mercoledì 30 novembre 2016

Fra' Domenico Spatola: Conca d'Oro di Palermo.


 
Sagomati da vento,
monti a cornice
di Conca,
che alcova fu di Sultano,
dorata in aranci
a profumo di zagara,
or cemento
a costello
di case e percorsi:
ferite di spazi
di verde rubato
che l’anima, nostalgica
di splendore trascorso,
lamenta ricordo...

Fra' Domenico Spatola



Tratto dalla raccolta di poesie "In libertà d'amore..." di Fra' Domenico Spatola edita I Buoni Cugini editori.
Prezzo di copertina € 12,00
www.ibuonicuginieditori.it

venerdì 25 novembre 2016

Commento al Vangelo della Prima Domenica d'Avvento: Matteo 24, 37-44: "Vegliate perchè non sapete in quale giorno il Signore verrà".

Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.
 
Il "nuovo " ciclo liturgico (anno A) invita alla conversione. Il brano evangelico esordisce abbinando l'invito di Gesù al cambiamento rivolto a quelli della sua "generazione", alla fatica del mitico Noè, disatteso nel suo pressante quanto minaccioso invito a quanti si concentravano esclusivamente sui propri interessi, senza rendersi conto degli straordinari avvenimenti che incombevano. Per Noè si trattava dell'imminenza del "diluvio" che avrebbe sommerso, stando al racconto della Genesi, l'Umanità refrattaria alle sue urgenze. Gesù a quelli della sua generazione parla sia della fine del Tempio, il luogo più sacro della Istituzione ebraica, sia della stessa Gerusalemme, assassina perché "uccide i profeti". L'evento, che si poteva evitare se Israele avesse accolto il messaggio di amore e di perdono nei confronti dei nemici come aveva raccomandato il suo Vangelo, si avvererà quaranta anni dopo la crocifissione di Gesù. Nell'anno 70 dell'era vigente, le armate romane, sotto la guida di Tito che succederà al padre Vespasiano come imperatore, misero a ferro e fuoco la città "senza lasciare pietra su pietra". Quell'evento tuttavia viene dall'evangelista guardato con la positività di chi vi vede l'attuazione del progetto del Padre sulla crescita dell'Umanità. Ad una generazione che fallisce si sussegue quella nuova che apre all'ottimismo di un'era ricca di potenzialità per la crescita, che per l'evangelista Matteo si avvera attraverso le "Beatitudini", presenti già nella prima: che invita tutti a farsi "poveri", prendendo a progetto della propria vita il bene e la felicità degli altri.
Il messaggio è tanto sorprendente quanto caustico per quanti ubriachi di potere, perdono il senso della caducità senza mettere a frutto alcune potenzialità per essere veramente liberi e felici. Ciò viene ritenuto, da quanti si oppongono al Vangelo, un attentato alla propria convenienza e reagiscono con la persecuzione. Il brano evangelico si conclude con l'invito di Gesù alla "vigilanza", per non lasciarsi cogliere sprovveduti senza accorgersi del suo venire nella storia e nelle culture dei popoli, invitati perciò alla speranza.
 
Fra' Domenico Spatola.

giovedì 24 novembre 2016

Fra' Domenico Spatola finalista al XXVIII Premio Nazionale Letterario d'Arte e Cultura Giuseppe Gioachino Belli per la categoria: Poesia in lingua italiana.


 
La serata di Premiazione si svolgerà al 16 Dicembre 2016 alle ore 17.00 presso la Sala Protomoteca del Campidoglio in Roma.


Avvento... - Dalla raccolta di poesie "In libertà d'amore..."


L’Avvento ci concilia a ripresa
di canti d’attesa
e di preghiere molteplici
in gioia d’afflati copiosi
e d’affetto e tenerezza
a protezione del cuore,
felice d’incontri non procrastinabili da urgenza
del tempo abbreviato e da ansie e speranza.
Ogni anno l’Avvento atteggia seriosi
i pensieri del tempo che fugge,
e novelle consegna aperture di luce del Natale
del Dio Bambino per noi,
l’Emmanuele di sempre,
intravisto stupore
negli eventi disattesi dal cuore.






