venerdì 15 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Novella Era...

 


Il mondo finisce? 
Si capisce
da ciò che si spera 
e in cuore si invera. 
Un mondo migliore
dove il buon cuore
il vecchio corregge
con nuova sua legge, 
quella di Cristo
dal discorso già misto
d'ansia e speranza
che nuova mattanza
fa dei vecchi sistemi
disumani e blasfemi, 
mentre offre novella, 
notizia più bella
che "da primavera" 
appare sua era.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 13, 24-32

 
24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore
25 e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28 Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; 29 così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30 In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.


La "buona notizia" portata da Gesù non causa paure ma solo speranze. Il capitolo 13 del Vangelo di Marco, per la sua complessità, necessita di attenta interpretazione da parte del lettore. Dopo la distruzione del tempio, che storicamente si avvererà ad opera dei Romani di Tito nell'anno 70, inizierà  un nuovo processo storico che sarà di liberazione. I regimi, basati sulla prepotenza e l'orgoglio, portano il germe della corruzione. Immagine resa dalla visione del profeta Daniele: il crollo della statua gigantesca dai piedi d'argilla. La catastrofe investirà soltanto la sfera celeste, la sede di dèi e delle aspiranti "stars". "Il sole si oscurerà, e la luna non darà più la luce". Erano le divinità pagane, adorate in Egitto e in Mesopotamia, che collassavano.   Però quando verrà annunciato
il Vangelo tutto il restante si oscurerà. "Le stelle che cadranno" sono i potenti della terra: faraoni, imperatori e re. Così il profeta Isaia aveva infatti bollato  il re di Babilonia: "Ambivi salire nei cieli e sei stato precipitato negli inferi!". Allora i potenti "vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi", mentre gli Angeli, suoi collaboratori, raduneranno gli eletti del Regno. Inizierà l'era del Figlio dell'uomo e 
la parabola del fico coi suoi germogli, ne preludierà i tempi della maturazione. La caduta di Gerusalemme segnerà l'ingresso dei popoli nel Regno. Necessita però fidarsi del Padre, senza preoccuparsi di sapere, né il giorno né l'ora.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 8 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Ha dato tutto



Scribi vanitosi, 
in vistosi, 
vestimenti 
e vaporosi di commenti. 
Chiedevi, Gesù, d'evitare
e provavi a educare
i tuoi seguaci all'umiltà, 
vera nuova dignità 
che offrivi
a quanti n'eran privi. 
La vedova avea dato, 
e tu, Gesù ammirato
dicevi generoso
perché oneroso
era il dono più totale
dell'offerta sua vitale. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 12, 38-44

38
 Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Nel tempio, sotto il Portico di Salomone, Gesù insegnava i discepoli a diffidare dagli scribi.  Interpreti della Legge, erano talmente autorevoli che, le loro sentenze soppiantavano, in caso di conflitto, anche la Parola scritta. Gesù ne ridicolizzò le smanie narcisistiche per il vestito ampolloso e le riverenze, pretese con profondi inchini. Li raccontò seduti sugli scranni di pietra, in postazione alta per obbligare gli "inferiori" a sedere ai loro piedi. Ne denunciò l'intemperanza nella corsa per accaparrarsi i primi posti, ed essere meglio serviti nei banchetti. Denunciò l'ipocrisia della loro preghiera ostentata ma senz'anima. Per derubare le vedove, che costituivano l'anello più debole della società, si atteggiavano a tutori spirituali.
L' insegnamento continuò dinanzi al Tesoro, già da lui denunciato come "il vero dio" mentre il tempio reso da loro "spelonca di ladri".  Osservava attentamente quanto denaro mettevano, nelle "trombe", i ricchi. Dall'interno il levita  gridava l'importo. Immediato sortiva l'effetto: scattava l'applauso. Ma solo per i ricchi, che avevano modo di pavoneggiarsi. Gesù li svalutava. Il loro "molto" erano briciole al confronto della offerta di una vedova che vi pose un soldo. Erano le ultime due monetine che possedeva, perciò aveva dato più di tutti a quel tempio che  avrebbe dovuto, per Legge (cfr Dt 14, 28)  sostenerla, e non  pretendere da chi non aveva nulla per vivere.

Fra' Domenico Spatola

sabato 2 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Amar, come Gesù amò...



