venerdì 16 ottobre 2020

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXIX domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 22,15-21

 15 Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. 17 Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». 21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Per i Farisei, con le sue parabole accusatorie nei loro confronti, Gesù aveva superato ogni misura. Provano ad attivarsi per trovare accuse per screditarlo agli occhi della gente, da lui affascinata, e facilitarne l'eliminazione. Tengono consiglio per  l'unanime strategia: "Coglierlo in fallo". In combutta con gli odiati soldati di Erode, ma attanagliati da stessa paura, vanno  pronti per arrestarlo. Allo scopo gli tendono la trappola, nei loro calcoli,  ben congegnata. La domanda capziosa, a loro appare senza scampo: qualunque risposta, lo  incastrerebbe. "Maestro, sappiamo che sei veritiero, e che insegni la via di Dio, secondo verità". Nell'apparentemente sincero riconoscimento, in realtà vi sono solo gli opportunistici convenevoli da commedianti, come li smaschera Gesù, che non si lascia incantare, e li apostrofa 'ipocriti'.
"Di' a noi, è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?" 
Il quesito viene posto sulla base della Legge di Mosè ("è lecito"), la quale bollava come "idolatria" qualunque riconoscimento di autorità alternativa a quella divina.
La Giudea, governatorato romano dall'anno 6 d.C., era stata gravata della tassa annuale che ogni abitante, dai 12 ai 65 anni, doveva versare per il mantenimento delle legioni ivi stanziate. L'impopolarità del balzello era testimoniata anche da frequenti insurrezioni. Rimasta famosa quella di Giuda il Galileo, morto crocifisso. Gesù chiese che gli si esibisse una moneta, che evidentemente egli non possedeva, mentre illegalmente la detenevano gli interroganti. L'area dell'incontro era il tempio, dove però non era consentito dalla Legge di Mosè, che vi circolassero effigi umane. La estraggono dalla tasca e gliela mostrano disinvoltamente. Alla domanda "di chi è l'immagine riprodotta?",
"Di Cesare" rispondono. 
Vi era infatti ritratto, in una facciata Tiberio, "divo Cesare", e nell'altra  la madre Livia, "dea della pace".
Provocatorio, Gesù: "A chi appartiene ' - chiese - l'immagine e la scritta?" 
"A Cesare" gli risposero. Avevano accettato con la moneta gli agi e il dominio  di Roma, glieli restituiscano se vogliono liberarsene:
"Rendete a Cesare quello che è di Cesare!" Ma l'affondo è accusatorio contro chi aveva rubato a Dio il popolo, per la propria convenienza: "Restituite a Dio, ciò che è di Dio!"

Fra' Domenico Spatola 

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