Fra' Domenico Spatola.
Tratta dalla raccolta di poesie: In libertà d'amore...
www.ibuonicuginieditori.it

 

Avvento, tempo di speranza e di impegno.

L'Avvento è un tempo di attesa. La Chiesa lo vive in quattro settimane: quelle che precedono il Natale di Gesù. Quattro perché, secondo i calcoli ebraici dell'antichità, erano immaginati i millenni dalla creazione dell'uomo. Nelle domeniche, che precedono il Natale, viene quindi ripercorso idealmente il cammino dell'Umanità che, nell'incarnazione del Verbo di Dio (Gesù) e nella Sua nascita raggiunge il vertice della creazione; l'uomo creato raggiunge in Gesù la sua condizione di pienezza nella qualità di "Figlio". Gesù, adottando per sé l'espressione di "Figlio dell'uomo", vuol sottolineare la somiglianza con il Padre resa possibile a tutti coloro che vogliono essere simili a Lui nella stessa condizione di amore e di servizio che Egli è venuto a realizzare.
L'Avvento dunque è tempo di speranza e di impegno per rivisitare il cuore alla luce del progetto di Dio su ciascuno di noi.
 
Fra' Domenico Spatola.
fradomenicospatola.blogspot.com
 

domenica 20 novembre 2016

Convegno "Fedi e Politica" - Autonomia responsabile o sotterranea connivenza?

 
 
Il convegno su "Fedi e Politica" tenutosi all'Hotel "Costa Verde" di Cefalù nei giorni 17-20 Novembre 2016 è stato fortemente voluto dal suo ideatore Nino Trentacoste. E' il sedicesimo convegno aperto a tutti e impegnato annualmente ad affrontare temi di attualità che riguardano principalmente il rapporto tra Cristiani, Chiesa e Mondo contemporaneo. Anche quest'anno il tema era di scottante attualità. La partecipazione di oltre trecento convegnisti venuti da ogni parte d'Italia ha riscosso un notevole successo anche per l'apporto dei relatori, specialisti nel settore.
Non sono mancate le presenze di due Vescovi, che hanno inaugurato il convegno con il loro saluto e l'assicurazione dell'impegno della Chiesa nel rapporto del cammino non sempre facile nel dialogo con il mondo e la sua politica. Saremo felici di poter dare in seguito ulteriori informazioni circa l'andamento e gli esiti di un evento di cui, a caldo, possiamo semplicemente definire con grande soddisfazione: "riuscito".
Grazie a tutti coloro che ne hanno reso possibile la fattibilità.

Fra' Domenico Spatola.

Nella foto: Fra' Domenico, relatore nei temi: Vino nuovo, otri vecchi - La persona umana di fronte ai "principi astratti" - Lo volevano fare RE.

venerdì 18 novembre 2016

Sorriso fu il suo Paradiso



Respiravi pesante,
Signore, sulla croce.
Sofferenze eran tante
e atroce il dolore
che sol
provocava assurdo furore
in chi ti irrideva a sua confusione,
non avendo compreso
quella tua passione
perché impotente gli appare
un re che sa solo amare.
Ma un delinquente
ti fu confidente
ha visto in Tua morte
altra sua sorte
e a ideale di fede
e con forza che crede
ti fece preghiera
per un posto a sera
di sua vita in tuo Regno
e chiedendoti un segno
che Tu gli donasti in sorriso
assicurandogli il Tuo Paradiso.