O Gesù, parla a me,
sempre in cerca di "perché?".
Cosa vuoi che io faccia, 
perché ci metta anche la faccia?
Lo dicesti a quel dottore:
"amar con tutto il cuore
il solo Dio, e del fratello
amar sol quello
che gli è vicino". 
Questo piacque al rabbino, 
che non comprese 
che la tua legge
quella di Mosè corregge
perché tuo invito è all'amore, 
il sol che scaturisce dal tuo cuore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 12, 28-34

28
 Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29 Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; 30 amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza31 E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». 32 Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Gesù aveva denunciato la casta sacerdotale al potere di avere trasformato il tempio in "spelonca di ladri", e gli stessi capi" di essere "assassini" perché lo avrebbero ucciso per proprie convenienze. Si sentirono "offesi" e si vendicarono, tendendogli insidie per screditarlo agli occhi della gente, 
con attacchi verbali. Gesù ne uscì più rafforzato. In sequenza si erano avvicendati farisei e sadducei. Toccò anche allo scriba, il quale, da dottore della Legge, domandò: "Quale è il primo di tutti i Comandamenti". La richiesta non era affatto pretestuosa, perché, presso tutte le Scuole rabbìniche, si faticava a indicare, tra le 613 leggi imposte come obblighi e divieti, quella che inglobava le altre. Si soleva generalmente  privilegiare quella che anche Dio osservava: il "riposo sabatico", ove erano vietate 1521 azioni, anche di prima necessità e scrupolosamente indicate. Gesù però attinse altrove, lo "Shemà Israel",  che costituiva anche il "credo" recitato da ogni Israelita mattina e sera: "Amerai il Signore Dio tuo ..." (Deuteronomio 6,4). 
Fece però seguire l'altro comando: "Amerai il prossimo tuo, come te stesso" (Levitico 19). Lo scriba restò soddisfatto. Andava bene per un seguace di Mosè, non per Gesù, il quale commentò: "Non sei lontano dal Regno di Dio", ma con la implicita dichiarazione che non c'era ancora dentro. Il suo comandamento  eredità per i discepoli sarà infatti: "Amatevi come io ho amato voi".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 1 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Novella speme oltre la morte


Svettavano i cipressi. 
Li vidi stessi
a occhieggiare antiche
memorie amiche
dei tanti conosciuti 
e dei messaggi avuti, 
e che conservo. 
Una prece per il protervo
e per l'umile a implorare. 
Compresi che a entrare in cimitero
mi si diceva il vero
della vita, 
che fuori pare infinita
ma qui soltanto spenta. 
Movenza è solo lenta 
nei passi di amici
e di parenti
che sentono lo smacco 
del distacco. 
Anch'io mi aggiro per i viali. 
Leggo epitaffi tali
che voglion perpetuare l'esistenza, 
ma dura resistenza
offre la morte, 
e per aprirne porte
ritengo utile la fede. 
Allor beato chi nel Cristo crede!
Egli Risorto
dichiara orto
il cimitero, ove il seme
si fa premessa di novella speme.

Di Domenico Spatola

mercoledì 30 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Le Beatitudini



Gesù, il povero è beato?
Restiamo senza fiato, 
perché la ricchezza
ci è ubriachezza
da non capire tua proposta. 
Chi ti comprende dà risposta, 
e dell'Altro fa ragione
di sua vita a compassione. 
Beato chi, con l'affamato, 
il pane suo ha già spezzato, 
e chi ha puro il cuore, 
suo occhio ti vede, Signore. 
Beati i miti della Terra, 
perché bandito han già la guerra,
e beati pure i perseguitati
perché saranno consolati. 
Beati infine tutti quanti, 
noi oggi li chiamiamo "Santi, 
e li veneriamo da modelli, 
perché in loro vediamo quelli
che han fatto del Vangelo
la loro via per il Cielo.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità di Ognissanti: Matteo 5, 1-12a

1
 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 
2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Gesù propose la sua Legge. Altra da quella di Mosè. Suo principio: "fai agli altri quello che vuoi che sia fatto a te". Otto le sue proposte. Il numero è della Risurrezione. Gesù le dettò dal Monte, il suo Sinai. Da seduto. È il Maestro e, ai suoi piedi, seduti i discepoli. "Beato" è Dio e chiunque condivide lo stesso suo progetto a favore dell'umanità. "Farsi povero" per mettere al centro di ogni attenzione il bene e felicità altrui. Sarà beato chi, avendo fame o è diseredato o nel pianto, incontra un discepolo che si è fatto "povero di spirito", troverà conforto. Chi ha scelto le "Beatitudini", sarà "puro di cuore, misericordioso e costruttore di pace". Ma l'ultima beatitudine è "per i perseguitati per la giustizia". Hanno osservato le prime sette e, con l'ultima  beatitudine, trovano il sigillo di Dio per avere accolto nella vita la "magna Charta" da Gesù offerta a chi lo  segue, e che i discepoli fanno propria.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 25 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Signore, che io riabbia la vista...



