Quanto sia durata la missione degli apostoli, non è stato scritto. Tuttavia sembra sia stato un tempo sufficiente per fare danno. Tornati infatti a raccontare quel che avevano fatto e insegnato, la reazione di Gesù non fu di plauso. Accusò il fallimento. Li aveva inviati infatti con altre aspettative. Avrebbero dovuto apprendere, nel confronto con la gente, l'umanità del suo messaggio. Essi invece avevano fatto di testa propria, rinvigorendo nella gente le speranze messianiche circa Israele dominatore sui popoli. Erano euforici, e Gesù chiese calma. Li ritenne bisognosi di riposo prima di ricominciarne la formazione. Pensò a un luogo lontano da quello disturbato dal continuo andirivieni della gente irretita e anche essa euforica. Accorreva da tutte le città, senza dare tregua neppure per prendere cibo. Per l'evangelista il nutrimento doveva essere la Parola di Gesù. Obbligati così dal Maestro, salirono sulla barca per la riva opposta, solitaria e deserta. La folla però ne intuì, dalla traiettoria, la meta, e accorse, a piedi, nel luogo dell'approdo. Quanto diverso il trattamento riservato a lui a Nazareth, dove i compaesani lo avevano sfiduciato! Ma era il suo messaggio di amore universale che appariva loro impopolare, e diverso da quello nazionalistico dei suoi, dagli esiti trionfalistici e sotto gli occhi di tutti. Sbarcato, Gesù vide la folla e ne provò compassione. Tale sentimento squisitamente divino fece ripetere a lui quanto detto da Mosè: "È un gregge senza pastore" (Numeri 27,25). Volle perciò offrire la sua alternativa alla ideologia di potere inoculata dai discepoli, e si mise egli stesso ad insegnare.
Fra' Domenico Spatola
Nessun commento:
Posta un commento