Fra' Domenico Spatola

Commento al Vangelo della XXXIV settimana: festa di Cristo re. Gesù gli disse: "Oggi sarai con me in Paradiso" (Lc 23, 35-43)

Montava la canea davanti al Crocifisso, voluto collocato in mezzo a due ladroni. Stessa sorte perché fosse Gesù accomunato ai due delinquenti.
Il Maestro aveva accusato i capi religiosi di essere ladri e banditi, vendetta dunque: appaia Lui accusato dello stesso reato di cui incolpava gli avversari. Il popolo, indicato dall'evangelista Luca con quel titolo che apparteneva a Israele "chiamato a salvezza" era lì a spiare, responsabile del suo "destino". I soldati irridevano nella bieca crudeltà cui erano abituati, un "sedicente" re impotente e ai loro occhi "da burla". I capi religiosi invece a sollecitare stessa volontà a riscatto di un messianismo in grado di esibire orgoglio e potere: "Scendi dalla croce e ti crederemo". Anche la scritta della condanna lo ritrae con sarcasmo: "Questo è il re dei Giudei".
Tutto congiurava contro di Lui, compreso in silenzio del suo ruolo di "Redentore". Fa rabbia tanta "passività" a uno dei crocifissi accanto a lui e lo sfida a salvarsi e salvare anche loro. Ma l'altro ha solo parole di compassione per Gesù innocente e Gli chiede un ricordo, quando avrebbero raggiunto il suo Regno.
La risposta fu immediata: "Oggi sarai con me in Paradiso".

Fra' Domenico Spatola
fradomenicospatola.blogspot.com

Nella foto: Dipinto di Tiziano.

giovedì 17 novembre 2016

Pensiero del giorno

Le emozioni sono come nuvole, che passano e lasciano il segno nell'anima come film su lenzuolo candido della memoria.

Fra' Domenico Spatola

mercoledì 16 novembre 2016

Fra' Domenico Spatola: A ogni mamma.


Ancor ricordo i vezzi tuoi
ad accudir sincera
ogni mia ansia:
aprivi il seno a inebriar
di latte, a nutrimento,
figlio di null’altro pago.
Sognasti trepida
di lui i percorsi incerti,
e, canuta, ti vedesti
a raccontare fiabe
e di dolore nenie a rimpianto
del grembo tuo sfiorito.
Curasti nostalgia mia
di bellezza
tanta, con cui da carne tua
al mondo venni e d’amarezza
allevi ancor ricordo
e bramosia infinita
a consolare amore
in mia
quotidiana vita.


 
Fra' Domenico Spatola.
Poesia tratta dalla raccolta: In libertà d'amore... Poesie.
Pagine 244 - Prezzo di copertina € 12,00.
www.ibuonicuginieditori.it
Nella foto: Tenero abbraccio di Emile Munier

Fra' Domenico Spatola: Preghiera.

Il nuovo giorno
è dono tuo, o Signore,
che ci avvolgi con nuovo calore,
e di pazienza ci fai confidenza
per sopportare difficoltà nella vita
che sempre ardita
s'apre al cammino
ma se vicino
mi sei a sostegno
mi sarà facile porre l'impegno
ad affrontare i mille problemi
futili a volte
ma spesso ancor seri.
Con tua mano che mi sostiene
mi sarà più facile
perché tutto andrà bene.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Mani che pregano di Albrecht Duerer.

Una mensa per i poveri al Centro S. Francesco, nei locali annessi alla parrocchia S. Maria della Pace (cappuccini) di Palermo ad opera di Fra' Domenico Spatola e dei volontari della Missione.







sabato 12 novembre 2016

Fra' Domenico Spatola: Attesa di festa.


Sabato del villaggio,
attesa del dì di festa,
d'età in fiore
ora in declino
nel cammino
in percorsi arditi:
antichi miti
in un domani
quando le mani
unite a fratellanza
saranno
festa di speranza.

Fra' Domenico Spatola.

Fra' Domenico Spatola: Trump nuovo presidente americano.