Bartimeo era cieco,
ma più bieco
il suo sentire.
Quando infatti poté udire
che Gesù stava a passare, 
lo sentirono gridare
al "davidico Messia".
Per Gesù era cosa ria
ritenerlo Re potente, 
perciò a lui non disse niente. 
Ma il cieco gridò più forte, 
per speranze sue già corte. 
Arresosi al suo grido,
Gesù volle dargli affido, 
e chiese a lui: "che vuoi?" 
Gli rispose: "Signor, tu puoi
ridonare a me la vista". 
"Hai fatto già di me conquista!" 
disse a lui il Signore, 
"con la tua fede in cuore". 
Non da cieco, ma da vedente, 
sua sequela fu conseguente.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 46-52

46 E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47 Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48 Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
49 Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50 Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». 52 E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.


Bartimeo era il nome. Timeo era suo padre, "l'onorato" cioè Davide. Di lui il cieco, sulla strada di Gerico, voleva che Gesù realizzasse il Regno. La stessa cosa avevano chiesto i figli di Zebedeo. Ma quel titolo ("figlio di Davide"), a Gesù non garbava. Il cieco in strada gridava  che si restituisse a Israele il dominio sulle Nazioni pagane. Ma Gesù fu sordo, e l'invocazione, ripetuta in crescendo, più volte. Quando si zittì, il Signore poté invitare il cieco a venirgli vicino. "Cosa vuoi che ti faccia?". Gli chiese di poterlo vedere, ormai era convertito e, con il mantello, aveva gettato via  l'arroganza del potere. Pronto dunque a nuova identità, quella del "Dio che salva". 
"Rabbuni", lo chiamò. L'aveva accettato "maestro", e lo poté seguire.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 18 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Farsi servo per amore

I figli di Zebedeo
chiedevano un trofeo:
i primi posti nel tuo Regno,
e tu, Gesù, a segno
a lor chiedesti
di bere il calice che tu bevesti
e nel battesimo di morte
aver tua stessa sorte.
Pur di aver potere
dissero di voler bere,
e nel battesimo di morte
starti a corte.
Ma quel ruolo dicevi che lo destinava
il Padre a chi accettava
alla tua foce
la stessa tua condanna sulla croce.
All'udire la richiesta
dei compagni lesta
fu la rivolta
per la furbizia che avevan colta.
Ma tu, Gesù, li chiamasti a dir loro
che il tesoro
non sta nel comandare
ma nel farsi servo e imitare
te che, come hai fatto loro udire,
venisti per servire,
e dare la vita in riscatto
dichiarando che presto ciò sarebbe fatto.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXIX del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 35-45

 
35 E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: 37 «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41 All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. 43 Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. 45 Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Più del peccatore, l'arrogante e l'ambizioso impediscono a Dio l'esercizio della sua misericordia. L'occasione fu offerta dai discepoli, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, altrove detti anche "figli del tuono"
("Boanèrghes") . Avidi di potere, pretendevano da Gesù i posti accanto a lui nel conquistato governo di Israele. Avevano rimosso anche il terzo e definitivo annuncio da lui dato sulla sua imminente morte. Refrattari, si fidavano esclusivamente del Messia, quello atteso da Israele, "il figlio di David". Così rendevano impenetrabile in loro l'insegnamento del Maestro. Si avvicinarono a chiedere i due posti, a destra e sinistra, alla conquista del suo nuovo trono. Li interrogò. Dessero da se stessi la risposta: "Potete bere il calice... ed essere battezzati nella stessa mia acqua?". Alludeva alla sua imminente morte in croce. Presuntuosi, dissero: "Lo possiamo!", ma quando sarà il momento fuggiranno. Sottile fu l'ironia del Signore: quei posti toccheranno agli eletti dal Padre. Saranno i due accanto a lui, i malfattori crocifissi. I dieci compagni indignati, per la furbata, erano infatti accomunati dalla stessa ambizione. Gesù li radunò tutti e Dodici, per metterli in guardia dalle ipocrisie dei potenti della terra, e proponendo loro se stessi quale esempio da seguire, perché venuto per servire e dare la vita per tutti.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 11 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Nulla è impossibile a Dio!

