Quella sera,
o Signore,
parve chimera
ai tuoi l'ingresso
che facesti a porte chiuse:
qualcuno a spasma
gridò a te "fantasma".
Eri morto e qualcuno
ancora osa
della tua morte
sol vergognosa,
a chiodo fisso,
ritenerti solo Crocifisso.
Asserragliati erano i discepoli
tremanti di finire in stessa tua
condanna,
e quando tu entrasti i loro
"osanna"
seguirono dopo a lor paura. La
"Pace" tua fu subito sicura
e consegnata a dono
era il perdono
offerto al mondo
come lo Spirito tuo Santo
da consegnare a vanto
dell'Umanità ormai redenta.
Contenta
fu tua ciurma di vederti
e raccontare al discepolo
mancante
tue gesta a gloria
era Tommaso che non voleva
sentire storia
e sol toccare per credere e
amare.
Tornasti umano all'ottavo giorno.
Stessa fu la procedura
era la misura di rapportarti a loro,
ma a Tommaso,
dal più sensibil naso,
serbasti altro trattamento. Lo
stesso ch'ei chiedeva a sol
commento:
"Metti - gli dicesti contento - la
tua mano nelle mie piaghe, esse
non vaghe a rinnovare memoria
del vero amore senza tua boria!"
Egli comprese essere per lui
lezione di vita
e ormai amica si fece la sua
voce
e riconoscendo lo stesso Cristo
in croce,
svelò per te la sua più alta fede,
ormai da discepolo che crede
ti dichiarò: "Signore e suo Dio".
Fu dolce oblio
nell'amore
e quell'incontro
ancor conservo in cuore.
Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Incredulità di Tommaso - Caravaggio
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