Inattesa per la maggioranza quella elezione, da molti paventata come una jattura non solo per l'America ma anche per il mondo intero, ha costretto il mondo ad una riflessione. Come è potuto accadere se tutti i sondaggi lo davano perdente? Tutti, ma non la rabbia di quegli Americani insofferenti agli sconvolgimenti prodotti da una globalizzazione che ha creato, senza più protezione, situazioni di disagio per i tanti impoveriti e insicuri per un futuro incerto e senza garanzie.
La campagna elettorale, scomposta nei modi e gridata senza rispetto contro l'avversario e quanti non la pensavano come lui, alla fine ha premiato il repubblicano indecente a volte agli occhi del suo stesso partito. Ora è lui l'inquilino della Casa Bianca e i governi dell'intero pianeta, comunque, dovranno avere a che fare con lui. Chi lo continua a denigrare anche dagli alti vertici deve arrendersi e tentare, nell'interesse del mondo, di dialogare con lui perché rappresenterà, per i prossimi quattro anni, un interlocutore ineludibile per le sorti dell'umanità.
Gli auguriamo perciò serenità nel giudizio, perché i toni della campagna elettorale non servono a lui né alla sua Nazione per rimanere baluardo di libertà e dei diritti fondamentali dell'uomo.
Auguri anche a noi.
 
Fra' Domenico Spatola.

Fra' Domenico Spatola: "Con la perseveranza salverete la vostra vita". Commento al Vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario.


Commento al
Vangelo di Luca 21, 5-19
della XXXIII domenica del tempo ordinario
 «Con la perseveranza salverete la vostra vita»  
 
 

Affascinati dalla straordinaria bellezza del Tempio di Gerusalemme, la cui costruzione iniziata da Erode “il Grande” nell’anno 20 avanti Cristo si concluderà nell’anno 62 dell’era vigente, i discepoli invitavano Gesù a condividere il loro stupore per «le belle pietre e per i doni votivi» che l’ornavano.
«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta», provò a disilluderli il Maestro. L’evangelista Luca registrò di loro, più che depressione, l’ansia di conoscere i tempi dell’accadimento: «Maestro – gli chiesero infatti – quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?».
          Essi, alla scuola di Israele, avevano imparato che Iahvè non avrebbe mai abbandonato i suoi nella difficoltà, come al tempo del temibile re assiro Sennacherib che nel VII secolo a.C., aveva dovuto in tutta fretta togliere l’assedio a Gerusalemme per una ragione improvvisa. L’episodio, riportato dal secondo libro dei Re al capitolo 19, aveva alimentato nel cuore degli Ebrei la convinzione che la Città santa fosse invincibile, perché «Dio è in mezzo ad essa, e non potrà vacillare » (Salmo 46, 6).
          Gesù invita i suoi alla cautela: «Badate di non lasciarvi ingannare», soprattutto dai tanti che strumentalizzeranno il nome divino (“Io sono”)  per presentarsi come “messia”.
«Vi diranno che il tempo è vicino». Il termine greco “kairos”, utilizzato per indicare il momento, è piuttosto “opportunità” da cogliere a volo.
Nell’insegnamento di Gesù c’è il rifiuto dell’ansia apocalittica, che prevedeva unilateralmente l’intervento straordinario di Dio nella Storia stravolgendone il cammino per la realizzazione del suo Regno.
Gesù, al contrario, prospetta il messaggio “escatologico”, ossia nella linea consequenziale della Storia dove l’uomo non è un burattino manovrato dai destini avversi, ma il soggetto attivo del suo divenire e contempla l’impegno e la sua attiva collaborazione.
«Guerre e rivoluzioni – continua Gesù – devono avvenire», perché parte del cammino necessario della Storia che marcia per l’inaugurazione del Regno.
La distruzione di Gerusalemme, anticipata in Luca (capitolo 17, 22-37)  e del suo tempio ad opera dei Romani (anno 70 e.v.) sarà la prima tappa dell’inarrestabile processo di crescita.
          I grandi sconvolgimenti sociali annunciati da Gesù echeggiano la linea dei  profeti che predicevano l’età nuova con gli inediti scenari e le opportunità di evangelizzazione per la nuova Comunità ecclesiale.      
Il “nuovo” tuttavia subirà attacchi dal vecchio sistema che si ribellerà, per timore che vengano scardinati “i pilastri” sui quali regge il potere nei suoi simboli: la “religione” quando strumentalizza Dio per dominare; la “nazione” chiusa egoisticamente su proprie convenienze per non collaborare; la “famiglia” senza alternative al regime del padre-padrone.
L’accesso al Regno richiede di conseguenza l’acquisizione della “paternità” divina,  sì che “Dio” non rimanga vaga idea, ma sia accolto come il “Padre” che comunica vita. Il concetto di “patria” o di “nazione” diventa sempre più riduttivo a confronto con le aperture del “Regno di Dio”, l’universale ambito dell’amore senza condizioni; e infine la tradizionale tipologia familistica ceda alla “nuova”, additata da Gesù in chi «compie la volontà del Padre».
Quanti avvertiranno nel Vangelo l’attentato alle proprie sicurezze di potere e di avidità lo combatteranno, tuttavia ottimistica è la previsione del Signore: «non potranno!».
 