 


Offristi con tuo sguardo la carezza
al giovane posseduto dalla ricchezza,
chiedesti a lui il cuore generoso, 
perché, libero e gioioso, 
ti seguisse
ma egli a te disse
il suo rifiuto:
non ebbe fiuto
e triste andò via,
e tu, Gesù, dicesti quanto sia
difficile al ricco entrare
lá, dove il cammello suol passare. 
Agli attoniti discepoli aggiungevi
che, per Dio, sono lievi
anche cose più pesanti:
non avessero perciò i cuori affranti!

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 17-30

17 Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21 Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». 24 I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». 27 Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».
28 Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, 30 che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.

Un giovane per strada corse incontro a Gesù. Gli urgevano certezze per l'aldilà. Del presente era soddisfatto. "Cosa devo fare?" chiese in ginocchio. Di Mosè, Gesù gli recitò i comandamenti che riguardavano i rapporti con il prossimo. Esultò. "Da sempre tutte quelle cose ("tauta panta") le ho osservate". Ma fu vera gioia? Quando Gesù gli propose di liberararsi dalle ricchezze, e darne il ricavato ai poveri e seguirlo, si fece scuro in volto e andò per la sua strada. "Possedeva molti beni". Era l'addebito  dell'evangelista.
Deluso fu Gesù. Aveva investito emotivamente invano: "lo fissò e lo amò". 
Commentò con amarezza: "Difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio!". 
Al cammello sarebbe venuto più facile passare per la cruna di un ago. Denunciava la ricchezza come ostacolo alla salvezza. 
I discepoli tuttavia si rattristarono ritenendo eccessiva intransigenza quella che li privava del benessere che poteva venire da un ricco tra loro. Interlocutoria perciò quanto piccata fu la loro reazione: 
"Chi si può salvare?"
"Tutto è possibile a Dio", fu la risposta del Maestro. Pietro venne avanti e, a nome anche dei compagni, gli presentò il conto: 
"Noi abbiamo lasciato tutto, e ti abbiamo seguito: che ce ne viene?". 
"Cento volte tanto in case, fratelli, sorelle, madri e figli e campi - rispose - ma non senza persecuzioni". E inoltre quanto aveva chiesto il giovane ricco: "la vita eterna".

Fra' Domenico Spatola

venerdì 4 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Non sia disunito ciò che Dio ha unito


Per i farisei il ripudiare
preferito era ad amare. 
Essi citavano Mosè 
chiedendosi il perché
Gesù non conveniva. 
Ma per lui era retriva
quella legge 
che del Creator corregge
d'amor le voglie
del marito per la moglie. 
"I due una carne sola" 
fu questa sua Parola:
"Non vada disunito
ciò che Dio ha unito!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVII settimana del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 2-12

2
 E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». 3 Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4 Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla». 5 Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6 Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; 7 per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola8 Sicché non sono più due, ma una sola carne. 9 L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». 10 Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: 11 «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; 12 se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».

Gesù insegnava alla numerosa folla. Tra i presenti, qualcuno dissentiva. Erano farisei, venuti per tentarlo. L'evangelista usa per loro stesso verbo adatto al Satana. Lo interrogarono sul "ripudio" della moglie per qualsiasi motivo, da parte unilaterale del marito. Su ciò che giustificava il ripudio, legittimato dalla Legge di Mosè, si confrontavano due scuole di pensiero. Quella più rigorista, lo ammetteva per cause gravi (Shammaj), l'altra, più di manica larga, lo legittimava anche per futili motivi (Hillel). "Cosa vi ha ordinato Mosè?", fu la controdomanda di Gesù.
"Lo consente", risposero. Gesù dichiarò di non essere d'accordo, perché Dio non legifera ma crea e dichiarò l'uguaglianza tra l'uomo e la donna, delegittimando il ripudio "non voluto da Dio, ma dalla durezza del loro cuore". Dal Creatore, i due, "maschio e femmina",  diventano "una carne sola", e nessuno può dividerli perché equivarrebbe a un omicidio. Perciò "l'uomo lascia i genitori, e si unisce alla moglie, creando con lei il legame più integro e forte". I discepoli in casa opposero perplessità, ma Gesù insistette dichiarando adulterio per ambedue, se vengono meno al patto della fedeltà voluta dal Creatore.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 27 settembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Un bicchiere d'acqua per amore



