giovedì 25 marzo 2021

Fra' Domenico Spatola: In ricordo di Dante...

Il 25 marzo del 1300, l'anno del primo Giubileo inaugurato da papa Bonifacio VIII, Dante iniziò il "suo" viaggio nell'oltretomba, "nel mezzo del cammin di nostra vita". La paura delle belve a osteggiarlo "nella selva scura, chè la diritta via era smarrita", fu superata con l'aiuto di Virgilio che l'accompagnerà nell'avventura. Sarà il suo "maestro e duca" a fargli attraversare indenne "la città dolente e la perduta gente", ossia l'inferno visitato con introspezione onirica e a specchio per la sua società. Fantasticamente geniali in arrovellate tensioni, gli intrecci più strani, sia privati che collettivi, storici e mitologici. Tutti collegati da passioni forti e a tinte rubeste e sanguigne, senza tuttavia mancare i sentimenti, modulati in delicatezza al bisogno. Anticipazione della psicanalisi da venire con Freud, per le icastiche introspezioni che non sfuggono al lettore attento. Sono lo specchio delle debolezze e dei turgori che scuotono la virilità matura e la rendono animosa nell'epoca degli intrighi e dei  tradimenti, e di quelli dal sommo Poeta subiti fino alla tarda età a sperimentare  "quanto duro è il pane altrui" e lo "scendere e salire l'altrui scale". La sua patria non gli fu prodiga. "Florentini natione non moribus", scrisse di sé, per la città che con i natali gli aveva consegnato la condanna "ure et igne comburatur", condannandolo due volte al rogo.
Non gli perdonò di essere "guelfo" e soprattutto dei "Bianchi". Ramingo portò il suo dolore, stemperato solo dai versi con i quali ritrasse il vissuto di una età, la sua.
La mitologia, recuperata dalle Metamorfosi di Ovidio e dall'Eneide di Virgilio, offre modelli scelti e sorprendenti per noi, in versi fluenti e icastici a fotografare immagini indelebili nella memoria. Ampi anche gli quarci di debolezza misti a vigore, e di orgoglio confuso a umana pietà. Piange per i dannati ma non manca di ammirare Farinata degli Uberti, acerrimo nemico in politica. Ritma le tensioni come i versi fluenti e coinvolge teneramente alla sorte di Paolo e Francesca ma anche con orrore alla più inquietante tragedia del Conte Ugolino "in contrappasso" a rodere il cranio del traditore arcivescovo Ruggero. L'itinerario catartico è favorito da due donne (santa Lucia e Beatrice), mentre la pace è da lui cercata "nella conoscenza" di cui è mai sazio, e come ventriloquo fa dire ad Ulisse, in coppia con Diomede nel girone degli imbroglioni: "Nati non fummo per vivere come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza". Ragione della sua irragiungibile poetica in vita e in arte. Sempre tentati di farla anche nostra...

Fra' Domenico Spatola 

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