Fra Domenico Spatola                                                                         

 

mercoledì 9 novembre 2016

Fra Domenico Spatola: Trump da decifrare oltre i suoi slogans.



America si sveglia con un nuovo
presidente:
Trump o Clinton ognuno ormai
l'intende
che a governare il mondo sia il
meno aspettato
ma che suo popolo ha voluto
consacrato.
Trump sembrava a tutti noi
spacciato
mentre con forza ovunque ormai
è affermato.
Il mondo è preoccupato per tante
sue asserzioni, speriamo di
propaganda e non di esecuzioni
di tutti quelli avversi che
individuato
e a bersaglio preferito avea
additato.
Le minoranze, gli immigrati e
quelli per lui diversi
ormai per lui soltanto avversi. Nel
ruolo
di presidente americano
speriamo in un giudizio suo più
sano
che non rovini
il mondo con strano ardire
e che i fatti minacciati non
vengano a seguire.

Fra' Domenico Spatola.

lunedì 7 novembre 2016

In libertà d'amore... poesie di Fra' Domenico Spatola.

 
Frammenti di idee,
immagini dall’infinito dell’anima,
libertà di vita,
aneliti di speranza
amore per il cuore che,
nella quotidianità,
sognando bellezza,
scopre sempre nuovi germi di felicità
e consapevoli risposte
al senso della vita
donata, anche a fatica
e perciò posseduta in pienezza...
Tali gli ideali dove intingo
la penna della fantasia.

Fra' Domenico Spatola  

Palmyra, sposa del deserto - Poesia di fra' Domenico Spatola


“Palmyra, sposa del deserto”...

 
Ci hai accolto tra i tuoi interminabili colonnati,
come a braccia aperte per stringerci al seno,
e, con la magia delle tue trame
ci hai legati a te.
Bella ci apparisti da subito,
nel fasto orientale delle tue grazie
uscita come da favola mai raccontata.
Ambiziosa di sedurre, eppure delicata
in ricami di capitelli raffinati come trini,
sottili calamite irresistibili al cuore,
fino a soffocarci di tuo incanto.
E il vento caldo,
riconoscibile tepore del tuo grembo non arido,
soffiò per noi innamorandoci,
fino a sembrarci eterno
l’amplesso che ci concedesti nei tuoi viali
dorati, al tramonto, di sole
che raccoglieva anch’esso i tuoi baci,
fatali prima del sonno.
Fata apparisti a notte di stelle
in contrappunto con la insonne luna,
argentea falce dei misteri sopiti e discreti,
e vegliasti i sogni nostri,
pronta a ripresentarti al mattino
maliarda e lasciva.
Fummo per te cittadini di sempre
e tu, per noi, meta agognata
viva d’eternità a dispetto di chi decretò tua rovina.
Rivivi nelle pietre,
tasselli di mosaico ricompattato dallo spirito.
Riproponi geometrie e architetture di fascino,
e, maga quale sei,
rubi il cuore al visitatore ignaro dei tuoi sortilegi,
e lo condanni all’oblio del mondo lontano,
per rincorrere il vento odorante di resine e balsamo,
tra le tue colonne e gli anfratti del tuo mistero,
come respiro senza tempo o ansia del passato.