Tra i manifesti tuoi intenti, 
Gesù, di poco ti contenti:
anche d'acqua un sol bicchiere
dice quanto sian vere
tue parole, 
per chi a te suole
donare affetto, 
con l'amore già perfetto.
Allarmi contro arroganza
chi è in tua militanza
e, con lui, fai il severo 
se lo scopri insincero.
Radicale con la vita, 
che sol tu, dài infinita.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 9, 38-43.45.45-48

38 Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». 39 Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. 40 Chi non è contro di noi è per noi.
41 Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
42 Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. 43 Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.
Marco 9:45
Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. 
Marco 9:47-48 
47 Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.

Il discepolo Giovanni interruppe il Maestro mentre descriveva i valori del Regno: l'umiltà e il servizio. Ma Giovanni aveva qualcosa di cui intendeva vantarsi, per riceverne lauso e approvazione. Raccontò di avere impedito di continuare a un tale che scacciava demòni, nel nome di Gesù, per la sola colpa di non far parte del loro gruppo. Gelosia di mestiere? "Non ci seguiva", fu la ragione recriminante. Da Gesù fu dettato il criterio di inclusione: "chi non è contro di noi, è per noi". Ampliava gli orizzonti di appartenenza oltre il massimalismo dei discepoli di ogni tempo. Papa Francesco ne fa la sua attuale "regola aurea", aprendo la Chiesa a tutte le culture, da lui incluse nell'unico comandamento dell'amore: "Fratelli tutti!". Partecipa in tal modo, in nome della comune umanità, l'eredità di Cristo alla Chiesa. "Anche un bicchiere d'acqua dato per amore non sarà senza ricompensa". Esaurito l'intermezzo con Giovanni, Gesù riprese il discorso "sui piccoli e sugli scandali". "Piccoli" non sono bambini, ma gli esclusi dalla società. Se nelle Comunità di Gesù trovano stessa ansie di potere e tensioni di arrivismo  sperimentate altrove, si scandalizzano, perciò "guai a chi ne si renderà colpevole!". L'affogamento in mare "con macina da mulino al collo", si configurava come la pena peggiore, perché condannava a morte eterna, in quanto il cadavere non reperibile, non potendo essere sepolto, non partecipava alla risurrezione finale. 
Non meno severa l'amputazione consigliata della mano, o del piede motivo di scandalo, o di cavare l'occhio, pur di non finire nella Geenna, dove il fuoco inestinguibile si faceva simbolo di fallimento dell'intera esistenza.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 20 settembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Servire per amore

 


L'ambizione del potere
non volevi, Gesù, vedere
nei seguaci, 
di comando rapaci. 
Ma a toglierne lo sfizio
insegnavi il servizio, 
che nel servo offri il modello
ch'è più sempre quello
che t'assomiglia. 
In tua famiglia, 
chi da "primo" vuol vantarsi, 
deve umiliarsi 
e, per amor, servire. 
Ma ciò sai quanto difficile da udire.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXV domenica del tempo ordinario (anno B): 9, 30-37

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

L'incomprensione tra Gesù e i discepoli era sempre per la stessa ragione: la loro ambizione del potere da non accettare né il Maestro né il suo programma. Così anche quella volta che attraversarono la Galilea per Cafarnao. Egli parlò della sua prossima morte ad opera dei sommo sacerdoti e degli anziani, mentre essi litigavano su chi dovesse considerarsi il primo di tutti. A casa, Gesù  chiese di quella discussione lungo la strada. Non risposero. Allora Gesù portò a modello un ragazzino, che stava a servire ai tavoli. Lo abbracciò è lo pose al suo posto, al centro, poi rivolto ai discepoli disse che il primo tra loro era colui che non avesse pretese di comandare, ma fosse disposto a farsi ultimo e servo di tutti. Ciò avrebbe fatto piacere anche al Padre del cielo.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 13 settembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Tu sei il Figlio di Dio




Gesù, non sei l'Elia, 
né il reincarnato Geremia, 
ma del vivente Dio
sei il Figlio e il Signor mio. 
Anch'io, con Simone, 
rinnovo professione 
di mia fede. 
E tu, a chi crede, 
dài fedele assenso
chiedendo sol consenso al tuo ideale, 
che libera dal male,
e, da confidente, 
amore conseguente.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XIV domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 8, 27-35

 
27 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». 29 Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
31 E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. 32 Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà.

