venerdì 5 maggio 2017

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta Domenica di Pasqua: Giovanni 10, 1-10

Io sono la porta
1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
 
Commento al Vangelo
 
Quale il profilo dei pastori di Israele?
Gesù li dipinse "lupi", nemici proverbiali e non custodi delle pecore. Aggiunse all'affresco già eloquente, coloritura più accesa, qualificandoli "ladri" e "briganti". Rubano perché sottraggono il gregge a Dio e da "briganti", lo sottomettono con violenza.
Gesù, additato da loro "peccatore" perché "trasgressore del riposo sabbatico" avendo dato la vista al "cieco nato" nel giorno vietato dalla Legge di Mosè (Gv 9), ne smaschera le reali intenzioni: il proprio interesse.
Del "pastore vero" vengono descritte le qualità a legittimazione della missione. Gesù le impersona tutte: Egli è "colui che entra nel recinto per la porta", non come "i ladri e i briganti" che sono costretti per altra parte.
"Le pecore ascoltano la sua voce". E' il popolo che riconosce nella voce di Gesù la risposta al desiderio di pienezza di vita. L'intesa conseguente tra pastore e gregge, traduce relazionalità interpersonale: "Chiama ciascuna per nome e le conduce fuori". E' "il nuovo esodo", sullo sfondo di quello attuato da Mosè. Fu sforzo titanico allora come per ogni liberazione da recinti di schiavitù in cui si è costretti dai falsi pastori. La meta proposta non è "un altro recinto", ma gli spazi infiniti del cuore e della vita, nella responsabilità delle scelte che solo persone "maturate nell'amore" intendono.
La sequela di Cristo è ideale condiviso: Gesù che "ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce".
Libertà piena che "un estraneo" non sa donare, e le pecore "non lo seguiranno ma fuggiranno da lui".
La "similitudine" è chiara ma i destinatari non la intendono: i farisei "non capirono di che cosa parlava loro".
Non sono loro pecore e non riconoscono la voce. Manca loro stesso desiderio di pienezza di vita.
Si arrovellano in ansie di potere aborrendo ideale del servire; avidamente possiedono e non condividono; sgomitano per salire i gradini sociali, rifuggono dagli ultimi posti. Impongono il loro potere con l'arroganza e il terrore e provano a dominare con seduzioni e lavaggi di cervello.
Il Vangelo è, al contrario, proposto e non imposto, perché la parola di Gesù è convincente e sveglia in ciascuno il desiderio di pienezza di vita. Questa è fruibile sempre, perché la "Porta" in cui si assimila lo stesso Cristo, è sempre aperta: "Se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà..."
Né toglie la libertà, che è dignità e pienezza di vita.
"E troverà pascolo".
E' sua risposta senza condizionamenti a tale bisogno.
 
Fra' Domenico Spatola

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