Fra' Domenico Spatola.
La poesia è pubblicata nella raccolta "In libertà d'amore... poesie" edito I Buoni Cugini editori

sabato 5 novembre 2016

Fra Domenico Spatola: Dice Gesù: "Dio è Dio dei vivi e non dei morti" (Lc 20,27 - 38)


Nel capitolo 20 del suo Vangelo, Luca presenta Gesù al centro di una serie di attacchi concentrici da parte dei suoi avversari di sempre che, per timore di perdere i vantaggi e i privilegi che si erano ricavati strumentalizzando la religione, con la convenienza di chi faceva apparire la gente sempre impura e bisognosa di costanti e gravosi sacrifici di purificazione nel Tempio, da cui essi soli traevano benefici, volevano eliminare Gesù ritenuto pericoloso, perché insegnava l’amore del Padre preoccupato solo della felicità degli uomini e della loro crescita in pienezza di vita.
Quindi non un Dio giudice, implacabile e severo, ma un papà che accompagna i propri figli nella crescita, senza considerare le loro colpe. Questo per la Istituzione costituiva un attentato alla sopravvivenza; pertanto fate fuori Gesù divenne la loro prima preoccupazione.
Dopo i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani, ora è la volta dei Sadducei che  nel Sinedrio, il massimo organo legislativo giudiziario, costituivano l’elemento conservatore. Erano ricchi proprietari terrieri e traevano il nome dal sacerdote Sadoc, che consacrò re, al posto del defunto re David, il figlio Salomone.
L’accettazione dei libri scritti dai Profeti era per loro problematica, perché parlavano di ricchezza ingiusta e di conseguente povertà. Bastavano quindi i cinque libri di Mosè, ossia la Legge (Torah). Loro distintivo era di non credere nella risurrezione finale dei giusti, come descritto dal profeta Daniele.
Presentavano a Gesù un caso macabro, ispirato probabilmente dal libro di Tobia, di una certa Sara che sposata ben sette volte, rimaneva vedova la prima notte di nozze.
La domanda a Gesù era: “una donna che aveva, per questa ragione, sposato in successione tutti e sette i fratelli, nella risurrezione finale di chi sarebbe stata moglie?”
Nella Legge di Mosè era contemplato il “levirato” (levir significa cognato). Per dare una discendenza al defunto rimasto senza prole, il cognato doveva sposare la vedova e l’eventuale nascituro andava considerato a tutti gli effetti suo figlio.
C’è un pregiudizio di fondo, che Gesù dissipa. La risurrezione finale era immaginata come se si ritornasse a rivivere sulla terra la stessa esperienza di prima.
- No! – dice Gesù – con la morte la vita continua, ma trasformata. I morti saranno come gli angeli che, generati da Dio, ne condividono una vita che non muore.
A quel punto aggiunse un’ulteriore lezione ai Sadducei, che non credevano nella vita eterna: la morte non può scalfire, anzi consente il raggiungimento in pienezza.
Si rifà alla risposta con cui Dio, rivelandosi a Mosè, definisce il “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, personaggi che la tradizione riteneva vissuti secoli prima; allora la conclusione è positiva e tutta in favore della vita:
“Dio è Dio dei vivi, non dei morti”.
 
