Il tributo a Cesare.
Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Commento al Vangelo
I capi spirituali d'Israele non tollerano che Gesù li smascheri come "ladri e assassini". Se avessero potuto, l'avrebbero da tempo fatto fuori. L'ostacolo era la gente a lui favorevole. Bisognava screditarlo e, con attacchi concentrici, i rappresentanti delle caste da Gesù sconfessate, si fanno avanti per interrogarlo. Primi a esibirsi i discepoli dei farisei insieme agli erodiani, con i quali era reciproca rivalità, ma, all'occasione dismessa: Gesù rappresentava un comune pericolo. Quell'alleanza fu di facciata e la trappola ben congegnata. Qualunque delle due alternative avrebbe inesorabilmente recato un danno all'intervistato: "Il tributo a Cesare va pagato, oppure no?" Era l'imposta che i romani, a partire dall'anno 6 e.c., pretendevano dai Giudei d'età compresa fra i 12 e i 65 anni. Per tale tributo, iniquo per il popolo, diverse sommosse erano state soffocate nel sangue. La richiesta capziosa era pericolosa per Gesù. Dal dilemma era impossibile per lui uscirne indenne. Sarebbe stato infatti accusato di sedizione, qualora avesse denunciato l'ingiustizia del tributo; nemico del popolo se ne avesse legittimato l'obbligo. La terza via, da loro non contemplata, fu di Cristo.
Egli chiese una moneta per ascoltare dalle loro labbra a chi appartenessero l'effigie e l'iscrizione. Il luogo dove era accaduto il fatto era sacro, perché all'interno del recinto del tempio dove inaccettabile era la circolazione di monete con l'immagine dell'imperatore definito "divino". Fu trovata nelle tasche degli interpellanti.
"Di chi è l'effigie e l'iscrizione?" chiese il Maestro.
"Di Cesare" fu la risposta.
Subito Gesù li invitò a dare a Cesare, con i benefici condivisi, anche il tributo, ma più severo il monito a restituire a Dio il popolo che essi gli avevano sottratto.
Fra' Domenico Spatola
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