Condusse i discepoli lontano. Alle falde dell'Hermon da dove nasce il Giordano, al confine con il  Libano, a Cesarea di Filippo. Voleva verificare quale fosse stato il loro insegnamento, in quanto reduci da una missione evangelizzatrice. Chiese cosa la gente pensava di lui. Le risposte furono le più strane e inaccettabili da Gesù. Chi parlava di lui come il Battista risuscitato, o l'Elia o il Geremia reicarnati, o un altro profeta. Personaggi morti. Deluso Gesù, perché i suoi discepoli non avevano saputo annunciare la "novità" del suo Vangelo, chiese cosa essi pensassero di lui. 
Pietro pronto rispose: "Tu sei il Cristo! ". Ma era il "messia davidico", uomo del potere, cui egli alludeva e che tutti aspettavano. Gesù perciò lo sgridò imponendogli di tacere. Il verbo era lo stesso usato negli esorcismi. Volle liberare Pietro che "ragionava alla maniera degli uomini e non secondo Dio".  Urgente tuttavia ritenne prepararli a ciò che lo aspettava a Gerusalemme: la passione e la morte! Pietro si ribellò. Per lui e per tutto Israele il Messia non poteva morire! Si sarebbero infatti vanificati i sogni imperialistici del suo popolo. Così stavolta ritenne che toccasse a lui il compito di esorcizzare Gesù e liberarlo da quella che riteneva idea malsana. Il Maestro lo trattò da "satana", avversario del progetto del Padre, e gli indicò il posto dove collocarsi cioè dietro di lui e da discepolo. A estrema offerta volle tuttavia invitare ognuno a seguirlo. Dettò le severe condizioni: rinnegare se stessi e sollevare la croce, garantiva tuttavia che tale scelta, era l'unica via per salvarsi.

Fra' Domenico Spatola

sabato 7 settembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Apristi il cuore

 


Sordo, non t'ascoltai
e, muto, non ti parlai. 
Signore, anche a me sfondasti orecchi
e non ricordasti i vecchi
miei peccati, 
che nel battesimo avevi cancellati. 
Ma quando da te andai lontano, 
compresi che vano, 
era il mio rifiuto, 
avendo sol da te avuto
amore,
col quale a me apristi il cuore.

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario (Anno B): Marco 7, 31-37

 
31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Gesù percorse il territorio straniero e da Tiro e Sidòne raggiunse la Decapoli. Voleva che la "buona notizia" arrivasse anche ai pagani, che venivano, per la religione, esclusi da Israele. I discepoli, da Israeliti, non volevano che anche a loro giungesse la salvezza. Marco evangelista col suo racconto, volle drammatizzare la fatica con cui Gesù voleva provare a convertirli. Il sordomuto presentatogli, li rappresentava. La richiesta fu di imporgli le mani ma la resistenza era forte e Gesù fu costretto a fare di più.  L'episodio resterà in memoria e sarà prassi nei riti battesimali della Chiesa. Gesù condusse il sordomuto lontano dalla folla, e gli introdusse le dita nelle orecchie con vigore più forte della resistenza. Poi, con sua saliva (respiro solido), in comunione con il Padre, dopo lo sguardo al Cielo, emise un sospiro. Il forte gesto denunciava la fatica per liberarlo dalla sordità e dal mutismo, e in aramaico, che era la lingua dei discepoli, gli gridò: "Effatà!". Gli comandò di "aprirsi" all'ascolto per annunciare il Vangelo. 
Anche la folla restò ammirata, e commentò che Gesù operava "bene" come Dio  quando creava.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 30 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: "Tutto è puro".



