla delusa, 
si trovò confusa
nel non vederti.                            
Voleva offerti
stessi pani
che, con tue mani, 
Gesù, avevi spezzato.
Ma tu, contrariato, 
dicesti loro
che altro era il tesoro
che non Mosè avea dato, 
la sua manna infatti negato
avea la vita
che a tutti nel deserto era finita.
Proponesti perciò il tuo alimento, 
e dicesti che a portento
dava guerra a morte
e tu garantivi novella sorte
a chi mangia il tuo Pane:
ei non frane 
avrebbe visto in sua vita, 
perché l'avrà infinita.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XVIII domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 24-35

 24 Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. 25 Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
26 Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28 Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». 29 Gesù rispose: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato».
30 Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; 33 il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.

Divisi i pani alle cinquemila persone, la folla fu euforica. Aveva trovato il suo re. Equivocava e con lei anche i discepoli, che, al rifiuto di Gesù a lasciarsi incoronare, rimasero frustrati. Gesù infatti, per sfuggire alle loro lusinghe, si era rifugiato da solo sul monte, mentre i discepoli, dissociati, s'imbarcarono, per l'altra riva. La tempesta in mare, marcò la distanza. Gesù tuttavia li volle riconquistare nella notte, camminando sulle acque. A Cafarnao fu l'approdo. La folla lo raggiunse. Ma il cibo cercato era quello che perisce. Tale fu la denuncia di Gesù, il suo invito fu perciò a cercare il vero cibo, che può dare solo il Padre, perché è per la vita eterna. La folla obiettò che l'unico pane conosciuto era la manna, che Mosè aveva dato ai padri. "E morirono" concluse la loro  frase Gesù "perché non Mosè poteva dare il vero Pane, essendo quello esclusivo dono del Padre mio". A garanzia era la vita eterna che solo quel pane comunica. Parvero persuasi, e insistettero per averlo. Allora, fuori metafora, Gesù si dichiarò: "Io sono il pane della Vita, chi mangia di me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete". Immortalata fu la formula a consacrazione liturgica, in tutte le comunità giovannee.

Fra' Domenico Spatola