venerdì 16 settembre 2022

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXV domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 16, 1-13

 1 Diceva anche ai discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3 L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8 Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. 11 Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13 Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».

Una scossa voleva dare il Signore ai discepoli perché si attivassero per il Regno. Narrò di un amministratore che, accusato al padrone di disonestà, gli furono da questi richieste le dimissioni. "Cosa farò, adesso?", si chiese. "Non ho forza per zappare e mi vergogno a mendicare!". Acuì di necessità l'ingegno pensando che in futuro qualcuno lo avrebbe accolto. Convocò i debitori del padrone, e condonò a ciascuno la quota parte di barili di olio o delle misure di frumento che costituivano il suo appannaggio. Lungimirante fece così il miglior investimento: "Un giorno - pensò - i miei beneficati mi vorranno aiutare".
Il padrone lodò l'amministratore per l'arguzia mostrata. Mentre Gesù lamentò che altrettanto non facevano i "figli della luce". Esortava perciò i discepoli a investire la ricchezza, per farne strumento a favore dei poveri. Questi un giorno li avrebbero ospitati nel Regno dei cieli. Sottolineava a conclusione la irriducibilità tra Dio e il denaro: o si serve l'uno o l'altra, cioè la "mammona" che, in aramaico, voleva dire "convenienza".

Fra' Domenico Spatola

Nessun commento:

Posta un commento