Dei farisei, la purità
era sol formalità,
per il cuore inquinato, 
da Gesù, lor denunciato. 
"Perché lavare il fuori, 
se è dai cuori
l'idea malvagia?
Tu la volevi saggia
alla tua scuola, 
ove verità detta tua Parola.
Venuti da lontano, 
puntarono della mano
l'avverso dito contro te, 
i farisei, che da sé, 
arrogavano il giudizio
a loro sfizio. 
Ma tu loro dicesti: che "ciò che entra è puro", 
e per lor fu siluro
l'idea che non inquina 
ciò che va in latrina,
ma quel che, dal cuore, 
esce senza pudore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXII del tempo ordinario (anno "B) Mc 7,1-8.14-15.21-23

1
 Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. 2 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate - 3 i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, 4 e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». 6 Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
7 Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». 
Marco 7:14-15
14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: 15 non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».
Marco 7:21-23
21 Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, 22 adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».

Aveva parlato di vita, e spuntarono i nemici della vita. Scomodatisi direttamente da Gerusalemme, la santa Sede di Israele, perché Gesù aveva condiviso i pani (figura della Eucaristia) e la gente li aveva presi "con mani impure", cioè non lavate. La libertà offerta da Gesù scandalizzava infatti gli scribi e i farisei e tutto il gotha religioso. Accusavano inoltre i discepoli di Gesù di non osservare la "tradizione degli antichi", ossia i precetti "sul puro e sull' impuro", trasmessi dal Talmud, la Legge non scritta e lasciata oralmente da Mosè per essere  interpretata dai dottori. Con l'accusa di "ipocriti", Gesù li denunciava  "commedianti", perché pretendevano di apparire quali non erano, mistificando anche il "sacro" per il proprio tornaconto. Gesù applicò loro un testo inesorabile di Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me" (Is 29,13). Il cuore (equivalente a ciò che per noi è il cervello) era all'origine dei pensieri e Gesù prese di mira quelli che escono e inquinano l'uomo: come gli omicidi e tutte le altre nefandezze e intemperanze. Duro inoltre il suo rimprovero per il loro culto che gli avversari esercitavano senza fede e solo di facciata. L'affondo più grave fu tuttavia per le loro dottrine, da essi millantate come "divine" mentre per Gesù erano soltanto "precetti umani". Il suo severo giudizio squalificava in tal modo il Levitico, il libro di Mosè da loro preferito perché, per la maggior parte, argomentava sul tema del "puro e impuro", che serviva a loro per discriminare e condannare persone e cose. "Non c'è nulla al di fuori dell'uomo che, entrando in lui, lo possa rendere impuro". Fu la sua sentenza. Dopo avere criticato la legge orale (Talmud) fatta di "precetti di uomini", si rendeva ai loro occhi colpevole di criticare anche quella scritta (la Toràh). Dichiarò infatti "puri tutti gli alimenti".  La condanna prevista per uno "spergiuro" come Gesù era la morte, ed egli perciò  fuggì in terra pagana, per non venire ucciso anzitempo.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 23 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: Signore, dove andremo?


Per la fede non matura, 
ai discepoli fu dura
tua parola, 
allettati da altra scuola.
Tu, sorpreso perché ottusi, 
li vedesti più confusi
e non credenti, 
e annoverasti tra i perdenti
chi t'avrebbe anche tradito. 
Riproponesti ancora a rito, 
quel che per tutti era l'invito:
"Se del Padre accettate amore, 
venite a me senza timore!". 
Molti seguaci, 
non audaci, 
preferirono sfuggirti 
per non seguirti
ma a quelli stretti tra i tuoi:
"Volete - dicesti - andar via anche voi?". 
Per i Dodici parlò Pietro:
"Non vogliamo tornare indietro. 
Le tue parole son di vita, 
e nostra scelta è già acquisita".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo di domenica XXI del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 60-69

