Il 25 marzo del 1300, l'anno del primo Giubileo inaugurato da papa Bonifacio VIII, Dante iniziò il "suo" viaggio nell'oltretomba, "nel mezzo del cammin di nostra vita". La paura delle belve a osteggiarlo "nella selva scura, chè la diritta via era smarrita", fu superata con l'aiuto di Virgilio che l'accompagnerà nell'avventura. Sarà il suo "maestro e duca" a fargli attraversare indenne "la città dolente e la perduta gente", ossia l'inferno visitato con introspezione onirica e a specchio per la sua società. Fantasticamente geniali in arrovellate tensioni, gli intrecci più strani, sia privati che collettivi, storici e mitologici. Tutti collegati da passioni forti e a tinte rubeste e sanguigne, senza tuttavia mancare i sentimenti, modulati in delicatezza al bisogno. Anticipazione della psicanalisi da venire con Freud, per le icastiche introspezioni che non sfuggono al lettore attento. Sono lo specchio delle debolezze e dei turgori che scuotono la virilità matura e la rendono animosa nell'epoca degli intrighi e dei tradimenti, e di quelli dal sommo Poeta subiti fino alla tarda età a sperimentare "quanto duro è il pane altrui" e lo "scendere e salire l'altrui scale". La sua patria non gli fu prodiga. "Florentini natione non moribus", scrisse di sé, per la città che con i natali gli aveva consegnato la condanna "ure et igne comburatur", condannandolo due volte al rogo.
Non gli perdonò di essere "guelfo" e soprattutto dei "Bianchi". Ramingo portò il suo dolore, stemperato solo dai versi con i quali ritrasse il vissuto di una età, la sua.
La mitologia, recuperata dalle Metamorfosi di Ovidio e dall'Eneide di Virgilio, offre modelli scelti e sorprendenti per noi, in versi fluenti e icastici a fotografare immagini indelebili nella memoria. Ampi anche gli quarci di debolezza misti a vigore, e di orgoglio confuso a umana pietà. Piange per i dannati ma non manca di ammirare Farinata degli Uberti, acerrimo nemico in politica. Ritma le tensioni come i versi fluenti e coinvolge teneramente alla sorte di Paolo e Francesca ma anche con orrore alla più inquietante tragedia del Conte Ugolino "in contrappasso" a rodere il cranio del traditore arcivescovo Ruggero. L'itinerario catartico è favorito da due donne (santa Lucia e Beatrice), mentre la pace è da lui cercata "nella conoscenza" di cui è mai sazio, e come ventriloquo fa dire ad Ulisse, in coppia con Diomede nel girone degli imbroglioni: "Nati non fummo per vivere come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza". Ragione della sua irragiungibile poetica in vita e in arte. Sempre tentati di farla anche nostra...
Fra' Domenico Spatola
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