Quel vespro non fu lo stesso. Col finire del giorno, fratello Sole baciava in viso per l'ultima sua volta terrena, Francesco. Da quel momento sarebbe stato lui astro a illuminare i secoli a venire. Aveva incominciato proprio là, alla Porziuncola, ove ora chiudeva i giorni terreni. Tutti presenti i frati che il Signore gli aveva dato. Anche quelli in terra lontana, li teneva stretti al cuore. Risuonavano nell'aria, per sua volontà, le parole del Vangelo di Giovanni, le ultime dell'amore incondizionato di "Colui che, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine". La mimesi era perfetta. La somiglianza esemplare, in Francesco rifulgeva agli occhi dei suoi il Crocifisso. Egli, nudo sulla nuda terra, aveva dato tutto come Gesù in croce, e ora aspettava il Risorto che lo sollevasse dalla polvere perché non conoscesse la corruzione. Le allodole tubavano intensamente. Era il loro ultimo saluto. Le stelle cominciavano a luccicare più forte perché una nuova Stella si sarebbe aggiunta a loro. Frate Focu picchettava più intenso, e il vicino ruscello mormorava cristallino a lamento. Frate Vento portava alla valle i gemiti e le preghiere, dei tanti che avevano visto a prodigio passare Francesco ornato di monili celesti. Era il tempo di sorella Morte, con la chiave per aprirgli il Regno. Era pronto e in attesa: "Ben venga, sorella Morte!". Dai frati all'intorno gemiti di dolore da orfani, incerti del futuro senza il padre e il maestro. Flebile e autorevole risuonò, nel silenzio attonito, la sua voce: "Io ho fatto la mia parte, Cristo vi insegnerà la sua". E li affidò a lui, mentre il Salmo recitava: "Esci dal carcere, anima mia!". Si spense la luce, si accese il sole a illuminare l'intero millennio e generazioni interminabili di figli e figlie inebriate da stesso profumo, a dono per l'umanità.
Fra' Domenico Spatola
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