60
 Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». 61 Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63 È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. 64 Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65 E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
66 Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
67 Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». 68 Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; 69 noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Il discorso di Cafàrnao si concluse in modo fallimentare. L'uditorio restò deluso e mormorava. I capi dei Giudei videro il pericolo, perché Gesù rivoluzionava il rapporto con Dio. Gli stessi discepoli lo abbandoneranno.
"Parola dura"  ("scleròs") definirono il discorso. Gesù fu ritenuto insolente e offensivo, perché aveva criticato il libro dell'Esodo per il fallimento: "I fuoriusciti dall'Egitto, al tempo di Mosè, erano tutti morti nel deserto!".  Inaccettabile inoltre l'invito a "farsi pane di vita per gli altri". Israele non era fatto per sottostare ma per comandare. Il suo discorso era dunque inascoltabile! 
Anche i discepoli tuttavia restarono perplessi, come i Giudei. Gesù si rivolse a loro, per convincerli in extremis: "Questo vi scandalizza?". Tale verbo verrà usato dall'evangelista (cfr Gv cap. XVI) per descrivere la loro reazione all'annuncio della sua passione e morte. Era la morte del Messia che avrebbe scandalizzato, perché interpretata come la fine di tutto e discesa irreversibile nello "Sheòl", il regno dei morti. Ma Gesù aveva aperto già nuovi orizzonti con esiti di vita piena: "il Figlio dell'uomo sarebbe salito dov'era prima". Il suo "pane" era stato identificato come "carne", ma ora Gesù precisava che "lo Spirito dà la vita, e la carne senza di esso, non giova a nulla".  Non bastava perciò "mangiare il pane (Eucaristia), era conseguente farsi pane per gli altri". 
Venivano sprigionate le energie vitali con l'eucaristia in dinamismo d'amore". Alcuni discepoli si rattristarono intenzionati a lasciarlo, non avevano infatti ancora dato a lui adesione radicale, e lo seguivano solo per convenienza. Ma Gesù conosceva loro e il traditore che lo avrebbe consegnato. Confidava tuttavia nell'iniziativa  del Padre, il solo che può accendere il desiderio della vita piena. La tristezza accorò per l'abbandono di molti discepoli. Ma Gesù, per recuperarli, non volle cambiare il progetto che era dell'amore del Padre. Sollecitò anche i Dodici rimasti, ad andarsene. Ma Pietro, per tutti, rispose che non sapeva dove andare lontano da lui: Gesù è il Santo di Dio e il solo con parole di vita eterna.

Fra' Domenico Spatola

sabato 17 agosto 2024

Fra' Domenico Spatola: Il pane vivo, sceso dal cielo...



Gesù, eri tu il pane vivo, 
mentre retrivo
fu il cuor degli uditori. 
Mormoratori, 
non vollero il tuo pane, 
preferendo cose vane, 
opposte e alterne
a quelle eterne
di tua salvezza. 
Con amarezza
udisti il lor lamento
per l'altro nutrimento. 
Ma insistevi ch'è la tua carne da mangiare
e il tuo sangue per inebriare. 
Sol così la vita 
sarà infinita
e data a profusione
nel giorno di risurrezione 
La manna, come poi si seppe, 
non vietò ai padri la morte nelle steppe. 
Mentre, squarciato il velo, 
il pane scese dal
cielo 
per dar vita paterna,
piena ed eterna.

Fra' Domenico Spatola 

Commento al Vangelo della XX domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 51-58

 
51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52 Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Delusa rimase la folla, perché Gesù aveva rinunciato ad essere il suo re. Preoccupate furono le autorità religiose perché Gesù instaurava una nuova relazione con Dio: diversa e destabilizzante da quella da loro imposta al popolo. Anche i discepoli alla fine lo abbandoneranno. Gesù aveva rivendicato la propria identità divina. "Io sono" era il nome di Iahvè. Aveva esplicitato la sua missione di "Pane vivo" che fa superare la morte. Ne indicava l'origine divina e non spaziale, dichiarandolo "disceso dal Cielo". Per comunicare lo Spirito Santo, che è la vita eterna, la condizione unica era mangiare la sua "Carne, data per la vita del mondo".  Rivoluzionato era il concetto di Dio. Non più colui cui si devono offrire sacrifici, perché egli si offre attraverso la sua Umanità. Tale copovolgimento
allarmò i Giudei: "Come può Costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù insistette invitando a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue.  Aveva anticipato il Battista, quando presentando ai discepoli Gesù, nell'incipit del Quarto Vangelo, lo dichiarò "Agnello di Dio". Evocava con quella immagine l'esodo per la libertà d'Israele del tempo di Mosè. Ora lo superava perché la carne mangiata oltre che aiutare nel cammino, e il sangue oltre che liberare dalla morte eterna, produrrano con Gesù intimità osmotica, fondendosi con lui per dilatare la propria capacità di amare. L'affondo finale lo riservò a chi confidava ancora nella manna. Quella non fu cibo dal cielo, perché i padri che la mangiarono, morirono tutti nel deserto.

Fra' Domenico Spatola