venerdì 9 settembre 2022

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XXIV domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 15, 1-32

1
 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». 3 Allora egli disse loro questa parabola:
4 «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? 5 Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. 7 Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
8 O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? 9 E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. 10 Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
11 Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13 Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17 Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19 non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20 Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22 Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. 23 Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27 Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28 Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29 Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31 Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Si avvicinavano a Gesù i disperati dalla religione: pubblicani e peccatori. Dal fronte della critica, scribi e farisei mormoravano perchè Gesù li accoglieva e mangiava con loro, come si usava, dallo stesso piatto. Con le tre parabole, dette "della misericordia", Gesù rispose a quelli che mormoravano. Il verbo usato è nelle Scritture quello della idolatria, in dissenso con Iahvè. Nei tre racconti formula  la gioia di Dio per riavere ciò che aveva smarrito: una pecora, una moneta, un figlio, anzi due figli. Gli avversari pensavano a Dio come a un giudice apatico e giustizialista, che dava ricompensa o castigo in risposta a meriti o a demeriti di ciascuno. Un Dio, dunque, glaciale esecutore giudiziario. Tutto il contrario del Dio di Gesù: pastore e padre. La sua azione è dare amore  ai figli. Così nella prima parabola, il pastore non motivato dal profitto, è disposto a rischiare l'intero capitale, anche abbandonando le novantanove pecore nel deserto, in balia di ladri o di sciacalli, per mettersi sulle tracce della pecora smarrita. Trovatala, la pone sulle spalle, per andare a festeggiare con amici e parenti. Stessa la vicenda, in parallelo e al femminile, è quella vissuta dalla massaia che ha smarrito una moneta delle dieci che possiede. Quando, non senza fatica, la ritrova festeggia con le amiche e le comari. È tuttavia la terza parabola che fornisce la motivazione della gioia del Padre: il figlio, pianto morto, è tornato a vivere. Pensava di condividere, con l'altro figlio, il maggiore, la stessa gioia, e gli andò incontro invitandolo ad entrare nella stessa casa. Ma questi non volle, perché non perdonò al fratello e neanche al padre, che l'aveva accolto trionfalmente facendo ammazzare per lui il vitello grasso. Dopo inutili tentativi, il padre amareggiato e deluso, concluse: "mio figlio era morto ed è risuscitato!".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Rembrandt

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