Al monte altissimo delle Tentazioni, l'evangelista contrappose quello della "Trasfigurazione". L'uomo raggiunge la condizione divina (theosis) non con il potere, ma col dono di sé. Funzionale è l'indicazione del giorno dell'accadimento: "il sesto giorno". Veniva evocato quello della creazione dell'uomo, e l'altro del Sinai, quando Iahvè manifestò la sua gloria a Mosè. Con Gesù erano i discepoli più irrequieti: Simone detto "Pietro" e, Giacomo e Giovanni, i "Boanerghes" (figli del tuono). Ma fra il trio e Gesù non era comprensione. Lo denunciava l'evangelista: "in disparte". "Fu trasfigurato". Era la teofania come intesa dalla cultura del tempo. Gesù mostrò a Pietro e ai compagni l'esito della sua morte. Non sarebbe stato il fallimento, ma la comunicazione di pienezza di vita. "Il volto come il sole e le vesti come la luce" ne erano i segni. Mosè ed Elìa conversavano con Gesù, come in passato avevano parlato con Dio. Pietro equivocò la scena e la volle fissare, pensando di rendere superflua la morte annunciata dal Messia. La "festa delle Capanne", era il contesto del "Messia il figlio di Davide, immortale". Propose un trittico di capanne, collocando al centro Mosè, perché il più rassicurante dei privilegi di Israele sugli altri popoli. Ma il Padre intervenne e tacitò l'insolente: "È Gesù l'Amato, nel quale ho posto il mio compiacimento", ordinando in conseguenza di ascoltarlo. Cessata la teofania, i discepoli, "caddero a terra", era il plastico del loro fallimento, perché non Gesù era stato il loro prescelto. Al vedere lui solo, ebbero paura, ma egli li incoraggiò raccomandando di non raccontare l'accaduto se non dopo la sua risurrezione. Ma anche su questo, che non capivano, si interrogavano. Restarono tuttavia fedeli al mandato.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Trasfigurazione di Bloch
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