venerdì 3 settembre 2021

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 7, 31-37

31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il messaggio evangelico, dell'amore di Dio per tutti i popoli, trovava resistenza nei discepoli di Gesù. L'evangelista Marco descrive la di lui fatica nell'opera di convincimento. Sono sordi perché resistenti, e perciò anche incomprensibile è il loro evangelizzare da "balbuzienti". Tale racconto più che cronaca è messaggio di fede, valido sempre. L'autore inizia dando una panoramica sul vagare di Gesù nel territorio dei pagani, avverso ai quali, i discepoli sono refrattari. Da Tiro, a sud della Fenicia, sale verso Sidone, ridiscende verso il mare di Galilea per raggiungere la Decapoli. Un "sordomuto" gli è portato perché gli imponga le mani. Non ha nome, perché rappresentativo degli stessi discepoli sordi agli insegnamenti del Maestro. Il testo lo dice "balbuziente", con lo stesso termine con cui Isaia  descrive i liberati dall'esilio di Babilonia: "la lingua del balbuziente griderà di gioia". Coloro che propiziano l'evento, sono stati già definiti, all'inizio del vangelo: "angeli che lo servivano". Imporgli le mani, era la richiesta, ma, la dicitura "lo prese in disparte lontano dalla folla",  denuncia, anche qui, l'incomunicabilità tra discepoli e maestro. Gesù è all'opera con un gesto energico. Sfonda con le dita le orecchie sorde, mentre con la saliva, "soffio condensato", gli comunica lo Spirito. Avverte resistenza, volge lo sguardo al Cielo e "sospira" per la fatica e, nella lingua dei discepoli perché il fatto li riguarda, proferisce la parola "Effatà" ("apriti"). Finalmente quello ascolta e parla comprensibilmente. Il divieto di "non svelare il segreto messianico" fu la raccomandazione per evitare di rinfocolare false attese, ma "più lo proibiva, più essi lo proclamavano". Infine, con il commento: "Ha fatto bene ogni cosa!" l'evangelista assimila a Dio Creatore, Gesù che ricrea ogni cosa e, con lo stesso entusiasmo, la fa buona.

Fra' Domenico Spatola


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