La "marcia su Roma" dei fascisti capitanati dal triumviro De Bono, cominciò alle sei del mattino del 28 ottobre 1922. Il duce pilotava da Milano. Le "camicie nere" erano partite dal quartiere generale di Perugia e dintorni, con ogni mezzo di locomozione, ma preferibilmente in treno, il 26 ottobre. Presidente del Consiglio del tempo era il giolittiano Luigi Facta, "insignificante" agli occhi di Mussolini. Si dimise in quello stesso giorno perché Vittorio Emanuele III non gli volle firmare il decreto di "stato di assedio" per la città di Roma, invasa da oltre ventottomila Fascisti, calati per "il colpo di Stato" e impadronirsi del potere. Le "Squadracce fasciste", impunite, avevano già dato prova di terrorismo e di violenza. Il re, imbelle, volendo evitare la guerra civile, il 30 ottobre, affiderà a Mussolini la presidenza del Consiglio. Il duce, non presente nel giorno fatale, giunse a Roma da Milano, in vagone-letto. Iniziava così l'Era fascista. Anno Zero di un "Ventennio" liberticida fino alla totale distruzione.
Tra le prime vittime illustri del regime, sarà il liberale Giacomo Matteotti. Non dubitava della violenza dell'avversario, ma fu ingenuo a non sospettare della sua voglia omicida. Come di tutti i dittatori di ieri e di oggi. Nel primo discorso, tenuto il 16 novembre a Camere riunite, assente la Libertà, il duce millantava che poteva avere ciò che voleva, anche un Parlamento di solo Fascisti. Ma, sbrodolando magnanimità, consentiva che potessero esistere le Opposizioni. Si leggeva ovviamente tra le righe: "ancora per poco". Storici di tanto fenomeno disastroso si interrogano su cosa abbia motivato il plebiscito, concesso dalle folle, ammaliate, all'imbonitore che farciva i discorsi con parole tronfie e roboanti dannunzianamente, e alterne a eloquenti pause di effetto.
Sogno chimerico il suo: risuscitare la Roma imperiale, come Putin oggi vuole la Russia zarista, nei fasci e nelle architetture. Istrione, fu teatrale e illusionista da fare accettare, come buone e convenienti, anche le leggi razziali nel '38 e la stessa guerra dichiarata dal balcone più famoso su piazza Venezia in Roma, all'Inghilterra e alla Francia, per "spezzare loro le reni". "L'ora del destino infatti batteva le lancette sul quadrante della Storia!". Era il 10 giugno 1940, il XVIII anno dell'Era fascista, che però finirà miseramente tre anni dopo, il 25 luglio, a poco più di venti anni del suo inizio, nel 1943 con la caduta del Fascismo ad opera degli stessi gerarchi.
Cento anni fa iniziò il "Ventennio" di cui non andare fieri e, come detto convintamente (almeno ci è sembrato) da Giorgia Meloni. Parlò di vergogna dallo stesso scranno dal quale cent'anni prima aveva tuonato il Duce. Seguì la guerra partigiana, ultimo rantolo di follia fratricida, fino al 25 aprile 1945, quando Partigiani e Alleati ci restituirono la libertà. Il Vangelo raccomanda: "Colligite fragmenta ne pereant", che vuol significare: raccontare per non dimenticare!
Fra' Domenico Spatola
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