Fra' Domenico Spatola

venerdì 4 novembre 2016

Fra Domenico Spatola:Francesco d'Assisi, specchio di Cristo

Ripercorro gli ideali luoghi della libertà, che Francesco, con ermeneutica sua, consegnò a riconquista del "Paradiso perduto" e della Creazione, ai suoi occhi non più ostile e concorrente ma amica e solidale, anzi "consanguinea" da essere fratelli il Sole, il Vento, il sereno, il Fuoco e sorelle le Stelle, la Luna, l'Acqua e la stessa Morte, doni del Creatore alle creature.
Colse Francesco di esse le sfumature, a significarne delicatezza "in cuore mite che possiede la terra".
A suo modo, raccontò con la vita, il prodigio dell'Universo e ne interpretò movenze, causali e finali, nel Cristo da cui e per cui tutto esiste. Cantò i capolavori e l'Artista, scorgendone la mano, a dono d'amore del suo Spirito.
Ripropose in mimesi la Redenzione, negli spazi non circoscritti a semplice geografia, ma a valenza utopica e senza tempo.
A Greccio rappresentò il Presepio, primo nella Storia, a raccontare tenerezza del Dio Bambino. A san Damiano, a struttura di Cielo, apprezzò la Povertà del Crocifisso Signore, fino a sposarla e con ardore riparò della Chiesa geometrie usurate dall'incuria. La "Porziuncola" fu il cuore piccolissimo, come vuole il nome, ma pulsante del suo carisma e dell'intera fraternità che qui fondò, implorando i Fratelli a rifugiarvisi per riprendere il cammino, presago delle lacerazioni e conseguenti Riforme successive.
Rivotorto, candore di semplicità, fu spazio edenico e laboratorio della fraternità, forgiata sulle "Beatitudini" evangeliche e dell'Escaton anticipò il compimento. Qui i dodici primi frati impararono da Francesco a cantare "Perfetta Letizia".
Le Carceri del Subasio, furono l'oasi alterna alle scorribande per il Mondo. Francesco vi si chiudeva per la preghiera, inebriandosi della solitudine dei boschi e salutato dai cinguettii degli uccelli, destinatari dei sermoni di lode all'Altissimo. Alla Verna il "Dio mio e mio tutto" fu mantra per le ascensioni in sublimata mistica nuziale, per l'incontro degli amanti, a specchio da identica passione fino alla riproduzione iconica nella carne di Francesco, che il Crocifisso perfezionò visibilmente.
San Rufino, duomo d'Assisi sua città natale, riecheggia nelle navate ancora dell'annuncio del Vangelo a conversione, testimoniato con gesta più che gridato a parole. Fece colpo, nel cuore di Chiara dei Conti Ortolani. Coraggiosa anch'essa a contagio, a deporre la chioma biondissima, pervenuto cimelio del suo immenso "sì" nuziale a Cristo/sposo.
Fonte Colombo, nel Reatino, conserva i ricordi della "Norma e Vita dei suoi Frati Minori", la Regola "sine glossa" del Vangelo e sua "medulla" come icasticamente la definirà il più famoso francescano, Bonaventura.
Gubbio e il Lupo sono silloge illuminante per i peccatori ammansiti e riconquistati alla pietà della Croce. Si spinse Francesco, con entusiasmo missionario, oltre i confini d'Italia e d'Europa, fino a Damietta in Egitto. Fu la "sua" Crociata, quella della "mano tesa" al Cadì, in nome dell'unico Padre, e che commosse il Sultano. Modello disatteso dei fanatici Guerrieri della Croce.
Rocambolesco fu il rientro del Santo in Italia, per la malaria contratta e lo sbandamento dei numerosi Frati, senza guida. Oceanica ad attenderlo la folla dei seguaci accampati sotto "Stuoie" d'occasione, nella valle d'Assisi. In cinquemila provenivano dal Mondo, come uccelli a raduno, bisognosi di cibo non più in briciole, ma nell'unico pane del Vangelo che Francesco aveva per loro approntato. Erano attenti a non smarrire un sospiro del Santo né una parola ancora in grado di incendiare d'ardore il Mondo in affanno.
Molti giurarono quella volta d'aver visto Cristo nel suo "Specchio" Francesco, sua icona nitida in filigrana, che il tempo non sbiadisce, e della stessa rende a noi contemporanea freschezza di libertà.
Il 3 ottobre 1226, al tramonto del sole, altro "Sole" avrebbe illuminato la notte dei Frati Minori e del mondo: assiso alla mensa dell'Amore Trinitario, Francesco, testimone del Risorto, rifletteva identica luce.
Fra' Domenico Spatola