sabato 6 marzo 2021

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Quaresima (anno B): 2, 13-25

 
13 La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. 15 Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, 16 e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato». 17 E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto:
«Lo zelo per la tua casa mi consuma».
18 I Giudei allora presero a dirgli: «Quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?» 19 Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» 20 Allora i Giudei dissero: «Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?» 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta.
23 Mentre egli era in Gerusalemme, alla festa di Pasqua, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni miracolosi che egli faceva. 24 Ma Gesù non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e perché non aveva bisogno della testimonianza di nessuno sull'uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell'uomo.

Il  Quarto Vangelo, da subito, apportò radicali sostituzioni ai simboli di Israele. Gesù disilluse i Giudei che vivevano l'attesa del Messia davidico "riformatore", presentandosi  "Novatore", e con gesti "rivoluzionari". Egli infatti non intendeva "riformare" la Legge di Mosè, ma la voleva sostituire, soprattutto nelle parti che stonavano col suo messaggio. Cambiò anche l'Alleanza antica, che era stata stipulata su rapporto obbedienziale da servi col padrone. Ma tale ruolo, per Gesù, non si addiceva al suo Dio, che "da padre" si relaziona coi figli non sull'obbedienza e sul timore, ma sulla somiglianza e sull' amore. Il Tempio, la casa  della "Gloria di Dio" ("Kabòd"), era per gli Ebrei simbolo e fulcro dell'unità della Nazione. Gesù, a provocazione, lo dichiarò: "spelonca di ladri", infatti tale l'avevano ridotto. A Pasqua, vi trovò un mercato con venditori, armenti e cambiavaluta. L'affare era legittimato dalle autorità religiose, avide di guadagni. Costosi erano infatti i sacrifici di "purificazione", imposti agli inadempienti della Legge. L'illusione era di tacitare abissali sensi di colpa, causati dalle leggi che la classe dirigente accresceva allo scopo. Titanica perciò divenne l'opera di abolizione compiuta e di Gesù la sfida. Atto dovuto, che venne però frainteso anche dai discepoli. La "frusta di cordicelle" che fugò i mercanti e il rimprovero ai "venditori di colombe", perché facevano pagare ai poveri il perdono che doveva essere gratuito, furono dai discepoli inizialmente interpretati come "zelo per la casa del Signore, che lo divorava". I Giudei, che attendevano la "riforma", ne videro l'attuazione, anche se chiesero un ulteriore "segno", che per loro doveva coincidere con quello di Mosè che operò lo sterminio dei primogeniti degli Egiziani. Gesù offrì invece se stesso a "segno": "morto e risorto il terzo giorno". Equivocarono sul "tempio", pensando a quello esistente in pietra da "quarantasei anni" e che altri avrebbero distrutto in un prossimo futuro. Gesù invece parlava del "tempio del suo Corpo", unico per incontrare il Padre. L'incomprensione facilitò in quei Giudei adesione, fatua e momentanea, e sventata da Gesù, che, conoscendone i pensieri, non si fidava di alcuno di loro.

Fra' Domenico Spatola

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