venerdì 3 agosto 2018

Fra' Domenico Spatola: Io sono il pane della vita


Stranivi la folla col rifiuto
di chiamarti re,
e, muto,
salisti il monte e io con te.
A notte, da naufragio
salvasti i tuoi discepoli in disagio,
mentre la gente, non senza resse,
verso Cafarnao si diresse 
per far di te conquista e, a "chi va là":
"Rabbì, ti disse, quando venisti qua?".
Ma la domanda
mirava a propaganda 
di quel pane che avea reso
ciascuno obeso:
"Non cercate - dicesti - il cibo che non dura
ma solo quello che matura
la vostra fede
e, a chi crede,
il Figlio dell'uomo ne darà.
Tale dono sarà per ogni età.
Sul Figlio, suo gingillo,
il Padre ha posto suo sigillo".
Non a comprensione
ma loro risposta fu ad occasione:
"Cosa dobbiamo fare
per le gesta di Dio operare?".
Semplificasti e, a consiglio
dicesti che "l'opera del Padre è credere nel Figlio,
che egli ha mandato".
Non fosti accettato,
dai tuoi interlocutori
che chiesero il segno dei precursori,
che "mangiarono la manna nel deserto",
per l'asserto
che ora svelo:
"Diede a mangiare loro pane dal cielo".
"Ad essere sincero
- rispondesti - non Mosè, il pane vero
vi ha donato
ma è solo quello che il Padre ha mandato"
e aggiungesti, a tutto tondo,
che è "il pane del cielo che dà la vita al mondo".
Ti chiesero allora di quel pane
che li liberasse dalla fame.
Ma loro risposta
essere dovea la fede in te riposta:
"Io - dicesti - sono il pane della vita
e chi lo mangerà l'avrà infinita,
perché, nel mio reame,
chi viene non avrà più fame,
e se in me credete,
mai più avrete sete."

Fra' Domenico Spatola 

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